La trama è tanto semplice quanto claustrofobica: un ascensore di un moderno palazzo sembra impazzire, provocando incidenti inspiegabili e mortali. A indagare sono un tecnico incaricato della manutenzione e una giornalista curiosa, che presto si rendono conto che il problema non è un guasto qualunque: dietro c’è qualcosa di molto più oscuro e “avanzato”.
Ed è qui che il film sorprende. Negli anni ’80, il terrore tecnologico non si concentrava ancora sull’intelligenza artificiale come oggi, ma sul rischio di sistemi elettronici “troppo autonomi”. Il film parla di chip in grado di “pensare”, un concetto che oggi ci fa sorridere, ma che al tempo era lo spauracchio dell’informatica emergente. In questo senso, L’ascensore è incredibilmente “in linea con i tempi”: se uscisse oggi, probabilmente il colpevole sarebbe un’IA maligna (anche se Skynet è solo di un anno dopo), ma il meccanismo della paura resterebbe identico.
Certo, il basso budget si sente: gli effetti speciali sono rudimentali, la regia non sempre riesce a mantenere alta la tensione, e i dialoghi — soprattutto nella traduzione italiana — lasciano a desiderare. È curioso notare come si crei confusione tra “meccanico” ed “elettricista”, o tra “informatica” ed “elettronica”. Forse già nell’originale c’erano ingenuità di scrittura, ma il doppiaggio italiano di certo non aiuta. Però parliamo di un film “di altri tempi”: queste sbavature oggi fanno quasi parte del suo fascino vintage.
Un altro aspetto interessante è il contesto della sua diffusione in Italia: L’ascensore venne trasmesso su Italia 1 all’interno dello storico contenitore horror Zio Tibia Picture Show. Per chi c’era, fu una di quelle notti televisive che segnarono l’immaginario degli appassionati, rendendo il film un cult casalingo ancora prima che arrivasse nei circuiti home video. E fu il primo film ad essere "bollinato" con la dicitura "vietato ai minori di 14 anni": prima erano vietati, ma non c'era il bollino.
Dick Maas, tra l’altro, ci credette abbastanza da girarne anni dopo un remake con più mezzi, Down – Discesa infernale (2001), ambientato a New York e con un cast internazionale che devo ancora recuperare.
In definitiva, L’ascensore è un film che parla di un’epoca in cui la tecnologia faceva paura perché incomprensibile, misteriosa e potenzialmente letale. Un horror con i suoi limiti, ma capace di raccontare in modo diretto l’ansia per l’evoluzione delle macchine. Un titolo che gli amanti del genere dovrebbero recuperare, non solo per il brivido claustrofobico, ma anche come testimonianza culturale di un periodo in cui persino un “banale” ascensore poteva trasformarsi in una trappola mortale.
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