Partiamo da una verità: Sirens non è solo il primo album dei Savatage, è praticamente la loro prima botta di vita nella scena heavy metal americana — un debutto che ancora oggi, quasi 45 anni dopo, fa girare la testa a chi ama il metallo vecchia scuola. Pubblicato nel 1983, Sirens arriva da Tampa, Florida, registrato praticamente in un giorno a Morrisound Studio con i brani appena finiti di scrivere. Roba da far impallidire qualsiasi calendario di produzione odierno.
Siamo nella fossa primordiale del metal — niente fronzoli prog, niente concetti filosofici da colonna sonora Netflix: qui c’è metallo grezzo, veloce, sanguigno, con riff che ti colpiscono come una secchiata di ghiaccio in faccia. Jon Oliva alla voce e piano, il fratello Criss Oliva alla chitarra — già qui sai che non stai ascoltando roba da discoteca, ma roba che pretende di scuoterti l’anima oltre che il collo.
La prima cosa che salta all’occhio (letteralmente) è la storia della copertina. L’uscita originale aveva un artwork con una nave in mezzo a un mare tempestoso, gothica e sinistra, che calza perfettamente con il mood ancor grezzo e avventuroso del disco. Magari avere quella edizione originale... Ma poi, nelle ristampe europee e americane più diffuse, la cover cambia completamente: un’illustrazione tratta dal libro per bambini The Borribles Go For Broke, con figure quasi fiabesche, che sembra un’esca giocosa in un mare di chitarre taglienti. Questa incongruenza estetica tra copertine è ormai parte del folklore da collezione tra fan e vinilomani — trovare la versione originale fa la gioia di chi colleziona prime edizioni.
E qui arriva l’aneddoto da bar: secondo alcune leggende metallo-popolari del web, l’album doveva essere molto più lungo — quasi un doppio — ma la limitazione fisica dei vinili dell’epoca costrinse la band a separare parte del materiale e darlo poi alle stampe come EP The Dungeons Are Calling l’anno successivo. Jon Oliva stesso ha parlato di questa scelta, e l’espediente alla fine ha fatto la felicità dei fan, regalando due pietre miliari della band invece di una. Esiste comunque, più diffusa oggi ed a prezzi umani, la versione doppia con una tracklist più lunga.
Parliamo del sound: non è ancora il Savatage progressivo che conosceremo nei dischi di metà anni Ottanta e Novanta, ma è già ironclad nella sua foga. La title track che apre il disco è una cannonata che ti lascia senza fiato — riff serrati, ritmica a tutta birra, voce aggressiva e cori che sembrano gridare battaglia. Da lì in poi il disco non si ferma: le tracce scorrono come un treno in corsa tra power metal, speed e accenni di oscurità rituale, ritratto di una band che sta ancora cercando la sua anima ma lo fa con una determinazione feroce.
Ascoltandolo oggi, Sirens ha quel sapore di unicità storica che pochi debutti riescono a evocare: senti l’energia di una band che non ha ancora niente da perdere e tutto da conquistare. Per i fan del metal duro, è una tappa quasi obbligata — non tanto perché sia perfetto, ma perché racconta chi erano i Savatage prima di diventare ciò che poi sarebbero diventati. In un certo senso è come guardare un giovane gladiatore prima della grande arena: con ancora qualche imperfezione, ma con una voglia di spaccare il mondo che ti raggrinza le dita se tieni il volume troppo alto.
Insomma: Sirens non è solo un debutto. È una dichiarazione di guerra colta nel mezzo di una tempesta di chitarre e sudore.

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