martedì 29 luglio 2014

Trovata finalmente #6

Eh lo so, una volta trovata è facile. Il problema è quando ce l‘hai nella testa e non riesci a focalizzare. Non riesci neanche ad essere certo che il ritornello improvvisato sia quello. Ecco da cosa partivo io: una frase orecchiabile con la parola “sky” al suo interno, una canzone fatta per la beneficenza dei bimbi in Africa e una donna che cantava. I dati in mio possesso erano quindi pochi ed addirittura molto confusi. Poi qualche giorno fa la svolta. Mentre guardo la tv ecco una pubblicità per un programma di Italia 1 ovvero Blog Notes. Ed ecco il flash! E’ una di quelle canzoni rimaste rinchiuse nel mio cassetto mentale, di cui non so il titolo e che vorrei riascoltare. Qui ho avuto un vero e proprio colpo di fortuna perché una volta apparsa in tv è tutto semplice. Una sfacilissima ricerca ed ecco che ben uno virgola cinque su tre degli elementi su cui basavo le mie ricerche risultano giusti. La parola che mi pareva di ricordare era “skies” infatti la prima strofa recita. See the nation through the people’s eyes, see tears that flow like rivers from the skies”. Il fatto che fosse qualcosa relative alla beneficenza invece era corretto, già il titolo della canzone dei Mattafix lo ricorda in pieno: Living Darfur. Purtroppo avevo cannato la voce femminile, infatti a cantare è un ragazzo, che assomiglia a Giovinco alto. Ecco il video:


domenica 27 luglio 2014

Generazioni (1994)


Regia: David Carson
Anno: 1994
Titolo originale: Star Trek Generations
Voto: 4/10
Pagina di IMDB (6.6)
Pagina di I Check Movies
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Eh, non c'è verso. E' difficile che riesca a digerire i film di Star Trek, eppure ci provo. Le serie, tutte, pur essendo d'impatto minore le preferisco, o meglio le ho preferite. Sono in effetti anni (andavo ancora a scuola) che non ne guardo una ed anche a quei tempi mi piacevano sì, ma con un certo distacco. D'altra parte la saga si presta meglio a tanti piccoli episodi che a veri e propri film. Questo Star Trek 7, uscito con un nome italiano slegato dal franchise per attirare non solo i fan [sic.] è, e si vede, girato da David Carson, un regista che trova la sua migliore e maggiore espressione proprio nelle serie tv. Purtroppo alcuni espedienti ed alcune debolezze che sarebbero accettabili in un prodotto a puntate, sul grande schermo soffrono molto. Mi hanno stancato le esplosioni all'interno della sala comandi con i protagonisti che volano da una parte e dall'altra, o le macchinose trame create ad hoc per raggiungere un obiettivo semplice e per niente complesso. Questo è ciò che si vede in questa ennesima pellicola, punto di incontro, come si evince anche dal titolo stesso, di diverse generazioni di Star Trek: la classica e la Next. Sono presenti così sia protagonisti della vecchia guardia (Kirk tra tutti) che della nuova (Picard) ed ecco avvenuto il passaggio di consegne. Il testimone passa di mano ed il vecchio capitano addirittura muore, tra viaggi nel tempo, dimensioni parallele che sembrano una sorta di limbo (Nexus) e le solite guerricciole tra umani ed alieni. Gli autori hanno anche cercato di rendere la pellicola un tantino divertente con le scenette di Data alle prese con il chip che lo renderà più umano. A me sinceramente hanno fatto l'effetto opposto e le ho trovate penose. Il sacrificio di Kirk è niente a confronto del mio di non sbadigliare rumorosamente. La versione bluray (rimasterizzata) è invece molto buona soprattutto per gli innumerevoli (come al solito) extra da visionare. Tra parentesi la durata in minuti:

  • 2 sessioni di commenti
  • Bibliocomputer (interattivo)
  • Produzione (66)
  • Effetti visivi (20)
  • Decostruzione scenica (15)
  • L'universo di Star Trek (81)
  • Scene inedite (33)
  • Archivi (interattivo)
  • Trailers
  • BD Live

Il Villaggio Dei Dannati (1960)


Regia: Wolf Rilla
Anno: 1960
Titolo originale: Village Of Damned
Voto: 5/10
Pagina di IMDB (7.3)
Pagina di I Check Movies
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Siamo nel 1960 ed era un po' una consuetudine avere creazioni (film o libri) di fantascienza che trattassero il tema dell'invasione aliena. In più salse. Questa è una produzione inglese, del regista tedesco Wolf Rilla basata sul libro "I Figli Dell'Invasione" di Wyndham. Quel genere di romanzi per cui non vado tanto matto insomma. I temi ricorrenti sono la paura di un nemico che vive in mezzo a noi e che in un modo o nell'altro riesce a sopraffarci. Qui la storia è semplice, ma per i tempi non molto facile da digerire. In un piccolo villaggio inglese infatti accadono degli avvenimenti del tutto particolari e tutte le donne, anziane o ragazzine, in grado di poter concepire, restano magicamente incinte. Un passo rischioso, se pensiamo agli aspetti religiosi, così immagino che il fulcro della storia abbia fatto un po' di scalpore. E Rilla (o appunto il soggetto creato da Wyndham) trae giovamento da tutto questo, portando sul grande schermo un pomposo tentativo di attacco alieno che non vede come nemici invasori degli omini verdi con le antenne, ma proprio i nostri figli. Scatena quindi nello spettatore paure anche a livello sociologico e morale, del resto le madri concepiscono questi piccoli bastardelli saccenti e li crescono come frutto del proprio grembo. Una bella responsabilità insomma. Non abbiamo bisogno di effetti speciali o trucchi o costumi particolari, ciò che contraddistingue questi aguzzini sta solo nel fatto di essere tutti biondi, belli, intelligenti. Insomma ecco a voi gli ariani in miniatura che ci conquisteranno e lo faranno controllando le nostre menti, grazie agli occhi che si illuminano, unica trovata immaginaria che ce li presenta come non umani. E fare del male a dei bambini, per combatterli, non è una cosa all'ordine del giorno. Non ci sarà lo spauracchio dell'atomica certo e nessuna scena sarà forte o particolarmente cruenta, di sicuro però il disagio sarà (stato) tangibile. Ricordo che era il 1960. Aggiungiamoci poi il tipico aplomb inglese del recitato e dei personaggi così da avere una storia calma e lineare, molto breve (supera a fatica un'ora). Gli eroi sono normali persone che si ritrovano a dover fare i conti con un qualcosa di inaspettato. Un applauso alle truppe dei sadici biondini che stanno sempre in gruppo e che non puoi malmenare troppo in fretta.

sabato 26 luglio 2014

Scary Movie V (2013)


Regia: Malcolm D. Lee
Anno: 2013
Titolo originale: Scary MoVie
Voto: 3/10
Pagina di IMDB (3.5)
Pagina di I Check Movies
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Ok, visto che sulla saga di Scary Movie non c'è poi molto da dire, partiamo dalle presentazioni. E' il quinto capitolo di questa fortunata serie di parodieed il nome in inglese ha la particolarità di non essere numerato come Scary Movie 5, ma presenta una simpatica (non è vero, ma ci provo) creazione stilistica che lo trasforma in Scary MoVie. Evidenziando in maiuscolo il V romano. Chissà se il sesto sarà Scary MoVIe? Solo i più fortunati potranno scoprirlo. E adesso veniamo al film. Soltanto una scena mi ha fatto ridere, il resto l'ho trovato penoso. Il problema di base può essere dato dal fatto che la storia segue la trama principale di un film che non ho visto. Però continuo l'esercizio di citare le pellicole di cui fa la parodia, o almeno di quelli che ricordo di aver visto o sentito parlare. Oltre a "Madre" abbiamo Paranormal Activity 4 (ho visto solo il primo e mi è bastato, ma a quanto pare il quarto deve essere decisamente ricalcato), Il Cigno Nero, poi vari richiami alla saga del Pianeta Delle Scimmie in particolar modo quello del 2011 che però, non ho ancora visto. E due, anzi e due e mezzo. Abbiamo pure La Casa, ma anche questa volta la parodia è del remake, non dell'originale . Proseguiamo con Inception , Non Aprite Quella Porta, The Help, Insidious e Project X. Ecco, finito, non ho altro da scrivere.

Ah, l'odore della carta...

E' già il terzo anno che utilizzo con piacere un ebook reader (nel mio caso il Kindle 4) e come fatto presente o scritto più volte, lo ritengo un prodotto davvero utile per chi legge. Sul internet sono iscritto ad alcuni social (Anobii) o gruppi di discussione che riguardano la lettura. Periodicamente esce fuori la classica domanda: "Preferite i libri di carta o quelli digitali?" ed è buffo per me vedere quasi sempre le solite risposte (con tutto il rispetto, non me ne voglia nessuno) insensate da parte di chi "difende" la carta. Il paragone, tanto per cominciare è solo tra due tipi di formati, due contenitori. Capisco che sicuramente per un fatto di abitudine un tempo c'era chi preferiva l'argilla al papiro o la scrittura degli amanuensi rispetto a quella stampata da Gutenberg, ma alla fine dovrebbe essere il contenuto che conta, non il contenitore. E non vedo perchè mai "carta tutta la vita" quando, la comodità di avere una libreria da portarsi dietro in treno, in aereo, al mare, dal dottore vince a mani basse. Non sto neanche  a citare i vantaggi relativi la dimensione dei caratteri, il cloud, i segnalibri condivisi o gli alberi salvati. Sono cose troppo soggettive. E non sto neanche a bollare tout court la carta, perchè sì, avere una libreria composta da libri (oggi) è molto più affascinante di un cassetto con memorie USB. E certo, per un collezionista, la carta ha sempre il suo fascino, ma c'è anche in casa ha una macchina da scrivere, che non è assolutamente meglio di un pc. Alcuni libri mi piace averli di carta, altri non ce n' bisogno: motivi di spazio, di denaro, di comodità. Eppure chi sente "l'odore della carta" come asso vincente del libro vecchio stampo un po' lo invidio. Sì, capita anche a me con qualche vecchio Urania, ma se apro il pacco di Amazon con gli ultimi acquisti sento odore al profumo_di_niente. Per questo motivo voglio proporre e brevettare ed avere un aiuto su Kickstarter della mia nuova idea: una custodia per Kindle (o altri ebook reader) assortita invece che in colori in varie profumazioni. Avevo pensato a fragranza di biblioteca, eau di mercatino dell'usato, parfum di libro appena scartato, e acqua di cantina allagata. Ovviamente per rendere più realistica la sensazione della lettura, un piccolo altoparlante con un fruscio del tipo "fsh" ad ogni cambio pagina. Per i più temerari, anche una piccola lametta che simula il taglio della carta sulle dita.

venerdì 25 luglio 2014

Lone Survivor (2013)


Regia: Peter Berg
Anno: 2013
Titolo originale: Lone Survivor
Voto: 5/10
Pagina di IMDB (7.7)
Pagina di I Check Movies
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Basta con i film di guerra, o sulla guerra, o con la guerra” dicevo. Ed infatti mi hanno un po’ stancato. Se prima era il Vietnam (Apocalypse Now - Full Metal Jacket), poi è stato il Golfo (The Hurt Locker), adesso l’Afghanistan (Zero Dark Thirty), ma siamo sempre lì. Pallottole, fucili, morti e sofferenza. Nonostante gli ingredienti siano sempre i soliti, è un tema che tira, e non posso dar torto a nessuno, visto che pure io sono stato incollato alla tv per vedere le gesta dei mitici e leggendari Navy SEAL. Tra l’altro si basa sul romanzo autobiografico di uno dei protagonisti, qui interpretato da Mark Wahlberg, che come preannuncia il titolo è l’unico sopravvissuto di una missione in cui sono molte le cose ad andare storte. Ciò che potrebbe differenziare la pellicola da tantissime altre sono le lunghissime scene di combattimenti, sparatorie, fughe ed il realismo che le accompagna. Berg lascia poco all’immaginazione e non si fa problemi nel mostrarci le carni sanguinose e macellate dei [nostri] soldati americani. Nel complesso è comunque un bel film, con tanta azione, tanto coraggio e molta dinamicità. Insomma, difficile che riesca a stancarti, se però appunto non sei già stanco di questo genere. Le brutture della guerra il mondo le conosce già, così come l’eroismo ed il patriottismo dei combattenti: qui al direzione presa non è né in un verso né nell’altro, sebbene siano più i vinti dei vincitori e sebbene chi muore lo fa dopo aver preso tanti di quegli schianti che sarebbe stato impensabile un altro epilogo. L’umanità di ogni personaggio è però solo accennata, altri registi avrebbero approfittato mostrandoci maggiormente il loro lato scoperto. Altri ancora avrebbero fatto più leva sul loro essere quasi indistruttibili. Berg invece resta a metà strada, e rende il film abbastanza realistico, ma senza dargli una direzione. Non è presente inoltre, ed è un bene, alcun risvolto politico della storia: niente patriottismo pompato e niente “tutti gli arabi sono terroristi”. Ma già lo sapevamo e qui la retorica manca del tutto. 

L'Uomo Che Non C'Era (2001)


Regia: Joel Coen
Anno: 2001
Titolo originale: The Man Who Wasn't There
Voto: 6/10
Pagina di IMDB (7.6)
Pagina di I Check Movies
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In tutto e per tutto i fratelli Coen (anche questa volta il nome nella regia è quello di Joel) ci riportano negli anni cinquanta, e lo fanno nel migliore dei modi. La storia rientra appieno nel noir, i personaggi principali (Billy Thornton e Frances McDormand su tutti) sono azzeccatissimi per i loro ruoli, il girato è bianco e nero e la tecnica ricorda quella di decenni fa. Insomma, è un gran bel lavoro di ricostruzione ed un omaggio al cinema che fu. Ed Crane, la cui voce è narrante anticipa la trama, è un uomo apparentemente debole e sconfitto dalla vita. Quasi apatico e rassegnato si ritrova in un intrigo dalle strane tinte a metà tra il thriller nero e la commedia e così il nostro taciturno personaggio verrà punito per un crimine che non ha mai commesso e la farà franca per ciò che invece ha illegalmente architettato. E' ovvio però quanto quest'uomo sia vittima dei fatti e delle circostanze ed al contrario degli altri, non agisca per meschinità. La sua esistenza mediocre, da barbiere comune, non ha mai lasciato il segno ed in maniera quasi ironica lo lascerà nel finale, ma per colpa di un'errata interpretazione dei fatti da parte di avvocati, giudici e giuria. Il destino, il fato, il caso: secondo i fratelli Coen è impossibile riuscire a sfuggirgli. E la trama è ben servita da un'ottima fotografia che non è fine a se stessa. Non si tratta di un lavoro in bianco e nero, messo lì tanto per fare o come esercizio stilistico del duo: ogni scelta è stata fatta per dare maggior risalto allo storia stessa. Un'ottima pellicola, non la migliore dei Coen, che forse pecca un attimino nei teatrini giudiziari scelti. Da ricordare anche una giovane Scarlett Johansson ed un grande James Gandolfini.

giovedì 24 luglio 2014

Pain & Gain - Muscoli E Denaro (2013)


Regia: Michael Bay
Anno: 2013
Titolo originale: Pain & Gain
Voto: 4/10
Pagina di IMDB (6.5)
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Ero abituato a sorseggiarmi Michael Bay tra un’esplosione catastrofica ed un effetto speciale da urlo. Del resto è sempre stato un regista da milioni e milioni (ed ancora milioni) di budget. Adesso ci propone un thriller caotico a tratti comico o demenziale, eppure basato su avvenimenti accaduti realmente. Mi riesce difficile concepire che la storia vera e propria sia andata esattamente in questo modo (vengo fuori tra l’altro da Dallas Buyers Club che è fortemente romanzato) quindi ho seri dubbi su quanto descritto qui. La trama forse non era esageratamente bella ed hanno cercato di renderla più appetibile. Già dalla presenza di The Rock in campo che affianca un comunque buon Mark Wahlberg, alcuni dubbi iniziali avevano cominciato a formarsi. Il problema non è però il cast, che per quel che gli viene chiesto si comporta anche in maniera energica e simpatica, ma proprio la presentazione dei fatti. Poi oh, se invece di rimaneggiato c’è poco ed è tutta realtà trasposta cinematograficamente tanto di cappello a chi ha messo su questa sagra del pivello. Cioè il vero Daniel Lugo, a cui è andata di lusso per troppo tempo ed alla fine si è dimostrato un vero incompetente. Non credo poi alla morale di fondo che attacca velatamente o critica il sogno americano, non può essere questo lo scopo con qualcosa di così leggero. Si salva comunque l’ambientazione ed uno stile che ricorda l’ormai lontano Bad Boys. Il punto di vista dei protagonisti è abbastanza misero e terra terra, non rappresentativo di alcunché. Tanto più che finiscono tutti male, nonostante la vena ironica che dovrebbe essere all’interno della pellicola. Bay mi piace di più quando pompa a dismisura i suoi film non i pettorali dei suoi soggetti. Ciofeca dal costo contenuto.

martedì 22 luglio 2014

Bomba d'acqua su Home 2.0

Crash Test (foto)
La cyber guerra ha avuto inizio. Questa notte hacker cinesi hanno preso di mira Home 2.0 rovesciando una bomba d'acqua nel rack condominiale dove ha sede Vomito Ergo Rum.Le forse dell'ordine e la polizia postale sono riusciti a ricostruire gli avvenimenti che hanno portato in una situazione di grave pericolo blog. In un primo momento si sono introdotti all'interno dei server che gestiscono lo SME (Sistema Meteo Europeo) ed hanno fatto in modo da convogliare ogni nube su Piombino. Poi dotati di super liquidator hanno iniettato nanoparticelle di acqua intelligente all'interno delle nuvole e si è scatenato l'inferno. Il progetto WaterWorld ha così avuto inizio. Un mare di acqua si è abbattuto senza sosta su tutta l'abitazione, ma il sistema d'allarme ha funzionato a dovere: mi sono svegliato ed ho potuto chiudere le finestre in veranda evitando il peggio per i preziosi dati, gelosamente custoditi in Studio 1.0 (a breve l'upgrade). Sfortuna vuole che questo non sia successo in tuttala server farm, così la prepotente massa d'acqua ha invaso lo slot dell'inquilino di sopra. Per salvaguardare il soffitto (ed al momento un lampadario domotico) è partito il Disaster Recovery, allertando amministratore, assicurazione, elettricista, Giuliacci e  Vigili del fuoco di New York ed sono partiti 24000 BTU in funzione deumidificatore. Niente da temere quindi, il crash test è andato a buon fine e questi comunisti mangia bimbi parenti dei viet_fottuti_cong non avranno vita facile. Buona estate a tutti.

Non Aprite Quella Porta (2003)


Regia: Marcus Nispel
Anno: 2003
Titolo originale: The Texas Chainsaw Massacre
Voto: 6/10
Pagina di IMDB (6.2)
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Come si capisce chiaramente dal nome (anche quello in inglese è rimasto immutato), si tratta di un remake del già celebre capolavoro di Tobe Hooper . Vedere questo film mi ha sbugiardato in quanto nella recensione di Non Aprite Quella Porta 3D scrissi che dubitavo che gli altri film della saga fossero fatti bene. Mi sbagliavo: Nispel ci ha saputo fare. La trama è ricalcata, con alcune differenze, dal soggetto originale: ragazzi sessantottini, pulmino, autostoppista e massacro. Eh, la storia è questa ed il paragone con l'originale è obbligatorio, ma se pensiamo che la maggior parte del pubblico di oggi non vide mai quello del 74, la mossa è stata davvero buona ed ha riacceso l'interesse per questo genere. Tra i co produttori figura anche Hooper, e questo è veramente un bene: abbiamo una storia sempre ambientata negli anni della tragedia e con ambientazioni scure, sudicie, polverose, perverse. ok, la fotografia è maggiormente luminosa, quasi a contrasto con determinate situazioni, ma non sfigura affatto. Anche il cast è composto da bei faccini pronti a sorridere alla presentazione del film, ma nel complesso ci stanno bene. Un po' stucchevole la figura di Erin (Jessica Biel) che fa la perbenista rompi palle, ma vederla con la maglietta stretta e bagnata fa il suo buon effetto. Ottimo volto è quello di R. Lee Ermey che ci aveva già spaventato in Full Metal Jacket e qui fa lo sceriffo. Non sto a soffermarmi sulla trama che tanto, a parte alcune deviazioni le conosciamo già. L'incubo in cui i ragazzi capitano è ben trasposto e le scene crude non mancano, sebbene si potesse osare qualcosa di più. Non che manchino scene forti, anzi, la testa spappolata della ragazza suicida resta in bella mostra per buona parte del film, ma il pubblico si è assuefatto. Invece alcune scene in cui il mattatore Leatherface fa a pezzi gli sventurati sono gestite in maniera che non hai bisogno di tapparti gli occhi. Ottimo lavoro, che non sfigura affatto nel complesso ed in via generale.

Operazione Eye Moon

Immagine messa solo per fare il ganzo
Scrivo questo articolo essenzialmente per due motivi abbastanza legati tra loro: il primo è che sto pubblicando troppe recensioni di film una dietro l’altra, ed il secondo è che essendo un blog generalista devo condividere con tutti quanti voi (stimati lettori) le cose che più mi interessano.Tra queste c'è anche internet ed il copyright.  Il tema di questo thread è ovviamente terra terra e poco importante rispetto a quanto sta succedendo ad esempio a Gaza o in Ucraina, ma non mi sento di sollevare troppi polveroni su argomenti altamente infiammabili. Non che non mi dispiacciano le trollate ed i flame, ma è impegnativo portarli avanti e non si arriva mai a nulla. Ci provo con qualcosa di più semplice, ma comunque importante mediaticamente parlando. La Wider Films, una casa di distribuzione italiana indipendente ha esposto una denuncia per la presenza di due suoi titoli presenti su alcuni portali. Prima nessuno neanche chi fossero, ora ci sta che milioni di curiosi inizino a scaricare i loro prodotti. Vi ammonisco: non fatelo. La lista dei siti che hanno fatto bloccare è molto lunga ed arriva a venticinque nomi (in ordine alfabetico):  


   
   
    cineblog01.net
    cineblog01.tv
    ddlstorage.com
    divxstage.eu
    easybytez.com
    filminstreaming.eu
    filmstream.info
    firedrive.com
    mail.ru
    mega.co.nz
    movshare.sx
    nowdownload.ag
    nowdownload.sx
    nowvideo.sx
    piratestreaming.net
    primeshare.tv
    putlocker.com
    rapidvideo.tv
    sockshare.com
    uploadable.ch
    uploadinc.com
    video.tt
    videopremium.me
    youwatch.org
 
Ora, io ne conosco giusto due o tre (praticamente in vita mia non ho mai usato lo streaming illegale), però giusto così per provare, se utilizzate i DNS di Google oppure OpenDNS, avete modo di accedervi. Quindi la mia domanda è: ma a che serve tutto sto lavorio per bloccare l’accesso? Certo, magari fai fuori qualche ragazzina che crede che internet siano le foto dei gatti su Facebook, ma nella pratica se uno è abbastanza smaliziato da voler guardare un titolo particolare “a sbafo” non riesce a trovare strade alternative? Se io fossi un detentore dei diritti in questione, mi sentirei un po’ preso per il culo. Ma forse già lo so, visto che una denuncia del genere è già di per sé una presa per il culo. Quindi ribadisco: a che serve tutto questo?  Poi tra i siti bloccati, c’è mail.ru e mega… Non è un tantino esagerato? Che succede, un giorno proveranno a bloccare Dropbox o Google Drive? Vabbeh loro provvedono da soli a garantire una certa “sicurezza” sui contenuti, ma il principio è il solito.  Dai, state seri per favore. I nostri soldi di contribuenti desiderosi di difendere a spada tratta il copyright vanno a finire in queste guerre farlocche senza nessun risultato tangibile? Vabbeh, era così per dire, mi aveva solo incuriosito il nome dell'operazione.

lunedì 21 luglio 2014

Chronicle (2012)


Regia: Josh Trank
Anno: 2012
Titolo originale: Chronicle
Voto: 5/10
Pagina di IMDB (7.1)
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Una sorta di action movie fantascientifico, non malaccio, in cui i protagonisti sono tre ragazzi in età da scuola che per caso e misteriosamente vengono a contatto con un qualcosa che dona loro il potere della telecinesi. Uno di questi è un tipo un po' sfigato (per dirla in breve molto Carrie like) che gira sempre con la propria videocamera. Già, abbiamo l'ennesimo "found footage" documentaristico come può essere Cloverfield o tante, tante altre pellicole alla The Blair Witch Project. Non troppe cose nuove quindi, nè dal punto di vista stilistico nè da quello della trama, che ripete in molte scene lo "sbrocco" mentale come appunto nel già citato Carrie. I superpoteri si manifestano fin da subito, ma i tre amici impiegano qualche giorno per imparare ad usarli e darsi delle regole per il quieto vivere: non usarli sulle persone, e non usarli quando si è arrabbiati. Giusto il tempo di dirlo e succede quasi il finimondo. E meno male direi, perchè la parte finale della pellicola è la più movimentata e dotata di buoni effetti speciali. Certe volte la regia usa un fortunato espediente per avere più punti di vista o il muoversi della telecamera: fluttua e si allontana proprio grazie alla telecinesi. Quindi, con una visione sempre in primo piano, abbiamo un bel realismo e l'azione sempre a portata di mano. Ma attenzione, pechè ciò che ci permette di essere presenti e nel vivo dell'azione, a conti fatti non ha una sua logica: alcune volte l'immagine passa da una telecamera all'altra. Quindi mi domando: ma c'era proprio bisogno di girare in questo modo se poi si usano trucchetti del genere? Per il resto è ganzo, ma con le dovute premesse, ovvero se cercato qualcosa di profondo o originale guardate altro. Nel mucchio di film spazzatura non verrà mai catalogato, ma neanche in quello delle pellicole memorabili. Non c'è uno dei protagonisti che possa essere simpatico o almeno definirsi come soggetto principale. Per dare verve e azione c'è bisogno di un cambio di marcia, che arriva in sincrono con esplosioni e lotte di ogni tipo. La morale e la profondità psicologica vanno a farsi fottere. A questo punto meglio Il Mio Amico Ultraman, che tra l'altro conosco per davvero.



domenica 20 luglio 2014

Dallas Buyers Club (2013)


Regia: Jean-Marc Vallée
Anno: 2013
Titolo originale: Dallas Buyers Club
Voto: 7/10
Pagina di IMDB (8.0)
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La prima volta che sentii parlare di AIDS ero ancora un bambino e quella parola di cui avere paura era un po' sulla bocca di tutti: giornali, trasmissioni tv, scuola, opuscoli. Era la fine degli anni ottanta ed iniziavano i novanta: emergenza a livello mondiale e i cittadini dovevano almeno conoscere non tanto gli effetti devastanti dell'HIV quanto le precauzioni per evitare il contagio. Poco dopo morì Freddie Mercury ed uscì il film Philadelphia: il mondo ne sapeva sempre di più. Con il passare degli anni, l'interesse verso la malattia è calato, almeno dal punto di vista mediatico, in quanto assorbito collettivamente come una piaga con cui conviverci e da debellare. Il problema resta di proporzioni enormi e non siamo ancora in grado di abbassare la guardia. A risvegliare il coinvolgimento ci pensa Dallas Buyers Club di cui si è parlato molto bene in relazione agli Oscar vinti. Non sapevo di cosa trattasse, così mi accingo alla sua visione venendo catapultato nel Texas di metà anni ottanta, in cui l'omofobo (facile esserlo, anche io lo sono stato) Ron Woodroof / Matthew McConaughey , dopo aver vissuto una vita di eccessi con droga alcol e sesso, si ritrova ad essere sieropositivo. Gli danno circa trenta giorni di vita. E già qui penso che sia una storia di quelle in cui il protagonista vive tra rimpianti e redenzioni. D'altra parte quando l'etichetta sul tuo corpo ha una scadenza, breve o lunga che sia, è già un trauma di per sè. Invece il racconto, basato su di una storia vera, continua tra cure sperimentali, la ricerca di altri farmaci non approvati dalla FDA ed un continuo vivere al limite tra droghe ed importazione di farmaci non approvati. Sulla trama mi fermo qui, guardatelo. Faccio anche un breve accenno, ma tanto in ogni altra recensione ne hanno abbondantemente parlato, sulla grandissima prova recitativa di McConaughley e di Jared Leto (suo partner in affari transex). Grandiosi veramente.  Vallée è bravo a presentarci il rude cowboy che si scontra dapprima con la sua fobia per il mondo gay (tema caro al regista già apprezzato in C.R.A.Z.Y. ) e con l'evolversi di una malattia tanto pericolosa quanto poco conosciuta. Da "figa dipendente" e da uomo che ama gli eccessi, deve suo malgrado (e lo fa fino ad un certo punto) riuscire a combattere la malattia ed ingaggia una difficile battaglia contro il sistema medico americano la FDA, che pare approvare ed accettare un solo tipo di farmaco (lo AZT) per la cura. Ad un certo punto addirittura i "non approvati" risultano illegali. Quindi per chi volesse provare o sperimentare cure differenti, magari utilizzate in altri Paesi come Israele, Giappone, Cina, Paesi Bassi, Francia o Germania, non vi è possibilità di scelta. L'eroe in questione non è mosso solo ed esclusivamente da sani principi: crea un business con il quale si arricchisce ed allunga la vita agli altri. Il suo Buyers Club da una parte crea fastidi alle case farmaceutiche, dall'altra dà speranza ai malati. Una voce fuori dal coro che parte dal basso, ma arriva a toccare i sentimenti di tutti: chi soffre ed ha una scadenza, sa che è meglio poter scegliere e provare tutte le strade possibili. Come dicevo la storia ha un fondamento che si basa su fatti realmente accaduti. Woodroof ha vissuto davvero e per davvero ha creato il Dallas Buyers Club (articolo che racconta la storia del club) dopo che gli fu rifiutato di essere una cavia per la sperimentazione dello AZT. Probabilmente contrasse il virus quattro anni prima dell'ambientazione della pellicola e, nonostante quanto descritto nel film, il suo orientamento poteva essere considerato bisessuale. Anche il personaggio Rayon (Leto), che ha un'importanza fondamentale per l'economia della storia, non è mai esistito quindi il lavoro di Vallée tende a romanzare quelle parti di più forte impatto emotivo che vedono scomparire pregiudizi e creano un cambiamento di personalità nel protagonista. Riguardo l'AZT, come si evince anche dagli extra presenti, è tuttora uno dei farmaci più utilizzati e più efficaci contro la malattia e le dosi nel corso degli anni sono variate ed utilizzate assieme ad altri prodotti (articolo del Washington Post), ma effettivamente negli anni in cui è ambientato il film era ancora in fase sperimentale su diversi pazienti per poterne studiare gli effetti. A distanza di anni (quindi portati avanti di un decennio rispetto al film) si è visto che molti dei farmaci utilizzati dai vari buyers clubs, non avevano alcun effetto sul HIV, ma riuscivano comunque a prevenire infezioni senza causare gli effetti collaterali, distruttivi e deleteri per un gran numero di pazienti, provocati da un uso troppo massiccio dell'AZT.Uno dei farmaci utilizzati invece fu in un primo momento accettato dall'FDA, salvo poi essere ritirato, perchè causava altri effetti collaterali. Ci tenevo a precisare queste cose, perchè alle volte alcuni film vengono visti come fossero Bibbia, ed in casi in cui malattie così brutte colpiscono la persona, possono sviare l'attenzione o dare false speranze.
Il bluray presenta alcuni extra, tra parentesi la durata in minuti:
  • Interviste (13)
  • Backstage (15)
  • Scene tagliate (5)
  • Trailer
  • L'AIDS oggi, a cura della Anlaids (9)

sabato 19 luglio 2014

Interceptor - Il Guerriero Della Strada (1981)


Regia: George Miller
Anno: 1981
Titolo originale: Mad Max 2
Voto: 8/10
Pagina di IMDB (7.6)
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Prendete ciò che ho scritto nella recensione di Interceptor ed amplificatelo un po': con il senno di poi l'altro potrebbe sembrare un prequel e questo il film originale. E non è una cosa da poco che il secondo film di una saga superi il primo. Per i miei gusti personali era già capitato (anzi capiterà) anche con Terminator 2, ma lì la sotira è diversa, molto più legata al primo di quanto accade con questi due Interceptor o Mad Max che dir si voglia. Infatti ogni elemento, post apocalittico qui è accentuato in maniera tale da dare il via ad uno (forse quello sul gradino più alto) dei miei film preferiti sull'argomento. Non si tratta solo di nostalgia per i vecchi anni ottanta, e non è un discorso in stile "non ne fanno più come un tempo" perchè è indubbio che i primi di un certo genere lascino un segno indelebile nella storia del cinema, ma soprattutto nella nostra memoria. D'altra parte Mad Max 2 ha forgiato parte dei miei interessi, facendomi poi apprezzare alcune letture ed alcuni altri film. Un futuro barbarico in cui le strade tagliano il deserto (in questo caso quello australiano) e la popolazione si divide tra sopravvissuti che inseguono una speranza di vita migliore ed gli auto teppisti degenerati in uomini spietati e volgari. Nel mezzo, c'è Max, l'eroe schivo che guida la V8 Interceptor. Un western di altri tempi insomma se avessimo avuto la pacifica comunità, i farabutti pistoleri e Clint Eastwood a salvare se stesso e tutti. Questa volta anche la sceneggiatura è più definita ed ambientata in quel futuro senza speranze, in cui ancora una volta è il petrolio ad essere la ricchezza più ricercata, petrolio che come si evince dall'introduzione con voce narrante, è stata la causa della guerra che ha devastato la Terra. Abbiamo quindi un punto di partenza su cui si sviluppa la trama relativa ai sopravvissuti e non vengono utilizzati mezzi termini: siamo dentro ad un futuro colmo di sabbia, rabbia e motori. Come scritto poche righe sopra, qui molte cose vengono amplificate: dai personaggi (soprattutto i cattivi guerrieri della strada) alle scene d'azione. L'inseguimento della cisterna, che non dura solo pochi minuti, ma rappresenta una buona parte del finale della pellicola, è tra i migliori mai visti. Le atmosfere sono fantastiche, i costumi segneranno uno standard a cui nessun regista potrà più sottrarsi. Un altro elemento di successo è dato dal volto di Mel Gibson, divenuto più maturo, più autoritario, meno ragazzino scapestrato: un vero e proprio simbolo che dà vita al suo personaggio dalla psicologia varia e forte. Ad aiutarlo abbiamo praticamente solo Bruce Spence, immancabile spalla sui generis ed Emil Minty il bambino che forse e dico forse, verrà spudoratamente copiato anche nella serie di Ken Il Gueriero. Non che i cattivi non facciano la loro porca figura, anzi, senza di essi si perderebbe un buon cinquanta per cento della pellicola, però la regia punta molto sul buono scorbutico in pieno stile Ian Solo. Ha perso la famiglia ed ha già quasi tutto ciò che gli occorre. E' egoista, ma non fino in fondo e l'unico suo scopo è quello di tirare avanti e vivere giorno per giorno. Ad arricchire il tutto ci pensano gli ottimi effetti da stunt godibili nelle scorribande e nel famosissimo inseguimento finale, così come la fotografia che indugia più di una volta sullo sporco mondo che ci circonda. Assolutamente un cult che non ha davvero età e racchiude elementi che si propagheranno nel tempo e nello spazio, dando vita ad una sottocultura che ha avuto un discreto successo.

venerdì 18 luglio 2014

Fantastic Mr. Fox (2009)


Regia: Wes Anderson
Anno: 2009
Titolo originale: Fantastic Mr. Fox
Voto: 7/10
Pagina di IMDB (7.8)
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Visto il gran vociferare da parte di numerosi intellettualoidi, dai quali certe volte cerco di dissociarmi, su Wes Anderson , tengo a precisare che non mi vergogno a dire che non tutta la sua produzione mi ha esaltato. A dir la verità questo è solo il terzo lungometraggio che mi capita tra le mani: ho iniziato con Le Avventure Acquatiche di Steve Zissou che, non mi vergogno a dirlo, non è mi è piaciuto proprio per niente. Qui, invece, come per Moonrise Kingdome sono riuscito a trovare elementi positivi a non finire. Si tratta di un film d'animazione (per me semplicemente un "cartone animato") realizzato con la tecnica dello stop motion, che devo dire è davvero spettacolare. Dal punto di vista visivo è una goduria, molto particolare, ben curato, accattivante: insomma mi è piaciuto un sacco. E ok, non sarà certo una novità, ma anche l'occhio vuole la sua parte e Anderson mi ha accontentato. Spesso associamo i cartoni animati ad un pubblico giovane, ma tutti quanti sappiamo che non sempre è così: ora, con le avventure di Mr. Fox non siamo ad un prodotto al cento per cento per adulti, nel senso che può risultare adatto e piacevole anche per i più piccoli, ma sia le tematiche che la trama hanno quel giusto mix di dialoghi e situazioni intelligenti che si mischiano con battute ironiche, non esattamente esilaranti, ma divertenti quello sì. Come ho imparato a capire, non esiste un vero e proprio personaggio principale che sia portatore di buone qualità soltanto e neanche dei personaggi cattivi fino in fondo. Le volpe e l'opossum (che i latini non conoscevano) del resto rubano agli uomini ed uccidono altri animali, il topo malvagio in un punto di morte spiffera il luogo preciso della prigione, il cugino bravo in tutto è vittima dell'invidia dell'insicuro volpino, che non si sente accettato e preferisce sentirsi "diverso". Insomma molti dei personaggi hanno una loro particolare psicologia e struttura, che nonostante la breve durata del film (neanche novanta minuti) e le innumerevoli scene d'azione, risultano tutti ben descritti. Non manca lo spazio per la morale, che è mutevole ed insegna un certo fatalismo sulla normalità e la diversità dei caratteri. Lo fa, come già annunciato, facendoci divertire, senza però esagerare e senza strapparci troppe risate, perchè non è un cartone demenziale, ma molto intelligente, portato avanti con uno stile molto tecnico applicato all'animazione: il POV nelle scene del cane rabbioso o gli sfondi in movimento durante il dialogo tra le Mr. Fox e sua moglie Felicity ed ancora i tanti primi piano sulle espressioni degli animali e degli uomini. Peccato non aver potuto (non sarei neanche in grado senza l'ausilio dei sottotitoli) gustarmi il doppiaggio originale con le voci di George Clooney, Meryl Streep, Bill Murray, Owen Wilson e Willem Dafoe. Molto buona anche la colonna sonora.

The Cell 2 - La Soglia Del Terrore (2009)


Regia: Tim Iacofano
Anno: 2009
Titolo originale: The Cell 2
Voto: 2/10
Pagina di IMDB (2.9)
Pagina di I Check Movies

Patetico. Non ha neanche senso parlare di sequel di The Cell  visto che l'unica cosa in comune è il titolo. Poi cambia tutto. E non è che l'originale sia chissà quale tipo di capolavoro. Non brutto, piacevole, particolare, con diversi buoni spunti, ma non vi era la necessità di creare un seguito. Dico questo, forse deluso da questo abominio cinematografico, in cui la trama è un tumore maligno che offusca tutto il resto. Sempre se questo resto esista davvero, perchè io non l'ho notato. Siamo sempre sullo stile horror, con un serial killer psicopatico che uccide (più volte [sic.]) le sue vittime ed una donna nella parte della farda affascinante (pensate che possa reggere anche lontanamente il confronto con Jennifer Lopez?) gli entra nella mente. L'elemento fantascientifico lascia spazio alla para psicologia in un ridicolo teatrino senza alcun nesso logico. Il prologo iniziale ci fa capire che tutto ciò che seguirà è un monnezzaio che toglie ogni cosa di buono era stata fatta nel capitolo precedente. Così resta una storia banale, effetti speciali in stile Asylum e troppi minuti sprecati non tanto per la noia quanto per l'accozzaglia di luoghi comuni con il poliziotto buono, l'agente dell'FBI cattivello, la pseudo topona di turno che fa l'eroina. Da cancellare se per caso è finito nella vostra lista dei download. Byte sprecati. Che mi serva da monito.

giovedì 17 luglio 2014

Philip K. Dick - Labirinto Di Morte


Autore: Philip K. Dick
Anno: 1970
Titolo originale: A Maze Of Death
Voto: 4/5
Pagine: 256
Pagina di Anobii
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Trama del libro e quarta di copertina:

Quattordici persone, nevrotiche e alienate nel loro rapporto con il lavoro e con il mondo esterno, decidono di lasciare una Terra disumana e oppressiva e di partire per il pianeta Delmak-0. Per Ben Tallchief, dopo una vita fallimentare, sembra aprirsi un futuro di euforica comunione con gli altri; e così è anche per Seth Morley, insoddisfatto del suo lavoro. Ma all’improvviso il satellite delle comunicazioni viene distrutto e i quattordici umani si ritrovano da soli sul pianeta, in un crescendo di misteri, terrore e morte. La realtà oggettiva vacilla, e l’intero paesaggio sembra solo un inganno dei sensi, un fondale di cartapesta dove gli uomini si agitano come marionette mosse a caso da una divinità folle e imperscrutabile.

Commento personale e recensione:

Siamo a tornati ai grandi fasti, o meglio, essendo già stato scritto, sono io che sono tornato a leggere un romanzo del mio amato (ed odiato) Dick che mi ha smosso come non avveniva da tempo. Come in alcuni dei suoi libri che preferisco, qui siamo alle prese con un romanzo in cui l’allucinazione mentale ed il sospetto si rafforzano a danno della lucidità e del senso della realtà. Siamo all’interno di un dramma psicologico, di un thriller fantascientifico che non ha avuto la fortuna di altri lavori creati dal genio immaginario di Dick, ma risulta essere un ottimo prodotto sotto molti punti di vista. Grazie alla teologia artificiale, mischia sacro con profano, scienza con religione, e lo fa alla sua maniera, ovvero sviscerando un tema e proiettandolo in un futuro dove la personalità umana è debole e stremata. E lo fa con una vena ironica, ma senza esagerare: il testo sacro di riferimento ha come improbabile titolo “Come sono risorto da morte nel mio tempo libero e come potete farlo anche voi” e la tecnologia utilizzata potrebbe far sorride per come è descritta. Eppure la trama è seria, da non sottovalutare, e con elementi di tutto rispetto. Il ritmo è alto ed il lettore non riesce a seguire la logica di un ambiente psichedelico per quel che riguarda le emozioni scaturite dai personaggi. Paure, angosce, follie. Ci sarebbe stato da stringergli la mano. Grazie, Dick.

mercoledì 16 luglio 2014

#noallegri

Difficilmente discuto le scelte della dirigenza, perchè resto dell'idea che gli uomini passano, ma la Juve resta. Quindi ho taciuto sulla gestione del post calciopoli o sul caso Del Piero tanto per fare due esempi importanti. Ritengo però che sia anche giusto far sentire la mia voce di tifoso e sottolineare quando si perde la completa fiducia nello staff dirigenziale che, è lapalissiano, sta guardando solo al portafoglio. Nulla di sbagliato per carità, oltretutto siamo in crisi economica e non possiamo competer con gli altri club europei. Però ci vuole anche rispetto per ogni ruolo ed ogni tassello del puzzle. Se si vuole, ma ho a questo punto diversi dubbi, ottenere determinati risultati, è giusto che ognuno faccia il proprio lavoro, porti avanti le proprie richieste e poi si comporti di conseguenza. Arrivare a metà luglio e non avere un allenatore vincente come Conte è un suicidio. Non solo per il fatto che il pugliese è tra i migliori a livello mondiale, ma perchè sulla piazza sono rimasti gli inutili incompetenti. Uno di questi è proprio il neo allenatore Massimiliano Allegri, che in quattro anni di Milan non ha mai vinto una sega se non uno Scudetto per grazia ricevuta ed è riuscito a far abbandonare la barca dai suoi uomini migliori. Uno tra questi è Pirlo, oggi (ma chissà per quanto) in bianconero. Di conseguenza, la Società che già lo scorso anno si è mossa tiepidamente sul mercato, ha abbandonato progetti interessanti come Nani, Di Maria, Sanchez, Quadrado, per puntare su Evra (che prima di firmare vuole conoscere Allegri), Morata (a quanto?) e Iturbe (che probabilmente con l'addio di Conte non arriverà mai a Torino), Vidal che se ne va, Vucinic che se ne è già andato, nessun altro interessato ad arrivare esimo nel nostro Campionato. Una sconfitta su tutti i fronti, promesse fatte e mai mantenute, una competitività che in Europa è lontana anni luce e che in Italia ha riequilibrato tutto quanto. E la beffa di avere un incompetente che ha sempre parlato male della Vecchia Signora (ricordate la frase sui 31 Scudetti, contando quello della B?). Ormai tocca tenercelo, almeno due anni, salvo un probabile esonero. E sarà dura con tutti gli altri che si rinforzano: Roma, Napoli, Fiorentina, Milan, Inter. Se ci s'ha culo (ed Allegri punta molto sul fattore culo) arriviamo dopo queste. Ed è così che partecipo alla campagna di protesta #NOALLEGRI.

The Words (2012)


Regia: Brian Klugman, Lee Sternthal
Anno: 2012
Titolo originale: The Words
Voto: 5/10
Pagina di IMDB (7.1)
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Sarà che vengo fresco fresco da una lettura di Paul Auster , ma il bello di questo film lo ho trovato soprattutto nelle analogie con certa narrativa, in cui abbiamo storie all'interno di storie, che vengono narrate con una sorta di staffetta. I livelli sono infatti tre e riguardano vita e morale di scrittori, coloro che ci allietano e che ci regalano opere di intrattenimento. Le confezioni sono interessanti e ben costruite dal punto di vista stilistico sebbene non riescano ad essere complete o ad alimentarsi l'una con l'altra. manca il colpo di scena sperato ed ambito, nel complesso la pellicola però risulta gradevole ed interessante. Da giovane, ma anche oggi (in effetti sono ancora giovane) mi capitava di avere un bel libro tra le mani ed immaginare di averlo scritto io stesso. Forse capita a tutti, forse no, il sogno di diventare scrittore è un qualcosa di davvero piacevole. Solo che, a differenza di uno dei protagonisti del film, mi dilettavo ad immaginare la trama leggermente modificata secondo le mie esigenze. Di sicuro non mi sarebbe dispiaciuto avere tra le mani un'opera mai pubblicata di John Grisham, Wilbur Smith, Isaac Asimov o Philip K. Dick... A quest'ora il blog avrebbe miliardi di lettori, invece di milioni ed io mi sentirei con meno peso sulle spalle rispetto a Bradley Cooper o Dennis Quaid, perchè nel mio immaginario, un minimo di tocco personale lo avrei inserito. Sempre colpevole certo, ma con il cuore un tantino più leggero a differenza del portafoglio. Nel cast da ricordare anche Jeremy Irons, con un ruolo marginale, ma mai sottotono. Da guardare con calma e rilassati.

martedì 15 luglio 2014

Superman IV (1987)


Regia: Sidney J. Furie
Anno: 1987
Titolo originale: Superman IV: The Quest For Peace
Voto: 3/10
Pagina di IMDB (3.6)
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Eh sì, avevo già visto pure questo. Evidentemente colpito da un trauma infantile lo avevo rimosso e c'è davvero un perchè. E', se si può (e ci riesce), peggiore del terzo capitolo. Almeno quello, aveva la particolarità, assolutamente non apprezzata da me, di avere un risvolto comico. Così, visto che in questi giorni va in onda su Sky l'ultima creazione su Superman, ho deciso di mettermi in pari. Ed appena ho visto la scena del capello che regge la palla d'acciaio, ho capito di averlo già visto. Anche la scena del Vesuvio con gli italioti che pregano mi ha fatto venire i brividi e ed il blocco mnemonico è saltato. Per di più, ma qui posso anche sbagliarmi, a quei tempi o giù di lì avevo un videogioco per Commodore 64 in cui il supereroe iniziava colpendo degli asteroidi e mi sembra che poi dovesse lottare con l'Uomo Atomico. Eh sì, il villain di questa pellicola è un ridicolo clone creato con la potenza del sole che lotta contro Reeve. Tornano poi Lex Luthor e Lois, infatti questa storia è molto più legata al secondo rispetto che al terzo. Le cose da dire terminano qui, ma  voglio rincarare la dose evidenziando i pessimi effetti speciali, la trama pacifinta e smielata, la mancanza di continuità in varie parti della storia. L'edizione bluray è insignificante con un audio italiano che inizialmente fa ben due scatti e non traduce le voci degli astronauti russi. Gli extra ci sono:
- commento
- The quest for peace (48 minuti)
- scene tagliate (31 minuti)
- trailer

lunedì 14 luglio 2014

Ray Bradbury - Il Cimitero Dei Folli


Autore: Ray Bradbury
Anno: 1990
Titolo originale: A Graveyard For Lunatics
Voto: 3/5
Pagine: 377
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Trama del libro e quarta di copertina:

Notte di Halloween, anno 1954. Un giovane sceneggiatore, da poco entrato a far parte di una delle maggiori case di produzione hollywoodiane, riceve un invito anonimo e si reca negli studios; e qui tra una corsa di bighe, la sabbia del deserto e le cascate del Niagara, scopre nascosto dietro un tramezzo un cimitero, un luogo fitto di segreti che lo trascina in un vortice di intrigo e mistero. Ray Bradbury offre in questo libro una combinazione di poliziesco e lettura noir.

Commento personale e recensione:

Quando penso a Bradbury, inevitabilmente mi viene in mente la fantascienza o  comunque un tipo di letteratura dai connotati fantastici. In questo libro invece (conosciuto anche con il titolo La Follia E’ Una Bara Di Cristallo) abbiamo un’altissima concentrazione di noir, poliziesco ed hard boiled, generi che apprezzo davvero molto e che mi incuriosiscono. L’America degli anni cinquanta in una storia narrata da un autore che decenni prima, prediligeva trame ambientate nel futuro. L’intreccio narrativo è abbastanza complesso e stimolante, con un’andatura veloce, difficilmente noiosa senza lasciare un attimo di respiro, con un ritmo molto alto. Certe volte anche troppo, perché non c’è tempo di soffermarsi adeguatamente su quanto descritto.  Ad ogni modo molti personaggi, molte situazioni e un mondo quasi magico, come quello cinematografico fanno di questo libro un’interessante chicca di lettura, quasi da rilegare ad altri tempi. Un bel salto nel passato con elementi molto interessanti, che avrebbe potuto essere migliore con una trama più lineare. Perché nel complesso, non è semplicissimo districarsi all’interno della storia e farlo in maniera rilassata.

Infernal Affairs (2002)


Regia: Andrew Lau, Alan Mak
Anno: 2002
Titolo originale: Mou Gaan Dou (無間道)
Voto: 7/10
Pagina di IMDB (8.2)
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Vi ricordate l'esaltante recensione di The Departed ? Ebbene, quello era il remake di questo film cinese di Hong Kong. E' impensabile non scrivere qualche nota sulle differenze tra le due pellicole, e nonostante questa sia di un livello davvero alto, mi ha fatto apprezzare ancora di più il lavoro di Scorsese e di tutto quanto il suo cast. Un punto in più a Matt Damon che entra alla perfezione nel personaggio recitato da Andy Lau, mentre il resto dello straordinario insieme di attori riesce a dare quel pizzico di in più con una caratterizzazione eccellente. Anche l'intreccio e la sceneggiatura del remake sono più curati e se vogliamo più tosti, rendendo la pellicola americana superiore in moltissime parti a quella cinese. Scorsese inoltre ha sfruttato, nella sua versione rimaneggiata ed occidentale, un errore nella trama (quando l'infiltrato si presenta all'appuntamento) originale, creando uno dei fulcri della sua storia. I due film sono comunque allo stesso tempo molto simili (la trama è grosso modo la solita) ed assai differenti (l'americano è molto più dettagliato ed esalta psicologia di ogni personaggio, grazie anche ad attori sopra le righe). Per me che sono estraneo al cinema orientale, i volti presenti qui, non sono neanche lontanamente paragonabili a Damon, Di Caprio, Nicholson, Sheen e Wahlberg, però non fanno sembrare questo un sottoprodotto, anzi tutto quanto scorre in maniera liscia ed interessante, con le giuste emozioni ed i giusti sentimenti. Ciò che lascia più di stucco è il finale completamente differente, che a quanto pare puà lasciare posto ad un seguito. Infernal Affairs è infatti il primo capitolo di una trilogia, che a questo punto non tarderò a terminare. Assolutamente da vedere, anche per i pochi che non hanno visto The Departed. Prima questo o l'altro? Non saprei, forse per noi comuni mortali, meglio nell'ordine da me usato, così da riscoprire la perfezione del film di Scorsese, perchè quando si prende spunto da qualcosa è giusto farlo nel migliore dei modi.

domenica 13 luglio 2014

MotoGP 2014: Sachsenring (Germania)

Avete presente quando al campetto sotto casa trovavate un gruppo di ragazzetti più deboli che volevano giocare contro di voi, promettenti stelle del calcio? E per rendere più frizzante la sfida gli regalavate un vantaggio di quattro o cinque reti, salvo poi schiacciarli con una differenza gol esorbitante? Ecco, passatemi pure il paragone calcistico, ma oggi in Germania è successa quasi la stessa cosa. I più forti, sono partiti dai box ed in una manciata di giri hanno risistemato le cose chiudendo in quel di Sachsenring con il seguente posizionamento: Marquez, Pedrosa, Lorenzo, Rossi. Inutile trovare altri aggettivi per il mostruoso talento spagnolo che suona la sua nona personale sinfonia , andando a creare, abbattere e superare ogni sorta di record. Applausi anche per Iannone, quinto alle spalle del Valentino nazionale, che ottiene il suo miglior risultato nel MotoGp. Rossi sembra stare al passo degli spagnoli, almeno fino a metà gara e poi conclude ai piedi del podio restando terzo nella classifica generale dei piloti con 141 punti, 42 in più rispetto a Dovizioso oggi finito solo ottavo. Speriamo che anche la prossima gara ci regali queste belle emozioni.

Alien Vs. Predator (2004)


Regia: Paul W. S. Anderson
Anno: 2004
Titolo originale: Alien Vs. Predator
Voto: 6/10
Pagina di IMDB (5.5)
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Ecco cosa succedere a fondere in un unico titolo due mostri (ed è proprio il caso di dirlo) sacri del cinema come Alien e Predator: un prodotto quasi interamente votato alla commercializzazione dei due franchise che secondo me non va assolutamente inteso come un omaggio (sebbene ci siano alcune giustificabili citazioni e la presenza di Lance Henriksen nei panni di un "nuovo" Bishop). Ho tardato ben dieci anni questa visione, partendo enormemente prevenuto, ma tutto sommato, la storia può stare in piedi alla grande. Con le necessarie e dovute forzature certo, il filone narrativo non è completamente stravolto e si crea così un sequel per quanto riguarda la saga di Predator (almeno fino al numero 2, ed escludendo Predators) ed un prequel per quella di Alien, essendo ambientato nel presente e non nel futuro immaginato da Ridley Scott. Anche se io ne avrei fatto a meno la 20th Century Fox che detiene i diritti di entrambi ha deciso di dar vita ad uno spin off che ha una sua coerenza con le storie originali. Siccome poi nel 2004 gli effetti speciali erano di una certa consistenza, così come il budget a disposizione, ecco che dal punto di vista visivo non viene partorito un qualcosa di inguardabile. Peccato per il cast e per lo spessore dei personaggi: l'eroina di turno è Sanaa Lathan nei panni di una spocchiosa ed irritante Alexa Woods, lontana anni luce da Sigurney Weaver / Ellen Ripley. Già, peccato perchè almeno qualcuno da idolatrare anche qui dentro non sarebbe stato male. Altra nota dolente, ma fa parte di questo nuovo genere che somiglia sempre di più ad un videogioco (ho detto Resident Evil? Come? E' sempre di Anderson?) è la scomparsa della componente horror che era forte nei primi film originali. Il tutto è adattato ad un pubblico molto vasto, magari composto non solo dai vecchi fan delle pellicole dei due decenni scorsi, ma soprattutto da ragazzini che giocano alla Playstation e che sarebbe controproducente tagliare fuori con un bel "vietato a". Così si mixa un'ottima performance scenografica ed audiovisiva con una trama il più semplice possibile, senza introdurre nessuna scena particolarmente violenta o cruenta. Si perde gran parte del pathos e della suspense per lasciare posto a combattimenti e scontri che iniziano esattamente nella seconda parte della pellicola, con una location che ricorda i vecchi Indiana Jones. Ambientazioni cupe e tenebrose. angoscianti e disperate addio... Non per fare il fan nostalgico ed integralista (il voto dato è altissimo perchè ho tenuto conto della tecnica), ma c'è un motivo per cui questo film non farà mai parte dei migliori prodotti di fantascienza mai girati. Anzi, credo che ne sia ben più di uno.

sabato 12 luglio 2014

Paul Auster - Follie Di Brooklyn


Autore: Paul Auster
Anno: 2005
Titolo originale: The Brooklyn Follies
Voto: 4/5
Pagine: 265
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Trama del libro e quarta di copertina:

Raggiunta ormai l'età della pensione, Nathan Glass ritorna a Brooklyn, la città dov'è nato e che ha lasciato quasi sessant'anni prima. Trasloca a Brooklyn con l'intenzione precisa di cercare un buon posto per morire. Ma il caso ha deciso per lui diversamente. Gli amori infelici del nipote Tom, le avventure del libraio-falsario Harry Brightman, l'apparizione improvvisa della piccola Lucy, che rifiuta di svelare dove si trova sua madre, sorella di Tom. Nathan pensava di dedicarsi a un progetto, la scrittura di un Libro della follia umana, ma le follie sono lí, appena fuori dalla porta, nel piú vivo e colorato angolo di New York. Come in Smoke e in Blue in the Face, la città e un suo quartiere, Park Slope, diventano straordinari protagonisti. Paul Auster scrive, con Follie di Brooklyn, una commedia dalla trama apparentemente spensierata. Una commedia che termina però la mattina dell'11 settembre 2001, data oltre la quale i lieto fine diventeranno di colpo piú amari e difficili.

Commento personale e recensione:

Leggere Paul Auster è sempre un piacere, e certe volte rimpiango di non avere il tempo e la passione da dedicare alla narrativa. Alcuni tipi di lettura dovrebbero essere patrimonio universale dell'umanità, perchè racchiudono un insieme di pensieri e dialoghi così profondi da poter toccare con mano. Auster muove i suoi personaggi in una staffetta di racconti ed aneddoti di vita quotidiana, reale, genuina. Anche il finale netto e tagliato con garbo, pur non sorprendendo riesce a toccarti e lasciarti dentro un qualcosa di molto prezioso. Le elucubrazioni sono incisive, ma al tempo stesso possono risultare innate ed è impossibile non immedesimare se stessi o un nostro conoscente in uno qualsiasi dei personaggi, creati in maniera molto profonda. ognuno ha infatti un carattere massiccio, con tanto di forze e debolezze. Lo stile poi si fa apprezzare a più riprese, rendendo il lavoro unico ed originale.

Now You See Me - I Maghi Del Crimine (2013)


Regia: Louis Leterrier
Anno: 2013
Titolo originale: Now You See Me
Voto: 7/10
Pagina di IMDB (7.3)
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Maghi e ladri, due mestieri che sono distinti tra loro, ma che possono andare a braccetto, creando un thriller curioso, colmo di pathos e colpi di scena. Sia la magia (vista come arte e scienza) che la pianificazione per il furto perfetto hanno sempre catturato il mio interesse. Esistono numerosi esempi, tra cui la serie di Ocean's o i più distanti The Illusionist e The Prestige. Qui, ogni trucco viene spiegato e smascherato, ed è questo il bello, ciò che colpisce maggiormente. Certo, forse esistono alcune forzature dettate dal plot narrativo ed alcune "magie" più forti ed improbabili rispetto ad altre, ma il realismo è sempre molto forte, ed i nostri quattro cavalieri (Jesse Eisenberg, Isla Fischer, Woody Harrelson e Dave Franco) sono giovaniRobin Hood che si muovono in un palcoscenico che vede anche Morgan Freeman e Mark Ruffalo come protagonisti. La magia totale del film sta nel togliere l'attenzione dello spettatore dal vero finale e dal colpo di scena conclusivo anche in maniera un po' troppo studiata e macchinosa, ma senza dubbio di grande impatto. Se vogliamo trovare un cavillo, ecco trovato il capro espiatorio nella figura, secondo me sacrificabile di Melanie Laurent, la quali a conti fatti ha il solo scopo di gettare un minimo di disattenzione nel pubblico. I talentuosi illusionisti sono però un qualcosa di straordinario e svolgono i loro compiti nella più completa armonia, sebbene la regia di Leterrier  sia molto attenta a non mostrarceli come fantastici, ma svelando i loro prestigi, con l'ausilio di Morgan Freeman. Senza farci attendere troppo tempo: ogni mossa ha un suo perchè e fa parte di un progetto assai ampio. In questo modo lo spettatore vede tutto da vicino, crede di capire, è appagato. Eppure il mantra onnipresente è che bisogna avere una visione d'insieme e guardare da lontano. Gli indizi non mancano, ed i più attenti, si aspetteranno qualcosa, pur non sapendo precisamente dove la trama andrà a parare. L'illusione da palcoscenico è applicata al cinema e sta proprio qui il grande lavoro del regista dei Transporter e de L'incredibile Hulk  (abbiamo comunque un thriller movimentato, con inseguimenti, esplosioni, fughe, combattimenti e tanta azione). Così, pur sapendo cosa aspettarci, saremo sorpresi passo dopo passo. La versione bluray è molto curata dal punto di vista qualitativo, sia per la magnificenza delle immagini, soprattutto durante gli show, sia per l'audio in italiano DTS-HD godibile nelle scene più dedicate all'azione. Gli extra sono divisi in tre categorie, tra parentesi al durata in minuti:
  • Now You See Me - Il Trucco è Svelato (15)
  • Breve storia della magia (12)
  • Scene eliminate (32)

venerdì 11 luglio 2014

L'Armata Delle Tenebre (1993)


Regia: Sam Raimi
Anno: 1993
Titolo originale: Army Of Darkness
Voto: 6/10
Pagina di IMDB (7.6)
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Perchè? Perchè Sam Raimi ha voluto girare il capitolo conclusivo de La Casa in questo modo? Penso sia una domanda che in molti si siano fatti. Come se il regista, ad un certo punto della sua carriera abbia voluto dissacrare ciò che lo ha reso celebre. Non che nel mezzo abbia poi creato chissà che cosa (sempre La Casa 2, che stava prendendo una certa piega, e poco altro), ma tutto questo faceva parte del suo progetto iniziale? Perchè parodiare una sua creatura, facente parte di un genere ben preciso e delineato (tutto sommato) per mostrarci un titolo a tratti comico, fantastico ed a metà strada tra Un Americano alla corte di Re Artù ed il Sacro Graal dei Monty Python. Credo semplicemente perchè si annoiasse e volesse osare, a rischi di prenderci un po' tutti quanti per il culo. Ne è uscito un successo ai limiti del cult, che ha catturato il favore di molti critici. Tanto per cominciare riesce a far esplodere il protagonista Ash (sempre Bruce Campbell), il quale diventa una vera e propria icona, trovando il suo habitat naturale all'interno di scene tragicomiche prossime al ridicolo. Riesce nell'intento con mezzi di fortuna tanto più che nonostante le possibilità di un budget estremamente più corposo, resta l'alone del film di serie B, suo marchio di fabbrica. Il ritmo è forsennato ed abbiamo di fronte un insieme di gag, che è sicuramente esagerato definire spassose, ma che ha il compito di spiazzare e far sì che il tutto venga apprezzato. Raimi gioca con intelligenza e maestria tecnica, così da catapultare protagonisti e telespettatori in un medioevo cinematografico, non solo per quanto riguarda la trama. Grazie ad un'introduzione rimaneggiata e modificata, è indubbio il collegamento con le pellicole precedenti, in modo da non lasciare nessun alibi: con L'Armata delle Tenebre siamo alle prese con un sequel originale, scritto e diretto dall'ideatore stesso della saga. Ora, detto questo, sono limpidi i numerosi errori all'interno della pellicola, sia di carattere logico che di carattere scenografico. Trovo insensato omaggiare Raimi anche per ciò ha palesemente sbagliato, senza dover fingere che lo abbia fatto apposta per fare un senso di irrealtà a varie scene e situazioni. Nel complesso è un film piacevole, colmo di ottimi spunti, ma anche di mancanze assai evidenti.

mercoledì 9 luglio 2014

Hunger Games: La Ragazza Di Fuoco (2013)


Regia: Francis Lawrence
Anno: 2013
Titolo originale: The Hunger Games: Catching Fire
Voto: 5/10
Pagina di IMDB (7.8)
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Questa volta non ci sono cascato, sono rimasto vittima del marketing solo in parte, quindi dopo aver letto il primo libro e visto il primo film , per non perdere tempo, mi sono dato direttamente alla visione della seconda pellicola. Tanto, l'idea me l'ero fatta già abbondantemente un paio di anni fa, quindi inutile insistere. Nonostante sia partito prevenuto, questo sequel, nel complesso mi è sembrato leggermente migliore rispetto all'originale. Il successo per questi film è inevitabile e sono incredibili i passi da gigante fatti dalla Lionsgate, che ci ha martellato con una pubblicità tutta incentrata sugli effetti speciali e sull'azione. Ma, come era ovvio che fosse, non ha neanche tralasciato il lato romantico e sentimentale propinatici dalla Collins. Peccato però che l'attenzione rivolta verso il mondo distopico che ci viene raccontato è ancora una volta ridotta ai minimi termini. Già meglio di nulla però, perchè Ross non ci aveva neanche provato. Eppure, e per questo anche se non ho letto il libro son sicuro dobbiamo incolpare l'autrice, manca la scintilla che avrebbe dovuto incendiare la ragazza di fuoco... C'è aria di rivoluzione, e la pesante presenza della dittatura è ripresa più volte, ma resta sempre e comunque un filmettino d'azione, senza però l'odiosa cineripresa che insegue i personaggi. La trama torna prepotentemente e con forzature di ogni sorta a mostrarci la nostra eroina all'interno dell'arena. Tutto gira intorno a questi combattimenti, qui solo accennati (magari qualcuno può pure restarne deluso), che avvengono in maniera precipitosa. Ero rimasto, ma la memoria può essere lacunosa, che dagli Hunger Games uscisse solo un vincitore per ogni edizione e che ci fosse un distretto più vincente rispetto agli altri... Ok? Ed allora come fanno a trovare personaggi molto giovani, maschio e femmina, da inserire all'interno di questi giochi con regole del tutto arrangiate? Certo, le cose importanti stanno altrove, ma mentre sei lì che lo guardi e pensi a questa rivoluzione che sta per avvenire, qualche domanda te la fai. il tempo lo hai in abbondanza, perchè non mancano le scene noiose. L'utilizzo degli effetti speciali è meno volgare e più mirato, quindi anche qui un passo in avanti. Devo però capire meglio l'utilizzo degli attori maschili: i giovani sono tutti uguali tra loro, fatico a riconoscerne particolarità e differenze. Spesso paiono semplici comparse, salvo poi ritornare. Aspetto la parte conclusiva con ansia ed ardore, visto che il finale sa molto di Matrix Reloaded che introduce Matrix Revolution.