Pagine

lunedì 13 ottobre 2014

Seven (1995)


Regia: David Fincher
Anno: 1995
Titolo originale: Seven
Voto: 9/10
Pagina di IMDB (8.7)
Pagina di I Check Movies
Acquista su Amazon
 
David Fincher siede alla tavola dei miei registi preferiti. Non che questa tavola abbia pochi posti, ma neanche troppi. E quando parliamo spesso mi chiede quale, secondo me, sia il suo film più importante. Gli faccio notare che, nonostante i suoi successi siano sotto gli occhi di chiunque non è poi così semplice per me rispondere. Il ballottaggio è, e gli strizzo l’occhio, tra Fight Club e Seven. Facile no? Niente affatto, invece. Però poi in uno slancio, gli dico che preferisco quello con Brad Pitt... Ah già, scusami, intendo il primo, quello del 1995 che forse rappresenta il momento migliore per essere lanciati nell’orbita delle stelle. E’ meno maturo, ma è davvero bello. Nella fotografia, nella tecnica, nella luci, nella sceneggiatura da perfetto thriller che è stata messa scuro su bianco. Prima di Seven ci fu solo il terzo Alien, ma è proprio con lo spietato giallo a tratti noir che vede insieme Morgan Freeman, Kevin Spacey ed il già citato Brad Pitt e che si delinea una sua forma vera e propria. E forse sì, è veramente il più rappresentativo, e quello che colpisce il pubblico fin dalle prime scene, crude che fanno iniziare una corsa contro il tempo e contro il male. La suspense va di pari passo con la presentazione dei personaggi: dal saggio e navigato tenente che tra neanche una settimana appenderà il distintivo al chiodo, al novellino spaccone ed intraprendente che si impegna per risolvere i casi difficili, l’impassibile serial killer (lo vedremo in volto solo dopo novanta minuti di pellicola) guidato da una fede malata, la moglie (Gwineth Paltrow) amorevole ancora di salvezza per il marito. Tutti loro, coralmente si prestano con grande dovizia alla creazione del giusto pathos, quello da (in)seguire fino alla fine, che risulterà violenta, ti lascerà con l’amaro in bocca, sarai spossato ed ti arrenderai, ma soprattutto riuscirai ad immedesimarti e capire i sette peccati capitali: superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira ed accidia. Ma basta con la trama, non perchè non voglia sciuparvela, ma perchè è il modo sensazionale con cui la si racconta che fa la differenza. E’ la fotografia schietta e disinvolta che ci mostra gli ambienti dell’oblio, la pioggia stanca che cade giù, il sangue sprecato delle vittime. E’ l’interpretazione coinvolgente di uno sguardo che esprime rabbia e paura. E’ una musica entrante, che anticipa le mosse ed i momenti più bui. Tutto questo fa di Seven uno dei migliori film degli anni novanta, ma non solo. E’ un mix di azione, arte investigativa, introspezione e buona psicologia che ci presenta l’animo umano poliziesco. Tutti sono uomini, chi in un modo chi nell’altro, tutti hanno le proprie debolezze e paure. E’ in gran parte su questo che si fa leva. Così come sui contrasti, sempre ben evidenziati dalla fotografia che risalta luci ed ombre oppure dalla scenografia che mette uno di fianco a l’altro i due tenenti, o di tipo morale in cui la religione viene usata come strumento di morte da parte di un invasato, ed ancora il contrasto tra giustizia e vendetta che aleggia nell’aria per arrivare ad una conclusione sorprendentemente forte e pesante. Finale che a sua volta ci mostra un ulteriore dualismo, questa volta scenico: se tutto il film ha avuto come location un’opprimente Los Angeles, i cui appartamenti e locali sono soffocanti, al limite del claustrofobico, ecco lo spazio aperto del deserto, il nulla ad arginarlo, se non un cielo libero di giudicare, ma non di vegliare sui protagonisti. "Hemingway una volta ha scritto: Il mondo è un bel posto, e vale la pena lottare per esso. Condivido la seconda parte" [cit.]

Nessun commento:

Posta un commento