Ultima mattina a Madeira, con quella luce gentile che sa già di saluto. Prima di raggiungere il piccolo aeroporto Cristiano Ronaldo, faccio qualche deviazione per fermarmi ai miradouros sparsi lungo la costa. Sono balconi naturali sull’oceano, dove lo sguardo corre libero tra scogliere, altipiani e onde che si frangono lente. È un modo perfetto per chiudere il cerchio: nessuna corsa, solo il piacere di guardare e respirare ancora un po’ quest’isola che mi ha conquistato.
L’aeroporto è intitolato al suo figlio più celebre, Cristiano Ronaldo, ed è famoso anche per la sua pista spettacolare, costruita in parte su pilastri sopra l’oceano. È uno degli scali più particolari d’Europa, piccolo ma funzionale, e regala già dal terminal panorami che sembrano cartoline.
Ripenso ai giorni appena trascorsi: Madeira è stata un concentrato di trekking, paesaggi estremi e natura potente. Ho camminato tra levadas immerse nel verde, crinali avvolti nella nebbia, picchi al sorgere del sole e coste scoscese che sembrano scolpite a colpi di vento. Ogni giorno è stato diverso dal precedente, eppure coerente: sempre la natura al centro, sempre io con le scarpe infangate e il sorriso addosso.
Questa gita mi è piaciuta un sacco, forse proprio per la sua semplicità: solo io, i sentieri, e un’isola che si lascia scoprire passo dopo passo. Madeira è un paradiso per chi ama camminare — e io, qui, ci ho camminato benissimo. Obrigado.
Album fotografico Madeira #8: ultimo saluto dai Miradouro
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