Terzo capitolo della celebre tetralogia del Pianeta Tschai, I tesori di Tschai conferma pregi e limiti dell’opera di Jack Vance. Dopo un avvio intrigante con i primi due volumi, qui la tensione narrativa perde progressivamente vigore: la trama si concentra su una lunga caccia al tesoro che si conclude con un semplice combattimento corpo a corpo, lasciando una certa sensazione di incompiutezza.
Se la componente scientifica è pressoché assente – la vicenda potrebbe svolgersi in qualsiasi mondo fantastico senza particolari riferimenti futuribili – resta invece centrale la capacità dell’autore di descrivere usi, costumi e rituali delle popolazioni aliene. Vance non è interessato alla fantascienza “hard”, ma a un’avventura esotica che ricorda più i romanzi cavallereschi o picareschi che i classici di space opera. La sua forza sta nel costruire società bizzarre e satiriche, specchi deformanti della nostra umanità.
Il risultato è affascinante ma anche diseguale: il gusto per l’invenzione antropologica resta vivo, ma non sempre basta a sostenere l’interesse narrativo. Dopo la spinta iniziale dei primi due libri, questo terzo volume mostra il lato più debole della saga.
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