martedì 30 settembre 2025

Cursed - Il Maleficio (2005)

 
Regia: Wes Craven 
Anno: 2005
Titolo originale: Cursed
Voto e recensione: 4/10
Pagina di IMDB (5.1)
Pagina di I Check Movies
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Film:
Quando si parla di Wes Craven ci si aspetta sempre almeno un guizzo: un’idea disturbante, un ribaltamento delle regole, un colpo di coda capace di scuotere un genere già visto e rivisto. Con Cursed – Il Maleficio, purtroppo, accade esattamente il contrario. Questo film rappresenta uno dei punti più bassi della sua filmografia, non tanto perché sia “brutto” in senso assoluto, ma perché non offre nulla di nuovo in un filone – quello del lupo mannaro – che aveva già dato tanto, e che qui viene ridotto a un teen-horror senz’anima.

La sceneggiatura di Kevin Williamson (lo stesso di Scream) sembra costruita con lo stampino dei prodotti adolescenziali anni Duemila: dialoghi banali, personaggi stereotipati, dinamiche amorose e conflitti da high school che nulla hanno a che vedere con l’aura oscura che un racconto di licantropi dovrebbe avere. La storia è piatta e prevedibile, incapace di creare tensione o di giocare con le regole del genere.

Anche sul piano tecnico, il film non convince: gli effetti digitali risultano datati già all’epoca, con un lupo mannaro più vicino al videogioco che alla tradizione gotica. La regia di Craven, solitamente incisiva, appare svogliata, quasi in balia di una produzione travagliata (il film, non a caso, subì numerosi reshoot e interventi dello studio).

Il risultato finale è un horror di serie B travestito da blockbuster, incapace di spaventare, di divertire o anche solo di lasciare un ricordo forte. Per i fan del regista resta un’opera minore da dimenticare in fretta; per chi cerca un buon film sui lupi mannari, esistono decine di titoli più riusciti, sia classici che contemporanei.

In definitiva, Cursed è un’occasione mancata: il tentativo di rinfrescare un mito antico viene affogato in una confezione troppo patinata e in una scrittura poco ispirata. Wes Craven ci aveva abituati a ben altro.



Edizione: bluray
Si tratta di un import di una edizione spagnola, ma con audio italiano DD 5.1 quidi accettabile, nonostante il titolo localizzato in spagnolo, ma soprattutto gli extra:
  • Convertirse en hombre lobo (8 minuti)
  • Los efectos especiales (7 minuti)
  • El montaje de la criatura (6 minuti)
  • Como se hizo "Cursed . La Maldicion" (8 minuti)
  • Escena eliminada / censurada (2 minuti)
  • Trailer de cine 

lunedì 29 settembre 2025

L'Ascensore (1983)

 
Regia: Dick Maas
Anno: 1983
Titolo originale: De Lift
Voto e recensione: 5/10
Pagina di IMDB (6.1)
Pagina di I Check Movies
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Film:
Ci sono film che, pur con budget limitati e una resa tecnica non sempre impeccabile, riescono a diventare piccoli cult nel loro genere. L’ascensore (De Lift, 1983) dell’olandese Dick Maas è uno di questi. Visto oggi, più di quarant’anni dopo, mantiene una sua inquietante attualità.

La trama è tanto semplice quanto claustrofobica: un ascensore di un moderno palazzo sembra impazzire, provocando incidenti inspiegabili e mortali. A indagare sono un tecnico incaricato della manutenzione e una giornalista curiosa, che presto si rendono conto che il problema non è un guasto qualunque: dietro c’è qualcosa di molto più oscuro e “avanzato”.

Ed è qui che il film sorprende. Negli anni ’80, il terrore tecnologico non si concentrava ancora sull’intelligenza artificiale come oggi, ma sul rischio di sistemi elettronici “troppo autonomi”. Il film parla di chip in grado di “pensare”, un concetto che oggi ci fa sorridere, ma che al tempo era lo spauracchio dell’informatica emergente. In questo senso, L’ascensore è incredibilmente “in linea con i tempi”: se uscisse oggi, probabilmente il colpevole sarebbe un’IA maligna (anche se Skynet è solo di un anno dopo), ma il meccanismo della paura resterebbe identico.

Certo, il basso budget si sente: gli effetti speciali sono rudimentali, la regia non sempre riesce a mantenere alta la tensione, e i dialoghi — soprattutto nella traduzione italiana — lasciano a desiderare. È curioso notare come si crei confusione tra “meccanico” ed “elettricista”, o tra “informatica” ed “elettronica”. Forse già nell’originale c’erano ingenuità di scrittura, ma il doppiaggio italiano di certo non aiuta. Però parliamo di un film “di altri tempi”: queste sbavature oggi fanno quasi parte del suo fascino vintage.

Un altro aspetto interessante è il contesto della sua diffusione in Italia: L’ascensore venne trasmesso su Italia 1 all’interno dello storico contenitore horror Zio Tibia Picture Show. Per chi c’era, fu una di quelle notti televisive che segnarono l’immaginario degli appassionati, rendendo il film un cult casalingo ancora prima che arrivasse nei circuiti home video. E fu il primo film ad essere "bollinato" con la dicitura "vietato ai minori di 14 anni": prima erano vietati, ma non c'era il bollino.

Dick Maas, tra l’altro, ci credette abbastanza da girarne anni dopo un remake con più mezzi, Down – Discesa infernale (2001), ambientato a New York e con un cast internazionale che devo ancora recuperare.

In definitiva, L’ascensore è un film che parla di un’epoca in cui la tecnologia faceva paura perché incomprensibile, misteriosa e potenzialmente letale. Un horror con i suoi limiti, ma capace di raccontare in modo diretto l’ansia per l’evoluzione delle macchine. Un titolo che gli amanti del genere dovrebbero recuperare, non solo per il brivido claustrofobico, ma anche come testimonianza culturale di un periodo in cui persino un “banale” ascensore poteva trasformarsi in una trappola mortale.


Edizione: DVD
Edizione totalmente italiana quindi decisamente rara, rimasterizzata in HD (non dispiace la visione infatti) e con audio in multicanale (non sensazionale, ma accettabile). Come extra soltanto:
  • Trailer 

domenica 28 settembre 2025

Il Corpo (2024)

 
 Regia: Vincenzo Alfieri
Anno: 2024
Titolo originale: Il Corpo
 Voto e recensione: 5/10
Pagina di IMDB (6.3)
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Generalmente questi sono i film che guardiamo nei "cinemini", ma questo weekend abbiamo invertito. Ho visto Il Corpo, un thriller italiano che si muove su un terreno poco battuto dal nostro cinema: quello del mistero ad alta tensione. La storia parte da un presupposto semplice quanto magnetico: un corpo che scompare misteriosamente, lasciando dietro di sé più domande che risposte. Da lì prende forma un intreccio fatto di sospetti, bugie, mezze verità e rivelazioni che cambiano continuamente le carte in tavola.

Quello che mi ha colpito è la capacità del film di giocare con lo spettatore. Nonostante qualche passaggio un po’ macchinoso e un paio di scelte registiche che potevano spingere di più sul lato atmosferico, la trama tiene bene e la tensione cresce di scena in scena. È uno di quei film in cui credi di aver capito tutto, salvo poi ritrovarti spiazzato da un colpo di scena che ribalta le tue certezze. Questo meccanismo di svelamento progressivo funziona, ed è il cuore del film.

Gli attori reggono il gioco con dignità (forse la peggiore è la Gerini), anche se non tutti i personaggi hanno la stessa profondità: qualcuno resta più di contorno, qualcun altro invece guadagna spessore proprio grazie ai twist narrativi. Ma in un thriller come questo conta soprattutto la tensione di fondo, e in quel senso Il Corpo riesce a restituire quella sensazione di instabilità e di dubbio che accompagna lo spettatore fino all’ultima scena.

Non è un film perfetto: in alcuni momenti si ha la percezione di un ritmo un po’ altalenante e di un’estetica che resta più tradizionale del necessario. Eppure, al netto di questi difetti, il risultato intrattiene e lascia la sensazione di aver assistito a una storia che non si esaurisce subito, ma resta lì a lavorare nella memoria.

Il Corpo è quindi un buon esempio di come il cinema italiano (anche se è il remake di un prodotto spagnolo) possa cimentarsi con il thriller senza perdere la propria identità, pur guardando a modelli internazionali. Un film che vale la visione, soprattutto per chi ama i giochi di specchi, i segreti inconfessabili e quel gusto sottile di scoprire che nulla è come sembra


 

Una Battaglia Dopo L'Altra (2025)

 
Regia: Paul Thomas Anderson
Anno: 2025
Titolo originale: One Battle After Another
Voto e recensione: 6/10
Pagina di IMDB (8.5)
Pagina di I Check Movies 
  

Ancora "al cinema" e questa volta ho scelto io, quindi ho visto Una Battaglia Dopo l’Altra con aspettative alte, altissime. Paul Thomas Anderson non è certo uno che lascia indifferenti, e il cast messo insieme qui faceva pensare a un colpo grosso: DiCaprio, Sean Penn, e un contorno di attori tutti perfettamente capaci di reggere la scena. E infatti, sul piano tecnico e attoriale, niente da dire: fotografia elegante, montaggio preciso, musiche ben calibrate, interpretazioni solide. Tutto quello che ci si aspetta da un’opera di questo livello, insomma, c’è. DiCaprio, in particolare, convince nella parte di un uomo a pezzi, divorato dai fantasmi del passato e dalle sue fragilità, lontano dall’eroe classico ma per questo più umano. Anche Penn dà corpo a un antagonista disturbante (forse il mio preferito qui), che riesce a non scivolare nella caricatura pur sfiorandola spesso.

Eppure, a fronte di tutta questa qualità, io sono uscito dalla sala con una sensazione di delusione. Non tanto per quello che ho visto, ma per quello che non ho trovato. Anderson mi ha abituato a un cinema capace di scendere a fondo nell’animo umano, di scavare, di far emergere contraddizioni e ombre con una delicatezza quasi chirurgica. Qui, invece, ho avuto la netta impressione che abbia scelto la strada delle mezze misure: un po’ commedia, un po’ dramma politico, un po’ thriller d’azione, senza però mai decidere fino in fondo cosa volesse davvero raccontare. Forse il soggetto, tratto dal romanzo Vineland (che non ho letto) ha questa precisa struttura,

Il risultato è un film che ti lascia sospeso, quasi disorientato. Ci sono momenti intensi, scene d’azione ben costruite, tensioni che funzionano, ma poi tutto viene alleggerito da inserti che sfiorano la commedia grottesca, come se Anderson avesse paura di premere troppo sul pedale del dramma. È vero, per alcuni questo bilanciamento è un pregio: alleggerisce la visione, spezza la tensione, impedisce che il film diventi un macigno. Io però ho avuto la sensazione opposta: ogni volta che il racconto sembrava sul punto di farsi davvero potente, arrivava una nota ironica o grottesca a depotenziare l’emozione.

La durata non aiuta: due ore e mezza che scorrono, sì, ma non sempre con la stessa intensità. L’alternanza fra azione serrata e pause più intime non trova un equilibrio, e in certi momenti il film sembra girare su sé stesso, senza decidere se vuole emozionarti, farti riflettere o semplicemente intrattenerti. Forse Anderson voleva tenere tutto insieme, ma a me è parso più un mosaico incompleto che un disegno coerente.

Eppure, sarebbe ingeneroso liquidarlo come un’occasione persa. Perché le cose che funzionano ci sono, eccome. I temi affrontati sono attuali e urgenti: il suprematismo bianco, la polarizzazione, l’America spaccata che non è solo un Paese ma un simbolo più ampio. Il rapporto padre-figlia dà al film un cuore emotivo che in più momenti emerge con forza, e alcune sequenze d’azione hanno davvero quella potenza viscerale che ti inchioda alla poltrona. La regia resta quella di Anderson, e quando decide di affondare il colpo lo fa con stile, con immagini che restano negli occhi.

Forse, più che un brutto film, Una Battaglia Dopo l’Altra è un film che non ha deciso cosa vuole essere. E questa indecisione si sente. Io avrei voluto trovarci più coraggio, più coerenza, meno paura di sporcarsi con il dramma vero e più fiducia nella capacità dello spettatore di reggere il peso. Così com’è, resta un’opera imponente, ben fatta, spesso affascinante, ma a tratti frustrante, come se avesse tutte le carte per diventare memoravile e invece si accontentasse di restare a metà strada.

In definitiva, credo che chi cerchi azione e tensione troverà molto da apprezzare. Chi cerca introspezione, profondità psicologica, quella lente che Anderson sa usare meglio di chiunque altro, forse resterà spiazzato come me. E non è detto che questo sia un male: un film che divide, che fa discutere, che lascia irrisolti può avere più forza di uno che mette tutti d’accordo. Ma, se devo dirla tutta, io avrei preferito che Anderson scegliesse di condurci fino in fondo, invece di lasciarci a metà del guado.


sabato 27 settembre 2025

Corto Maltese -... E Riparleremo Dei Gentiluomini Di Fortuna

 


Con …E riparleremo dei gentiluomini di fortuna (1970) Hugo Pratt ci porta di nuovo nei Caraibi, tra isole e memorie di pirati, con quella leggerezza che sembra quasi casuale ma che costruisce invece un mosaico denso di suggestioni. La storia ruota attorno a una caccia al tesoro, una vera e propria avventura fatta di carte misteriose intagliate in osso di balena, galeoni spagnoli perduti e un’atmosfera che sa di sale, polvere da sparo e superstizioni. È qui che torna anche Rasputin, figura caotica e imprevedibile che riporta nel racconto quell’energia selvaggia e pericolosa che tanto caratterizza le sue apparizioni.

La trama procede senza mai cercare una chiusura definitiva, restando volutamente sospesa. Gli indizi sono tanti, i personaggi enigmatici e le morti improvvise colpiscono senza preavviso, come nel caso drammatico di Miss Ambiguità, che lascia la scena in modo inatteso e violento. Non è una storia che regala certezze, ma piuttosto una scia di domande, suggestioni e possibilità, dove Corto Maltese si muove con il suo solito passo ambiguo: partecipe e ironico, vicino ai fatti ma sempre pronto a defilarsi, come se non volesse mai farsi ingabbiare da un ruolo definito.

Quello che resta al lettore non è tanto la soluzione del mistero quanto l’esperienza di viaggio, la sensazione di essere immersi in un mondo creolo e caraibico fatto di contrasti, di colori accesi e di ombre minacciose. Pratt continua a costruire più un atlante di suggestioni che un intreccio lineare, e forse è proprio questa la sua forza: spingerti a seguire Corto non per trovare risposte, ma per il gusto stesso di lasciarsi trascinare altrove.


martedì 23 settembre 2025

Un anno gratis di Perplexity Pro grazie a Tim: la mia nuova scoperta AI

 
Prefazione:
Come si evince dall'articolo sottostante, che ho lasciato scrivere a Perplexity sto provando gratuitamente per un anno la versione Pro. Non ci sono stato dietro come per VIKI e neanche come per Gemini, gli ho lasciato un po' di carta bianca e lo trovo un po' più freddo rispetto alle altre AI. Forse più utile per ricerche in tempo reale. Ma lasciamogli la parola:
 

Ragazzi, vi devo proprio raccontare la mia ultima chicca tecnologica. Sapevate che attivando alcune offerte con Tim si può avere Perplexity Pro gratis per un anno? E non parlo di qualche prova veloce, ma proprio un anno intero senza pagare nulla e, cosa che adoro, senza rischio di rinnovo automatico! Per me che uso l’AI tante volte al giorno, è come un regalo.

Che cos’è Perplexity?

Se non l’avete mai sentito nominare, Perplexity è un assistente virtuale intelligente basato su AI, un po’ come ChatGPT ma con qualche marcia in più: mentre altri modelli si basano solo sui dati esistenti, Perplexity fa ricerche sul web in tempo reale. Quindi ti dà risposte fresche, aggiornate, e soprattutto ti mostra le fonti, il che è una manna per chi, come me, ama sapere da dove arriva ogni informazione.

Perché passare a Perplexity Pro?

La versione Pro ti dà una serie di funzioni in più: risposte più approfondite, niente pubblicità, risposte più veloci, e soprattutto un supporto prioritario se hai bisogno d’aiuto. Insomma, il top per chi come me vuole usare l’AI per davvero e non solo per curiosità. E poi, ribadisco, niente di nascosto: finisce il periodo gratuito e basta, non ti ritrovi abbonato all’oscuro.

Perplexity, ChatGPT e Gemini: confronto veloce tra amici

Caratteristica Perplexity Pro ChatGPT Plus Gemini
Aggiornamento dati Cerca il web in tempo reale, risposte sempre fresche Basato su dati fino a poco tempo fa; alcune funzioni web Usa Google e AI integrate, bilanciando info e conversazioni
Tipo di risposte Brevi, sintetiche e con fonti Conversazioni più lunghe e naturali Ottimo con input molto complessi e multi-tasking
Funzioni extra Citazioni, memoria contestuale, supporto premium Interazione vocale, plugin e API Ideale per lavori avanzati e gestione complessa
Prezzo Anno gratuito con Tim, poi basato su utilizzo Canone mensile fisso

Aggiornamento Oxygenos 14.0.0.1901 (EX01V110P04)

 

Nuovo aggiornamento per OnePlus 9 Pro: la build V110P04 porta con sé 184 MB di novità che vanno dritte al punto. Stavolta il focus è doppio: foto più intelligenti e privacy sempre più personalizzabile.

Foto

Arriva l’album mappa, che mostra tutte le immagini con le rispettive posizioni geografiche.
Un po’ come il diario di viaggio che non sapevi di avere, ma che ti ricorda esattamente dove hai scattato quella foto della balena grigliata a Bergen o la vista mozzafiato dalla Pania.

Sicurezza e privacy

  • Le foto che sposti dall’album privato a quello pubblico riacquisiscono automaticamente le loro posizioni originali: meno confusione, più ordine.
  • Puoi vedere quanto tempo giornaliero e settimanale passi davanti allo schermo, direttamente in Gestione telefono: la verità nuda e cruda sui tuoi consumi digitali.
  • La password della privacy diventa più flessibile: ora si può modificare da ogni pagina della Protezione dati privati, incluso l’album Bloccato di Foto.

Sistema

E come sempre, la rassicurante dicitura: “Migliora la stabilità del sistema”. Un classico intramontabile, come il nero.


In sintesi: aggiornamento pratico e concreto. Ti offre uno strumento in più per organizzare le foto, mentre ti ricorda che la tua privacy non è mai troppa.




lunedì 22 settembre 2025

Elisa (2025)

 elisa_film_locandona
Regia: Leonardo Di Costanzo
Anno: 2025
Voto e recensione: 6/10
Pagina di IMDB (6.1)
Pagina di I Check Movies

Il nuovo film di Leonardo Di Costanzo, Elisa, è una di quelle opere che non lasciano indifferenti. Intenso, rigoroso, asciutto: la sua forza sta nel realismo e nel coraggio di non cercare mai scorciatoie narrative. È cinema che scava, che mette a disagio, che costringe a guardare dentro le pieghe più oscure della mente umana.

La trama prende spunto da un fatto di cronaca e dal saggio di criminologia di Adolfo Ceretti. Elisa, interpretata da una straordinaria Barbara Ronchi, è una donna che ha scontato dieci anni di carcere per l’omicidio della sorella. Il problema è che lei stessa dice di non ricordare nulla del crimine. Quando un criminologo, il convincente Roschdy Zem, le propone di partecipare a una serie di colloqui per il suo studio sui delitti in famiglia, si apre un percorso doloroso, fatto di domande senza risposte, silenzi pesanti e ricordi che riaffiorano a fatica.

Non ci sono colpi di scena né artifici narrativi: Elisa si muove con il passo lento e misurato dell’indagine psicologica, costruendo la tensione attraverso dialoghi e sguardi più che con l’azione. È proprio questa scelta a renderlo credibile e a dargli una forza rara nel panorama cinematografico attuale. Barbara Ronchi regge il film con una prova d’attore magistrale, capace di rendere la sua Elisa spigolosa e fragile allo stesso tempo, mai banale, mai edulcorata. La regia di Di Costanzo, fedele allo stile già visto in Ariaferma, osserva senza giudicare, con uno sguardo rispettoso che evita ogni forma di sensazionalismo. Il risultato è un’opera che affronta un tema scomodo senza retorica e senza morbosità, lasciando allo spettatore il compito – e la responsabilità – di trarre le proprie riflessioni.

Unico appunto personale: gran parte del film è in francese con sottotitoli in italiano. Può rendere la visione un po’ più faticosa, ma allo stesso tempo aggiunge autenticità e amplifica la distanza e la difficoltà di comunicazione che vive la protagonista.

In definitiva, Elisa è un film crudo, toccante e necessario. Non regala certezze né consolazioni, ma ci ricorda che il cinema migliore non serve a rassicurare, bensì a interrogare.



 

domenica 21 settembre 2025

Rifugio del Freo #2.2 - Pania della Croce

 

Sveglia al Rifugio Del Freo con colazione abbondante e una buona notizia: pare che stanotte non abbia russato, quindi il gruppo è salvo. Zaini pronti, si parte per una salita più corposa come dislivello, ma tutto sommato più docile rispetto a ieri: l’obiettivo è la Pania della Croce, la regina delle Apuane.

Il passo è costante, l’aria frizzante e la montagna regala panorami che, nonostante le tante volte viste, non smettono di stupire. Arrivare in vetta ha sempre quel qualcosa di solenne: la croce che svetta, l’orizzonte aperto e la sensazione che ogni fatica sia ampiamente ripagata.

Ridiscesa di nuovo al rifugio, dove ci aspetta il classico panino post-vetta, quasi un rito che chiude il cerchio della salita. Poi ancora una breve sulla carta, ma interminabile psicologicamente risalita verso il Passo della Croce, dove ritroviamo le auto e salutiamo la montagna, almeno per questa volta.

Due giorni intensi, tra risate, panorami e buona compagnia. Le Apuane non deludono mai: sanno essere aspre e severe, ma anche accoglienti e familiari. E ogni volta che le lasci, sai già che tornerai.


Album fotografico Rifugio del Freo #2.2 - Pania della Croce 


sabato 20 settembre 2025

Rifugio del freo #1.2 - Monte Corchia

 

La prima tappa di questo weekend apuano parte dal Passo Croce. Zaini in spalla, puntiamo al Rifugio del Freo, che sarà la nostra base per la notte. Qui scarichiamo un po’ di peso, stendiamo i sacchi lenzuolo e ci prepariamo al vero obiettivo della giornata: la salita al Monte Corchia.

È una vetta che conosco bene, spesso affrontata dal più tecnico canale del Pirosetto. Oggi invece scegliamo un approccio diverso, salendo dal versante che di solito uso solo in discesa. Cambiare prospettiva è sempre un buon esercizio: la montagna mostra volti nuovi anche quando pensi di conoscerla.

Arrivati in cima, la sorpresa: tiro fuori la maglia di Ralph Supermaxieroe e in un attimo il panorama diventa palcoscenico. Risate, foto, festa: il Corchia si presta anche a questo.

La serata scorre al rifugio tra canzoni, chiacchiere e vino, con un gruppo che ormai è più che collaudato per questo genere di avventure. La montagna unisce, e il bello è che la nostra energia sembra crescere di salita in salita. Non c'è segnale e non ci sono prese per la corrente, ma resisto. 

Album fotografico Rifugio del Freo #1.2 - Monte Corchia 


mercoledì 17 settembre 2025

Jack Vance - I Tesori Di Tschai



Autore: Jack Vance
 Anno: 1969
Titolo originale: The Dirdir
Voto e recensione: 2/5
Pagine: 143
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Trama del libro e quarta di copertina:
Nella Zona Nera alcuni si avventurano di notte, altri in pieno giorno. C'è chi si sente più sicuro in gruppo, e chi preferisce tentare da solo. Ciascuno ha una propria teoria. Quasi nessuno, una volta entrato, ritorna più a raccontare se fosse giusta. La Zona Nera è l'Eldorado di Tschai, un immenso territorio aspro e accidentato dove affiorano le pietre preziose - rosse, turchine, verdi, opalescenti - che sono la moneta comune a tutto il pianeta. E tra i disperati di ogni razza che rischiano la vita nella Zona Nera c'è anche Adam Reith, il terrestre. Anche lui vuole arricchire in fretta, ma solo perchè questo è l'unico mezzo che gli permetterà, forse, di tornare sulla Terra. Tra lui e i tesori di Tschai ci sono soltanto piccole comitive di sportivi. Lo sport che praticano è la caccia all'uomo.

Recensione e commento personale:

Terzo capitolo della celebre tetralogia del Pianeta Tschai, I tesori di Tschai conferma pregi e limiti dell’opera di Jack Vance. Dopo un avvio intrigante con i primi due volumi, qui la tensione narrativa perde progressivamente vigore: la trama si concentra su una lunga caccia al tesoro che si conclude con un semplice combattimento corpo a corpo, lasciando una certa sensazione di incompiutezza.

Se la componente scientifica è pressoché assente – la vicenda potrebbe svolgersi in qualsiasi mondo fantastico senza particolari riferimenti futuribili – resta invece centrale la capacità dell’autore di descrivere usi, costumi e rituali delle popolazioni aliene. Vance non è interessato alla fantascienza “hard”, ma a un’avventura esotica che ricorda più i romanzi cavallereschi o picareschi che i classici di space opera. La sua forza sta nel costruire società bizzarre e satiriche, specchi deformanti della nostra umanità.

Il risultato è affascinante ma anche diseguale: il gusto per l’invenzione antropologica resta vivo, ma non sempre basta a sostenere l’interesse narrativo. Dopo la spinta iniziale dei primi due libri, questo terzo volume mostra il lato più debole della saga.




Corto Maltese - Un'Aquila Nella Giungla

 

Un’aquila nella giungla (1970) è l’ultimo tassello della cosiddetta “Suite caraibica”, un gruppo di racconti che comprende anche Il segreto di Tristan Bantam, Appuntamento a Bahia e Samba con Tiro Fisso. A differenza dei precedenti episodi, qui il personaggio di Corto Maltese comincia a delinearsi in maniera più netta: non più soltanto osservatore ironico e distaccato, ma uomo che, pur rimanendo enigmatico, lascia intravedere il desiderio di avventura e la sua natura di viaggiatore irrequieto.

La storia, ambientata in un contesto esotico e misterioso, mantiene i toni sospesi tipici di Pratt, dove le trame non si chiudono mai del tutto e i personaggi restano in parte avvolti dal non detto. Tuttavia, in queste pagine Corto sembra meno evanescente e più protagonista: la sua ambiguità rimane, ma prende corpo una figura più definita, affascinante proprio perché sfugge a una lettura univoca.

Con questo racconto si ha la sensazione di entrare davvero nel mondo di Pratt: un universo fatto di suggestioni, simboli, e un costante equilibrio tra realismo e mito. È qui che il lettore inizia a sentirsi pienamente catturato, riconoscendo che l’avventura di Corto Maltese non è solo geografica, ma anche interiore.


martedì 16 settembre 2025

Juventus 4 - Borussia Dortmund 4

 
Otto gol fatti negli ultimi quattro giorni. Ma anche sette subiti. Eh eh eh. Meglio una partita del genere che uno scialbo zero a zero per me. Poi ovviamente sono evidenti dei problemi difensivi e di gioco. Ma non possiamo dire che manca il carattere. Eravamo sotto di due reti nei minuti di recupero, e come suggerisce il nome, l'abbiamo recuperata. Ci sono da rivedere numerose cose a partire dal portiere che ci mette troppo del suo, ma deve essere il solo capro espiatorio. Partita a due facce con un primo tempo quasi soporifero o guardingo per dirla in maniera elegante ed una ripresa in cui succede di tutto. Tra il negativo ed il positivo. Soltanto un punto è vero, ma per come si era messa, contro un Borussia da prima fascia, non ci si può certo lamentare. 

Ballerina (2025)

 
Regia: Len Wiseman
Anno: 2025
Titolo originale: Ballerina
Voto e recensione: 5/10
Pagina di IMDB (6.9)
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Lo spin-off della saga di John Wick si concentra su una nuova protagonista, inserita nello stesso universo fatto di assassini, codici d’onore e vendette infinite. Ballerina (anche in originale scritto così) non inventa nulla di nuovo, ma gioca la carta più sicura: tanta azione ben coreografata, combattimenti spettacolari e un ritmo che non concede pause.

Il problema è che oltre a questo c’è davvero poco. La trama è ridotta all’osso, funzionale giusto a collegare una scena all’altra, e manca quella carica innovativa che aveva reso il primo John Wick qualcosa di diverso nel panorama action. Qui siamo nel territorio del puro intrattenimento: due ore che scorrono piacevoli, ma senza lasciare traccia una volta finito il film.

Un prodotto pensato per i fan che vogliono restare dentro l’universo narrativo di Wick, ma ben distante dai fasti dell’originale. In sintesi: si guarda volentieri, ma non è certo destinato a entrare nella memoria collettiva del cinema d’azione.



domenica 14 settembre 2025

Corso Ferrate #2/2: Barranco del Dolo

 


Oggi ho deciso di alzare l’asticella e di misurarmi con la Ferrata Barranco del Dolo. È stato un banco di prova importante, forse il più impegnativo che abbia affrontato fino ad ora, e alla fine posso dirlo chiaramente: qui ho trovato il mio limite.

La partenza sembra quasi ingannevole, con tratti obliqui e verticali su arenaria compatta che, seppur già faticosi, scorrono via bene grazie alle staffe provvidenziali. Poi arriva la placca liscia, con le maniglie artificiali che ti tirano su verso il traverso successivo. Fin qui il ritmo è serrato ma ancora gestibile, il tipo di sforzo che senti nelle gambe e nelle mani ma che non ti spaventa.

Il punto vero della ferrata, quello che resta impresso, è il camino aperto. Tecnicamente è il passaggio chiave dell’intero itinerario e non a caso: non ci sono appigli naturali e il movimento richiesto è di spaccata, sfruttando la parete opposta rispetto al cavo. Per chi, come me, non ha gambe lunghe, la faccenda diventa subito complicata. Alla fine non ho avuto scelta: ho dovuto issarmi soprattutto con le braccia, tirando più del dovuto. So bene che non era il movimento corretto, ma era l’unico modo per passare. E l’ho fatto.

Arrivato in cima al camino ero soddisfatto, ma le braccia provate raccontavano tutta la fatica. Non ero distrutto, questo no, però il limite l’ho toccato con mano: qui la tecnica non basta se non hai certe leve o una guida pronta a correggere e a sostenerti moralmente passo passo (braccio braccio anzi) . Dopo il camino, il percorso diventa più umano: un altro traverso impegnativo ma più breve, poi il filo di cresta in saliscendi fino in cima , che arriva come una liberazione e una ricompensa.

È stata una ferrata bella, suggestiva e intensa. Mi sono divertito, ho provato emozioni forti, ma ora so con più chiarezza che non tutte le vie fanno per me. Le prossime le sceglierò con più attenzione: percorsi di livello inferiore, dove la fatica non diventa un ostacolo costante, oppure ferrate impegnative come questa ma con una guida al mio fianco, per affrontarle in sicurezza e imparare di più.

La montagna insegna anche questo: a riconoscere i propri limiti. E oggi, su questa lama di roccia del Dolo, l’ho capito meglio che mai.


Poche foto oggi per ovvi motivi 

Album fotografico Corso Ferrate #2/2: Barranco del Dolo

sabato 13 settembre 2025

Juventus 4 - Inter 3

 
Beh, anche se scrivo poco ultimamente sulle partite (non pago il pizzo a Dazn) una partita di cartello come questa va vista. E ne approfitto del fatto che sono fuori casa ed ho trovato il baretto dove la trasmettono. Partita, che nonostante l'elevato numero di reti è stata così e così. Però appunto con sette volte oltre la linea di porta è impossibile non divertirsi. Tra l'altro tutti i gol son stati belli, anche se forse con Frey e Buffon ce ne sarebbero stati meno. L'inizio di campionato non poteva che andare meglio e se le prime due gare potevano essere scontate sulla carta (poi bisogna vincerle sul campo eh) trovare i finalisti di Champions, poteva cambiare il nostro percorso. Ad esclusione di alcune sbavature individuali e di reparto (altrimenti non avresti preso tre reti), sono abbastanza soddisfatto di alcune prestazioni come quelle di Thuram, l'entrata in campo di Adzic che ha fatto un eurogol e di Yildiz ovviamente. Sta crescendo e lo si nota. Avanti così adesso, testa alta alla prossima, senza gongolare. #finoallafine. 

Corso ferrate #1/2: Pietra di Bismantova

 

Oggi è stata una giornata intensa, di quelle che ti lasciano addosso la stanchezza buona, quella che sa di soddisfazione. Primo giorno del mio corso per ferrate: non era la mia “prima volta” in assoluto, perché ne avevo già fatte alcune, a volte da solo su percorsi semplici, altre volte con una guida su tracciati più impegnativi o in compagnia, ma in autonomia. Però è un po’ come dire “so guidare” solo perché ho preso la macchina del mi babbo e sono riuscito a fare due giri: alla fine manca la base vera, quella che ti dà sicurezza. Ed ecco perché mi sono iscritto: un po’ di teoria, un po’ di pratica mirata, e soprattutto l’idea di imparare a fare le cose nel modo giusto.

Ci siamo ritrovati alla Pietra di Bismantova, un luogo che già da solo vale il viaggio. Un massiccio isolato nell’Appennino reggiano, dalla forma piatta e inconfondibile, che spunta dalla valle come una specie di astronave di roccia. Non a caso Dante la cita nella Divina Commedia come paragone per il Purgatorio: la sua forma squadrata e quasi verticale lascia chiunque a bocca aperta. È anche un punto di riferimento per alpinisti e arrampicatori di ogni livello, perché offre pareti, vie e ferrate di grande varietà.

La giornata è iniziata con un po’ di teoria: niente di noioso, anzi, necessario. Abbiamo parlato del kit da ferrata – imbrago, casco, dissipatore – e dell’importanza di controllare sempre i propri dispositivi prima di partire. Una corretta vestizione, la regolazione delle fettucce, la verifica dei moschettoni: sembrano dettagli, ma sono quelli che fanno la differenza tra un’escursione sicura e una potenzialmente pericolosa.

Poi, senza perdere troppo tempo, via alla parte pratica. Una piccola prova di arrampicata su pareti basse, in salita e discesa. Non tanto per mettersi alla prova, quanto per prendere confidenza con i movimenti, con l’equilibrio e soprattutto con il concetto di fidarsi di un compagno. Non è solo “io e la roccia”: è anche il sapere che accanto a te c’è qualcuno che ti guarda, pronto a intervenire.

Il vero clou della giornata è stato l’avvicinamento alle due ferrate principali della Pietra. Prima la Ferrata degli Alpini, considerata la più difficile del complesso. È un percorso impegnativo, tecnico, che richiede attenzione e un buon uso di mani e piedi. Non è lunghissima, ma le sue pareti verticali e i tratti più esposti la rendono una prova seria, di quelle che non si improvvisano. Farla con il gruppo, dopo aver ricevuto le giuste dritte, mi ha permesso di affrontarla con maggiore sicurezza, godendomi anche il panorama senza pensare solo alla fatica.

Dopo questa sfida, siamo passati alla Ferrata dell’Ultimo Sole. Questa già l’avevo percorsa in solitaria tempo fa, e oggi è stato un po’ come rivedere un vecchio amico, ma con occhi diversi. È un itinerario più abbordabile, meno tecnico, ma non per questo banale: offre passaggi belli e panoramici, con quella sensazione di avventura che solo le ferrate sanno regalare. Il nome stesso, “dell’Ultimo Sole”, evoca le luci calde del tramonto che spesso colorano le rocce e la valle circostante.

Chi non ha mai fatto una ferrata forse immagina qualcosa di vicino all’arrampicata estrema, ma non è proprio così. Le vie ferrate sono percorsi attrezzati con cavi, pioli, scale e staffe che permettono di muoversi anche su pareti rocciose altrimenti inaccessibili. Non sostituiscono l’alpinismo vero e proprio, ma sono una via di mezzo tra trekking e arrampicata, un modo per vivere la montagna in verticale, senza però dover essere campioni di free climbing. La sicurezza, ovviamente, dipende molto da chi le affronta: mai sottovalutare il percorso, mai affidarsi al “tanto ce la faccio”.

Chiudo la giornata per niente stanco e soddisfatto. Ho imparato cose nuove, ho corretto errori che nemmeno sapevo di fare, e soprattutto mi sono goduto un’esperienza suggestiva in un luogo che sembra disegnato apposta per questo. La Pietra di Bismantova, le sue ferrate, il gruppo, il corso: tutto ha contribuito a rendere questo primo giorno davvero appagante.

E in fondo, quello che mi porto via è la sensazione di aver imboccato la strada giusta: la passione ce l’ho già, ora posso dire che sto iniziando a costruirci sopra anche la conoscenza e la tecnica.


Album fotografico Corso di ferrate #1/2: Pietra di Bismantova 


mercoledì 10 settembre 2025

Corto Maltese - Samba Con Tiro Fisso

 


Con Samba con Tiro Fisso (1970) pensavo di arrivare alla chiusura di un vero e proprio trittico, dopo Il segreto di Tristan Bantam e Appuntamento a Bahia. In realtà mi sbagliavo: non si tratta di una trilogia con un inizio e una fine, ma di un ciclo di storie collegate, spesso raccolte sotto il titolo di “Suite caraibica”.

La vicenda si sposta in Brasile, in un contesto pieno di tensioni: soldati, ribelli, superstizioni e colpi di scena che animano la trama ma non la concludono. È più un frammento narrativo che un racconto chiuso, un tassello che aggiunge colore e atmosfera piuttosto che dare risposte ai misteri già accennati.

Corto Maltese continua a muoversi con il suo stile ambiguo: presente ma mai del tutto coinvolto, partecipe e al tempo stesso ironicamente distante. Anche Tristan Bantam e Morgana restano figure sospese, che sembrano promettere sviluppi futuri senza rivelare troppo.

Subito dopo  questo episodio neCorto Maltese - L'integralesi colloca anche Un’aquila nella giungla, che probabilmente riprenderà il filone narrativo. 

Alla fine, quello che resta è l’impressione di seguire Corto non in una saga ordinata, ma dentro un flusso di avventure aperte, capaci di suggestionare più che di spiegare. Ed è forse proprio questo il fascino: non trovare mai davvero una chiusura, ma lasciarsi trascinare dal viaggio.




Indiscreto (1958)

 
Regia: Stanley Donen
Anno: 1958
Titolo originale: Indiscreet
Voto e recensione: 4/10
Pagina di IMDB (6.7)
Pagina di I Check Movies
Acquista su Amazon 
 
Film:
Ho recuperato Indiscreto, film del 1958 diretto da Stanley Donen, con Cary Grant e Ingrid Bergman. Sulla carta un piccolo gioiello della commedia romantica: due mostri sacri del cinema, un regista elegante, e una trama che dovrebbe giocare sull’ironia e i malintesi amorosi.

Il problema è che, visto oggi, il film appare invecchiato malissimo. Più che divertente, risulta imbarazzante. Quello che forse allora veniva percepito come sofisticata leggerezza, oggi suona come una commedia forzata, quasi offensiva nella sua visione dei rapporti di coppia. I dialoghi che dovrebbero brillare di charme appaiono rigidi, e il presunto romanticismo si riduce a cliché che oggi faticano a strappare anche un sorriso.

Non è solo una questione di ritmo o di linguaggio cinematografico ormai datato: è proprio il messaggio sotteso, il modo in cui i ruoli di genere vengono rappresentati, a rendere l’opera indigesta. Ingrid Bergman e Cary Grant fanno del loro meglio, ma sembra di guardarli intrappolati in una cornice che li schiaccia, più che esaltarli.

In conclusione, Indiscreto non è quel “classico senza tempo” che magari qualcuno si aspetta. È piuttosto un esempio di come certe opere possano restare ferme nel loro contesto storico senza riuscire a comunicare davvero qualcosa a chi arriva decenni dopo. Per quanto mi riguarda, un film da vedere solo per curiosità filologica, ma non certo per piacere.


Edizione: bluray
Ho comunque una edizione in bluray abbastanza rara in quanto è la versione italiana. Ma a parte questo, non ha extra, e la traccia italiana è in stereo DTS HD MA. 

martedì 9 settembre 2025

Corto Maltese - Appuntamento A Bahia

 


Dopo Il segreto di Tristan Bantam, Hugo Pratt prosegue il suo trittico con Appuntamento a Bahia, pubblicato originariamente nel 1970. La storia riprende il filo lasciato in sospeso, confermando l’idea che questo arco narrativo sia più simile a un romanzo spezzato in capitoli che a racconti autoconclusivi.

Qui ritroviamo Corto Maltese sempre sospeso tra cinismo e idealismo, un uomo che non si lascia mai ingabbiare in definizioni nette. Ad accompagnarlo ci sono figure che ormai iniziano a delinearsi come ricorrenti: il Professore e Tristan Bantam, giovane alla ricerca di risposte su un mistero che sembra più grande di lui.

Il tono dell’avventura è segnato dall’irrompere del fantastico e dell’esoterico: apparizioni, magie, superstizioni e atmosfere cariche di mistero. Per chi, come me, apprezza Corto soprattutto come personaggio “concreto”, capace di muoversi tra pirati, rivoluzionari e fortune da inseguire, questa dimensione più occulta può lasciare un po’ titubanti. Tuttavia, è proprio in questo equilibrio instabile tra realismo e suggestione magica che Pratt dimostra la sua originalità: non offre certezze, ma lascia al lettore il compito di decidere se prendere sul serio o meno il lato sovrannaturale.

Appuntamento a Bahia funziona bene come capitolo intermedio: fa da ponte, arricchisce i legami tra i personaggi e prepara al successivo tassello del trittico. È forse meno incisivo sul piano narrativo, ma contribuisce a rafforzare quel senso di avventura globale che spinge Corto da un capo all’altro del mondo, senza mai dargli (né darci) il tempo di capire del tutto chi sia.


lunedì 8 settembre 2025

Il Pane Nudo (2005)

 
Regia: Rachid Benhadj
Anno: 2005
Titolo originale:  El Khoubz El Hafi
 Voto e recensione: 6/10
Pagina di IMDB (7.0)
Pagina di I Check Movies
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Non è un film semplice, né pensato per farci passare due ore di intrattenimento svagato. Il Pane Nudo – tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di Mohamed Choukri – è un pugno allo stomaco, un viaggio nel Marocco più crudo e marginale, quello che non compare nelle cartoline patinate di Tangeri e Casablanca.

La storia segue l’infanzia e la giovinezza dello scrittore (anni quaranta e cinquanta), segnata da miseria, fame, violenza e ricerca disperata di dignità. Niente indulgenze, niente edulcorazioni: qui la povertà è nuda, appunto, e viene mostrata senza filtri.

Quello che colpisce è il realismo quasi documentaristico: la macchina da presa non cerca bellezza artificiale, ma verità. È un racconto che a tratti mette a disagio, perché obbliga a guardare dove normalmente distogliamo lo sguardo. Eppure, proprio in questa nudità c’è la sua forza: il film ci ricorda che l’arte non è sempre evasione, ma spesso testimonianza, memoria, denuncia.

Ho trovato Il Pane Nudo un’opera profonda, necessaria, che non si limita a raccontare una vita spezzata, ma diventa il ritratto universale di chi è costretto a sopravvivere in condizioni estreme. Un film che ti resta addosso, come la polvere di una strada che non puoi scrollarti dai vestiti logori con facilità.

Cinema così, raro e coraggioso, non ti fa uscire dalla sala con leggerezza, ma con la sensazione che ogni brandello di realtà narrata meriti di essere ricordato.


 

domenica 7 settembre 2025

Corto Maltese - Il Segreto Di Tristan Bantam

 


Ho appena finito Il segreto di Tristan Bantam, uscito nel 1970, e devo dire che qui Hugo Pratt cambia ritmo rispetto a Una ballata del mare salato. La storia è molto più breve, quasi un frammento, e si legge tutta d’un fiato.

Il vero motore narrativo è Tristan, un ragazzino che si porta dietro un’eredità misteriosa fatta di mappe, enigmi e segreti di famiglia. Accanto a lui, Corto Maltese osserva, ascolta e commenta con il suo solito distacco ironico, senza mai prendersi la scena in modo ingombrante. A colpire, ancora una volta, è questa sua natura da anti-eroe: non guida davvero la vicenda, ma sembra sempre custodire una consapevolezza che agli altri sfugge.

Qui però non c’è un finale vero e proprio: la vicenda si interrompe lasciando tutto sospeso. Non è una storia chiusa, e infatti mi sono informato: Il segreto di Tristan Bantam è parte di un trittico narrativo che prosegue con Appuntamento a Bahia e Samba con Tiro Fisso. Si spiega così la sensazione di “incompiuto” che ho provato arrivando all’ultima tavola.

Rispetto a La giovinezza e a Una ballata del mare salato, questo episodio sembra più un “ponte”: meno epico, ma con il merito di accendere la curiosità. Ci sono nuovi personaggi che forse torneranno, forse no — per ora non posso saperlo, ma resta la voglia di proseguire per capire dove ci porteranno queste tracce.

Insomma, Il segreto di Tristan Bantam non è tanto un approdo, quanto una porta che si apre: resta da vedere cosa ci aspetta dall’altra parte.




sabato 6 settembre 2025

Breathe - Fino All'Ultimo Respiro (2024)

 
 
Regia: Stefon Bristol
Anno_ 2024
Titolo originale: Breathe
Voto e recensione: 5/10
Pagina di IMDB (4.3)
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Non avendo troppo da dire, mi sono fatto aiutare da Viki. Allora: di solito sono decisamente più critico di così, e per questo mi sorprende quasi ammettere che Breathe – fino all’ultimo respiro (2024) non è disastroso — nonostante il budget ridotto e qualche tasto narrativo stonato. Però l’ho trovato interessante, e non male insomma.

Detto questo: non è piaciuto granché, né ai critici, né al pubblico. Su Rotten Tomatoes, il punteggio è glaciale: 14% — praticamente un cartellino rosso . E su IMDb la media è un misero 4.3/10 .

Gli utenti sono stati spietati. Qualcuno ha scritto di scena “tediosamente ripetitive”, con dialoghi e comportamenti “assolutamente stupidi”, e ha definito il montaggio una cosa da “Darwin Awards of survival” .

Altri hanno spiegato che, nonostante attori noti, l’esecuzione è poco credibile e “visivamente non particolarmente impressionante” . Qualcuno non ha avuto mezze misure:

“Una delle cose peggiori che abbia visto negli ultimi decenni.”

Ma hey, niente panico: ci sono sempre cose peggiori, e in una serata di zombie-couch puoi tranquillamente sopravvivere a questo. 😉


Planet Funk live in Castiglione della Pescaia

 

Ieri sera con L abbiamo deciso di fare una puntata a Castiglione della Pescaia. Un po’ per vedere il paese, un po’ per dare un segnale “di presenza” – quelle cose deterrenti che ogni tanto è utile fare – ma soprattutto perché c’era un concerto gratuito che ci incuriosiva: i Planet Funk.

Ammettiamolo: non siamo certo due fan di vecchia data, né tantomeno esperti del gruppo. In realtà conosciamo solo tre canzoni, ma erano abbastanza per farci dire “ok, andiamo a sentirli dal vivo”. La band nasce a cavallo tra anni ’90 e 2000 e ha portato un po’ di respiro internazionale alla musica elettronica italiana, mescolando dance, rock ed elettronica in maniera molto riconoscibile.

Il live ci ha sorpreso in positivo. Nonostante i nostri gusti abituali siano distanti – L che ama la musica classica e io che mi rifugio più spesso nel metal – ci siamo ritrovati entrambi a battere il tempo e a farci trascinare dal ritmo. La scaletta è stata costruita con intelligenza, crescendo fino a chiudere con Who Said, probabilmente il loro brano più famoso e sicuramente quello più atteso dal pubblico. Sentirlo come ultima traccia ha reso il finale appagante, un po’ la ciliegina sulla torta.

Alla fine, la serata ci ha lasciato quella sensazione leggera e piacevole che solo la musica dal vivo sa regalare, anche quando non è del nostro genere preferito. E Castiglione, con la sua cornice estiva e la folla raccolta sotto il palco, ha fatto il resto.




martedì 2 settembre 2025

Sleeping Dogs (2024)

 
Regia: Adam Cooper 
Anno: 2024
Titolo originale: Sleeping Cooper
Voto e recensione: 6/10
Pagina di IMDB
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All’inizio ho storto il naso: ritmo compassato, fotografia un po’ anonima, e quel senso di déjà-vu che ti fa pensare “ok, sarà l’ennesimo thriller da catalogo”. E invece, senza quasi accorgertene, "Sleeping Dogs" ingrana la marcia e comincia a tessere la sua ragnatela di misteri.

Russell Crowe, ormai in piena fase “orso burbero ma magnetico”, regge la scena con quella stanchezza vissuta che gli sta addosso come un guanto. Intorno a lui una regia che non osa mai troppo, ma che sa dosare bene silenzi e colpi di coda. Il risultato? Un thriller che si lascia guardare senza mai sbrodolare, con quell’atmosfera da “non fidarti di nessuno” che tiene viva la curiosità.

Sai che da qualche parte arriverà il colpo di scena – fa parte del gioco – ma il film riesce comunque a sorprendere, evitando la prevedibilità che temevo nei primi minuti. Non è un capolavoro, certo, ma alla fine ti lascia soddisfatto, con la sensazione di aver visto un prodotto solido, più elegante di quanto promettesse la partenza.

Promosso, quindi. Non gridiamo al miracolo, ma se ti piacciono i thriller che si accendono lentamente e non ti prendono per scemo, “Sleeping Dogs” fa la sua figura.


 

lunedì 1 settembre 2025

Aggiornamento Oxygenos 14.0.0.1901 (EX01V100P01)

 

Altro giro, altro aggiornamento. Questa volta si tratta della build V100P01, leggera come un soffio (57 MB), ma tutta dedicata a chi ama archiviare cose senza essere disturbato dalla moralità altrui.

Non ci sono effetti speciali, ma la Protezione dati privati diventa una specie di cassaforte intelligente.
Ecco cosa arriva con questo update:

Protezione dati privati

  • Ora puoi condividere immagini e video direttamente nella sezione segreta.
  • Puoi personalizzare le copertine degli album privati: magari metti un gattino innocente su una cartella... che non contiene gattini.
  • Si possono ordinare per orario immagini e video. Utile quando cerchi quel preciso screenshot che hai fatto alle 03:12 sotto l’effetto di troppa pizza.
  • E infine: puoi aggiungere file direttamente nella sezione “Altri file”.
    Una zona franca per tutto ciò che non ha un’etichetta ma non deve essere visto.

Sistema

  • L’onnipresente “migliora la stabilità”.
    È la camomilla digitale che ci danno con ogni aggiornamento, e noi fingiamo di sentirci più tranquilli.

Conclusione?
Un update piccolo ma preciso, pensato per chi tiene alla privacy quanto al backup.
In fondo, anche il telefono ha diritto a una stanza segreta.

Alla prossima, sempre su VER.
(E no, la sezione “Altri file” non verrà mai mostrata in uno screenshot pubblico.)