Autore: Tullio Avoledo
Anno: 2025
Titolo originale: Come Si Uccide Un Gentiluomo
Voto e recensione: 3/5
Pagine: 384
Trama del libro e quarta di copertina:
L’avvocato Vittorio Contrada, Controvento per gli amici, uomo senza peli sulla lingua e molto pelo sullo stomaco, ha cambiato vita. Lasciato il diritto societario per seguire soltanto cause ambientali o comunque “eticamente valide”, ha chiuso con i viaggi da sogno, gli affari milionari, i lussi indescrivibili e i polli da spennare, per rifugiarsi in uno studio sgarrupato con la sola compagnia di Gloria Almariva, collega combattiva e testarda ben lontana dallo stereotipo dell’avvocata di grido. Una cosa però è rimasta a Vittorio: la voglia di scontrarsi, e di vincere. Oltre alla passione per le belle donne e le auto d’epoca, ovviamente. Così, quando Valerio Del Zotto emerge dal suo passato per consegnargli una valigetta – la sua mitica ventiquattrore da cui uscivano sempre tesori o idee inestimabili – e poi morire poco dopo, Vittorio non può restare a guardare. C’è del marcio in quella ventiquattrore, su cui Vittorio si impegna a indagare insieme a Gloria. Il caso ha a che fare con un’isolata comunità montana e una spregiudicata speculazione edilizia, ma tra i fiumi che cambiano corso e le vallate presi - diate dalle ruspe si muovono poteri molto più grandi di quanto i due avvocati riescano a immaginare. Anche se a essere più pericolose a volte sono cose molto piccole, quasi insignificanti: cose come le idee.
Tra una Milano che sale vorticosa – eccessiva, spietata, ingiusta – e un Friuli edenico e fiero che qualcuno sta cercando di distruggere, Come si uccide un gentiluomo è un romanzo nerissimo e dolce, arrabbiato ed esilarante, tenero e feroce, che rispecchia alla perfezione il mondo di oggi: ugualmente pieno di inquietudine e speranza.
Commento personale e recensione:
Dopo essere rimasto colpito dall'esordio di Tullio Avoledo, ho deciso di proseguire il viaggio nella sua bibliografia saltando direttamente al suo lavoro più recente, Come si uccide un gentiluomo. C'è una dote che devo riconoscere subito all'autore: la capacità di immergere il lettore nella storia con uno stile narrativo incredibilmente preciso e realistico. Avoledo non si limita a raccontare la trama, ma costruisce un mondo tridimensionale fatto di dialoghi da bar, digressioni musicali e cinematografiche, e riferimenti all'attualità che rendono tutto estremamente tangibile. È una scrittura che vive di dettagli, tanto che mi ha strappato un sorriso trovare persino un aneddoto sulla nostra Baratti, una piccola gemma di realismo locale che, pur non essendo centrale per la trama, impreziosisce l'atmosfera.
Sul fronte dei personaggi, il protagonista Contrada è una figura riuscita: spigoloso, decisamente borderline e per nulla simpatico, ma è proprio questo a renderlo credibile; in fondo, non cerchiamo sempre eroi a tutto tondo o senza macchia. Meno convincente, invece, la figura di Ansaldo, che ho trovato eccessivamente caricaturale e antipatica, quasi una nota stonata rispetto agli altri comprimari che funzionano bene nell'economia del racconto. Purtroppo, però, devo constatare un difetto ricorrente: anche in questo romanzo il finale mi è sembrato il punto debole. Dopo aver costruito una tensione credibile per centinaia di pagine, la conclusione arriva in modo esagerato e rocambolesco, come se ci fosse la fretta di sistemare tutto in poche righe. Una scelta che, per contrasto, finisce per indebolire il grande realismo costruito nel resto del libro.

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