A volte i thriller nordici riescono a fare quello che Hollywood, quando non ha budget elevati, tenta e spesso fallisce: tenerti incollato non tanto per il colpo di scena, ma per il modo in cui ci arrivi. Paziente 64 è uno di quei casi. Ultimo (?) film della serie tratta dai romanzi di Jussi Adler-Olsen, dedicata ai casi del Dipartimento Q, è in realtà il primo che ho visto. E mi ha preso di brutto.
La trama si apre con un ritrovamento macabro: dietro un muro, vengono scoperti tre corpi mummificati seduti attorno a un tavolo, con un quarto posto vuoto. Un inizio da giallo classico, ma il film si sposta presto su terreni più scivolosi, toccando questioni sociali e morali che affondano le radici nella storia danese. Senza spoilerare troppo, diciamo solo che si parla di istituti per “donne difficili”, sterilizzazioni forzate e segreti che qualcuno vorrebbe tenere ben sepolti.
Il bello è che Paziente 64 non si limita alla tensione da thriller: costruisce un’atmosfera densa, fredda, quasi opprimente, in cui il duo investigativo Carl Mørck e Assad funziona perfettamente. Carl, burbero e ossessionato, e Assad, più umano e razionale, sono il cuore di tutto: due uomini feriti che cercano giustizia, ma anche un senso. E questa dimensione umana – molto più che i soliti cliché da giallo – è ciò che rende la pellicola più profonda di quanto sembri all’inizio.
Tecnicamente è girato con grande mestiere: fotografia cupa ma elegante, ritmo calibrato, colonna sonora che non invade mai ma accompagna con precisione chirurgica. Non c’è mai bisogno di effetti o forzature: il film ti porta dentro lentamente, ma con presa ferma, come una trappola che si chiude.
Ne esci con quella sensazione tipica dei migliori noir scandinavi: soddisfatto, ma anche un po’ scosso. Talmente soddisfatto che ora voglio assolutamente recuperare i film precedenti della saga perché se il livello è anche solo vicino a questo, vale la maratona completa.
Un thriller che colpisce più per come è raccontato che per la storia in sé, ma quando le due cose si incontrano, il risultato è solido, maturo e decisamente appagante.
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