Quando si ascolta Shades of Deep Purple oggi, è impossibile non vederlo come un disco “di transizione”. Non perché la band volesse evolvere: semplicemente perché non sapeva ancora bene cosa sarebbe diventata. È il primo passo, quello un po’ impacciato ma già pieno di spunti, di una delle formazioni più influenti della storia del rock.
La formazione è ancora quella della cosiddetta Mark I: Rod Evans alla voce, Ritchie Blackmore alla chitarra, Jon Lord alle tastiere, Nick Simper al basso e Ian Paice alla batteria. La direzione artistica è ancora molto nelle mani di Lord, e si sente: gli arrangiamenti sono pieni di gusto barocco, con l’organo Hammond che detta legge in praticamente ogni pezzo.
Il singolo di successo è Hush, una cover di Joe South che diventa uno dei primi cavalli di battaglia della band. Funziona perché ha tutto: groove, melodia, e un ritornello che si incolla. Piace agli americani, un po’ meno in patria, ma è la scintilla che accende il motore.
Tra le altre cover c’è anche Help! dei Beatles, completamente stravolta in chiave malinconica, e una Hey Joe che ondeggia tra il tributo a Hendrix e inserti orchestrali un po’ bizzarri. I brani originali sono altalenanti: Mandrake Root è l’unico davvero memorabile, con quel duello organo/chitarra che anticipa i futuri tour de force dal vivo. Meno ispirate invece One More Rainy Day o Love Help Me, che sembrano riempitivi.
Registrato in un weekend, con pochi soldi e ancora meno tempo, Shades of Deep Purple è un esordio interessante più per quello che lascia intravedere che per ciò che mostra. Ma come primo capitolo, ha il suo fascino. E va tenuto in collezione proprio per ricordarci da dove sono partiti.
Tracklist ufficiale (CD europeo 2000):
- And the Address
- Hush
- One More Rainy Day
- I'm So Glad
- Mandrake Root
- Help!
- Love Help Me
- Hey Joe
- Shadows (demo)
- Love Help Me (instrumental version)
- Help! (alternate take)
- Hey Joe (BBC Top Gear session)
- Hush (BBC Top Gear session)
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