Ho appena finito Una ballata del mare salato, la prima grande avventura di Corto Maltese scritta e pubblicata da Hugo Pratt nel 1967, e devo dire che qui ho sentito davvero di entrare nel suo mondo. Se con La giovinezza avevo percepito più il contorno che il protagonista, in questa storia Corto prende finalmente la scena — anche se continua a rimanere sfuggente, misterioso, difficilmente inquadrabile. Forse è proprio questo il suo fascino: un anti‑eroe che non puoi mai definire fino in fondo.
L’ambientazione è il Pacifico del Sud, tra il 1913 e il 1915, sullo sfondo della Prima Guerra Mondiale. In queste isole remote, perse tra oceano e leggenda, si intrecciano marinai, pirati, mercanti d’armi e giovani naufraghi, in un intreccio che ha il sapore del romanzo d’avventura classico, ma anche una profondità quasi poetica. È qui che incontriamo alcuni dei personaggi destinati a tornare nella saga, compreso l’immancabile Rasputin (che ho sempre creduto il suo nemico giurato, ma non è così: ogni rapporto ed ogni personaggio è profondo ed ha mille sfumature).
Una curiosità che mi ha colpito: gli indigeni, nelle loro battute, parlano un dialetto che ricorda molto il veneziano. Non è un errore né un vezzo, ma una scelta consapevole di Pratt. Il veneziano, la lingua della sua infanzia, diventa una sorta di firma segreta, un filtro poetico con cui dare voce a personaggi lontanissimi da Venezia e allo stesso tempo avvicinarli alla sua memoria e alla sua sensibilità. Non serve al realismo, ma all’atmosfera: trasporta il lettore in un luogo sospeso, tra sogno e avventura.
E Corto? Non è un eroe, né un cattivo. È ironico, cinico, compassionevole quando non te lo aspetti, distante quando pensi di averlo capito. Non è mai del tutto dalla parte di qualcuno, e questo lo rende affascinante e vero. Leggerlo significa accettare che non sempre troverai risposte nette, ma piuttosto domande nuove e prospettive diverse.
Rispetto a La giovinezza, questa storia mi ha coinvolto molto di più: è corposa, avventurosa, ma con quell’aura di malinconia che già si intravede come cifra stilistica di Pratt. Insomma, mi ha lasciato la voglia di proseguire il viaggio. Perché con Corto Maltese, più che capire dove andrai, conta lasciarsi portare.