giovedì 3 giugno 2010

Stephen King - Cujo

 
Autore: Stephen King
Pagine: 375
Editore: Sperling & Kupfer
Voto  
Pagina di Anobii
 
Trama:
 A Castle Rock, una sonnolenta cittadina del Maine, la vita scorre sui soliti binari. Cujo, il docile San Bernardo del meccanico, scorrazza libero per la campagna... finché, una notte, il suo padroncino, aprendo la porta del ripostiglio, non vede emergere dalle tenebre due occhi infuocati.
Chi è la creatura diabolica che da quel momento comincia a seminare ovunque terrore e desolazione? E' forse Cujo che, diventato idrofobo, si è trasformato nell'incarnazione stessa del male?  
Commento personale (attenzione, rischio spoiler)

Ormai mi sono innamorato di King. Prolisso, troppo commerciale, stantio in alcune parti, scrittura di livello "più basso" rispetto ad alcuni film tratti dai suoi libri, ma chi se ne frega! Rispolverato da me un po' tardi, ma alla fine non è mai troppo tardi, quando una cosa piace. In questo romanzo è riuscito a rendere interessante un avvenimento che preso così, su due piedi non ha niente di particolarmente originale o "tenebroso". Cujo è solo un cane. Un San Bernardo normalissimo, che vive in una normalissima cittadina di periferia (la solita Castle Rock), abitata da gente normale. E Cujo si ammala e prende la rabbia. Niente di che. Sì, i cani rabbiosi sono pericolosi, ma riuscire a crearci intorno una storia horror non è poi così semplice. Una concatenazione di eventi, sfortunati, casuali, fatali fa sì che la normale vita di alcune persone ne venga stravolta. La bravura di King risiede anche nel descrivere determinate situazioni ambientali di alcune famiglie della periferia americana. Non si tratta di stereotipi costruiti per dare un senso alla storia. Ci si concentra invece sulle imperfezioni che possono esserci alla base delle famiglie comuni. Prepotenza, tradimenti, debolezze, aspirazioni mai raggiunte. Il romanzo è questo, e Cujo è soltanto un cane. Un animale che irrompe nel quadro non certo tranquillo di chi lotta per sconfiggere e superare i piccoli e grandi problemi della sua esistenza. Il tutto è arricchito dal tema della paura infantile che sfocia quasi nell'irreale, del presentimento che sfocia la sensitività, nel sonnambulismo che tocca livelli premonitivi. Piccoli temi lasciati cadere qua e là, senza esagerare, senza che offuschino o prevalichino il resto della trama. Gli elementi soprannaturali sono appena accennati, come un ingrediente nascosto di cui si può fare anche a meno, ma che rende la ricetta speciale.
Un altro aspetto positivo (non continuate a leggere se non volete una "spoilerata") è il finale realistico. Non c'è il lieto fine. Perchè chi non ha tifato per la sopravvivenza del piccolo Tad alzi la mano. Ed invece, giustamente, il piccolo di quattro anni muore. Non è una morte fine a se stessa. Il fatto crudele è che nonostante gli sforzi della madre e la rocambolesca ricerca per trovare entrambi, le fatiche risultano vane. Realisticamente terrificante.

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