venerdì 11 luglio 2025

Terry Miles - Rabbits

 

Autore: Terry Miles
Anno: 2021
Titolo originale: Rabbits 
Voto e recensione: 4/5
Pagine: 496
Acquista su Amazon

Trama del libro e quarta di copertina:

È un normalissimo giorno lavorativo, uguale a tanti altri. Ti hanno assegnato un compito che ti ha assorbito completamente, e quando guardi l’orologio ti accorgi che sono le 4:44 del pomeriggio. Controlli le e-mail, e scopri che hai 44 messaggi non letti. Sorpreso, ti rendi conto che è il 4 aprile:4/4. E quando sali in macchina per tornare a casa il contachilometri segna 44.444. Una coincidenza? O hai appena visto l’ingresso della tana del coniglio?

Rabbits è un colossale Alternate Reality Game che usa il mondo intero come scenario. Da quando è nato, nel 1959, si sono tenute dieci iterazioni e sono stati decretati nove vincitori. Nessuno conosce la loro identità, e non si sa nemmeno in cosa consista esattamente il premio che hanno vinto: forse una favolosa somma di denaro, forse un ingaggio nella CIA, forse addirittura l’immortalità o la chiave per decifrare l’universo. L’unica cosa certa è che più ci si addentra nel gioco, più diventa pericoloso: in passato sono morte delle persone, e il numero di vittime sta crescendo. E ora sta per iniziare l’Undicesima iterazione. K, affascinato da questo mondo segreto, cerca da anni un modo per partecipare. L’occasione si presenta quando il ricchissimo Alan Scarpio, presunto vincitore di una delle passate edizioni, lo contatta per affidargli una missione disperata: c’è qualcosa che non va nel gioco, e K deve risolvere il problema prima che inizi la nuova iterazione, o il mondo intero ne pagherà le conseguenze. Cinque giorni dopo Scarpio viene dato per disperso. Due settimane più tardi, K manca la scadenza. Inizia l’Undicesima iterazione. E tutto a un tratto è in gioco il destino dell’intero universo

Commento personale e recensione:

Non so bene come iniziare questa recensione, perché Rabbits è una di quelle cose che mentre le leggi ti convinci che potresti anche finirci dentro. E forse un po’ è questo il segreto del suo fascino: una gigantesca caccia al tesoro cospirativa, un labirinto di indizi, citazioni, rimandi e teorie da forum notturno — roba da perdersi con piacere.

Di base, Rabbits di Terry Miles è una storia che parla di un gioco segreto che attraversa decenni, continenti e livelli di realtà. C’è chi dice sia un ARG (Alternate Reality Game), chi un culto, chi una trappola. Per i protagonisti è un’ossessione. Per il lettore pure.

Un retrogaming mentale

La cosa più godibile per me — e credo anche per molti lettori — è come Rabbits si nutra di cultura pop geek fino a scoppiare. Qui dentro c’è di tutto: cabinati polverosi in sale giochi anni ‘80, film cult da riguardare in VHS, glitch di vecchi videogiochi, poster consumati appesi dietro una porta. Non so te, ma a me ha fatto venir voglia di riaccendere il Commodore 64 — o di fare un giro su MAME cercando qualche Easter Egg impossibile.

Il libro è un gigantesco mashup, una lista di citazioni sparate a raffica: da Tron a  Matrix, passando per Ready Player One (a cui Rabbits deve qualcosa, anche se qui il tono è meno pop-corn e più cospirativo). Ma c’è pure l’eco di Lost, di The OA, di Dark, di tutto quel filone in cui ogni dettaglio potrebbe contenere la chiave per spiegare il mistero… o farti sprofondare ancora più giù.

Una scrittura che funziona… quasi fino in fondo

Personalmente, mi ha preso tantissimo. Forse perché è scritto come se fosse una conversazione tra nerd di mezzanotte davanti a una bacheca piena di appunti, linee rosse e ritagli di giornale. Funziona bene: ritmo serrato, personaggi bizzarri, teorie folli.
Se devo trovargli un difetto (e qui il mio io pignolo si sfrega le mani) è proprio nel finale: un po’ troppo asciutto, tirato via quasi, come se Miles a un certo punto avesse spento la PlayStation e fosse andato a dormire. Avrei voluto più spiegazioni, più nodi sciolti, più payoff per tutto quel benedetto casino di coincidenze e indizi disseminati per pagine e pagine.

E forse è pure il bello di Rabbits: il mistero non si risolve, si moltiplica. Ma un pizzico di chiarezza in più non mi avrebbe fatto schifo.

Indizi, glitch e la voglia di giocare

Il vero colpo di genio è la struttura a “indizi incrociati”: leggi, metti insieme pezzi, vai a googlare nomi, codici, date. Sembra di tornare a quando si infilavano monetine nei cabinati sperando di trovare qualche bug che ti regalasse una vita extra. In giro ho letto recensioni che lo definiscono “un ARG da salotto” o “una droga per complottisti”. Non hanno tutti i torti.

Anche perché, come nei migliori ARG veri (ti ricordi Cicada 3301? O Polybius?), Rabbits ti mette in testa il tarlo che ci sia davvero qualcosa, là fuori, che puoi cercare pure tu. E quando finisci, la voglia di leggere forum e teorie dei fan è pari solo alla voglia di urlare: “Sì, ma spiegatemelo bene, maledizione!”

In sintesi? Vale la corsa

Se ti piacciono i misteri aperti, i videogiochi vintage, i film dove la realtà si sfalda e i protagonisti paranoici che vedono pattern ovunque, Rabbits è da leggere. Poi magari sbufferai all’ultima pagina perché volevi più risposte — ma scommetto che passerai la notte a cercare connessioni online.

E questo, in fondo, è il miglior complimento per un libro del genere.



giovedì 10 luglio 2025

Damaged (2024)

 
Regia: Terry McDonough
Anno: 2024
Titolo originale: Damaged
Voto e recensione: 4/10
Pagina di IMDB (4.7)
Pagina di I Check Movies
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Non so nemmeno da dove iniziare, ma forse è già questo il problema: Damaged non ha un vero punto di partenza, né di arrivo. Lo guardi, vedi Samuel L. Jackson (che in genere è una garanzia persino quando recita la lista della spesa anche se appunto è più presente del prezzemolo), ti illudi che ci sia un thriller solido a reggere la baracca… e invece niente.

La storia (ammesso che la si possa chiamare così) è una sequela di cliché da manuale: serial killer tormentato? Presente. Detective incupito col passato oscuro? Ovviamente. Colpi di scena? Sì, ma talmente telefonati che ho fatto prima a rispondere io.

Il risultato è un polpettone di dialoghi piatti, tensione sotto zero e scene d’azione messe lì più per far rumore che per dire qualcosa. Jackson ci prova a tirare su la baracca, ma sembra recitare con l’autopilota: ogni tanto sbotta, spara un’occhiataccia, ma poi si ricorda pure lui che la sceneggiatura è fiacca e molla il colpo.

Il finale? Vabbè. Svelare tutto con un twist che non sorprende nemmeno mia nonna dopo due bicchieri di Vin Santo.

Thriller? Sì, come no. Il vero brivido è arrivare svegli ai titoli di coda. Se volete un consiglio: c’è di meglio da fare. Tipo pulire la cappa della cucina.



martedì 8 luglio 2025

Love Is All You Need (2012)

 
Regia: Susanne Bier
Anno: 2012
Titolo originale: Den Skaldede Frisør 
Voto e recensione: 3/10
Pagina di IMDB (6.5)
Pagina di I Check Movies
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Film:

Love is all you need è uno di quei titoli che promettono leggerezza, dolcezza, un sorriso tirato a fine visione. Peccato che invece regali un polpettone indigeribile, infarcito di drammi da rivista Harmony e dialoghi che sembrano scritti in un pomeriggio di pioggia da qualcuno in piena crisi esistenziale.

C’è troppa carne al fuoco: matrimoni, tradimenti, malattie, segreti di famiglia e paesaggi da cartolina sprecati come contorno insipido. Si finisce per provare quasi pena per i poveri protagonisti, impantanati in situazioni improbabili che vorrebbero commuovere o far ridere — ma finiscono per far sbadigliare.

Forse l’unico merito è ricordarci che “l’amore è tutto ciò di cui hai bisogno”… se non hai niente di meglio da fare, tipo stirare.


Edizione: bluray
Semplice edizione con audio in multicanale ed i seguenti extra:
  • Trailer
  • Galleria fotografica 

domenica 6 luglio 2025

Flashdance (1983)

 
Regia: Adrian Lyne
Anno: 1983
Titolo originale: Flashdance
Voto e recensione: 6/10
Pagina di IMDB (6.2)
Pagina di I Check Movies
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Film:

Flashdance è uno di quei film che più che per la storia, ce lo ricordiamo per l’iconografia. Oggi lo guardi e ti rendi conto che in fondo è una fiaba ultra-pop: una saldatrice di giorno e ballerina di notte che sogna di entrare in un’accademia prestigiosa. Il plot è un Bignami di romanticismo anni ’80 condito da tutti i cliché del “se ci credi, ce la fai”, infilati dentro tutine, scaldamuscoli e sudore in controluce.

Però, diamogli atto: la colonna sonora è diventata parte del nostro DNA pop, da What a Feeling a Maniac, senza scordare la nostra Gloria americanizzata, pezzi che ancora oggi partono in radio e ci ritroviamo a cantare (magari mentre nessuno guarda). E la scena dell’audizione finale, con la commissione che da composta passa al battito di mani e piedi, è puro carburante motivazionale, un momento talmente iconico che anche chi non ha mai visto il film la conosce per osmosi culturale.

Il resto? È rimasto lì, incapsulato nei VHS e nei pomeriggi d’estate, insieme ai poster di Jennifer Beals con felpa slabbrata e spallina cadente. Non è brutto, per l’epoca ha fatto scuola, ma se oggi gli ho appioppato un 6 — che su VER è praticamente una stretta di mano e un bicchiere di vino — è solo per rispetto al sound e a quell’energia da sogno americano a passo di danza che, volenti o nolenti, ci ha ipnotizzati almeno una volta.

Fine. Prossimo ballo?

Edizione: steelbook
A parte la custodia metallica ed il flyer l'edizione non è molto valorizzata: nessun extra e traccia audio in stereo.. Insomma si poteva fare meglio.

Roggio e Monte Tontorone

 

Mi sveglio a Roggio, minuscolo borgo che pare uscito da un libro di fiabe (ma di quelle dove alla fine muori sbranato da un lupo, mica quelle disneyane). La prima cosa che mi arriva sul telefono è l’allerta meteo: bufera in arrivo, diluvio universale, vento che scoperchia i tetti, cavallette, piaghe d’Egitto.

Alle 7:00 dovrebbe iniziare la fine del mondo, no forse alle 9:00… Ma sì, perché fidarsi? Però si sa: in montagna puoi anche fare il fenomeno e dire “tanto non piove”, ma quando ti parte la scarica d’acqua mentre sei lì bello imboscato a tre ore dall’auto, capisci perché i vecchi del posto guardano le nuvole e non l’app del meteo.

Quindi stamani ho tirato la coperta un po’ più a lungo, ho mangiato la colazione con la calma di un pensionato a Rimini in bassa stagione e poi sono partito lo stesso.
Prudente ma testardo: il mix perfetto per finire fradicio oppure per smentire i meteoterroristi. Oggi è andata bene: di tutta la pioggia promessa nemmeno una goccia. E non lo dico con arroganza, ma con quel mezzo ghigno di chi se la cava sia per fortuna che per buonsenso.

Il percorso da Roggio al Monte Tontorone non sarà il più famoso, ma sa farsi rispettare: tutto nel bosco, tutto in ombra, tutto un saliscendi che ti fa venire voglia di fermarti ogni dieci minuti a dire “oh ma guarda che bello qui” – anche se a parlare da solo nel bosco sembri un po’ squilibrato.

Davanti a me, come guardie silenziose, ancora una volta le Apuane. Non so come facciano a sembrare diverse ogni volta che le vedi: a volte placide, a volte severe, oggi parevano tranquille, come se anche loro, lassù, si fossero messe d’accordo per non farsi bagnare.

Cammini, pensi a niente (che è la cosa più sana da fare), bevi, sudi, scrocchi le ginocchia, rimugini se tornare a Careggine o deviare verso qualche altro paese semi-abbandonato, ma poi decidi che va bene così: oggi c’è solo da respirare il bosco. E basta.

Il Tontorone, onestamente, non sarà la vetta più celebrata delle guide, ma per me ogni monte è un buon pretesto per dire: ci sono stato, l’ho fatto, ora torno a casa con la testa un po’ più vuota – che vuol dire più piena di roba vera.

Alla fine di tutto, la giornata è filata liscia. Niente bufera, niente pioggia, niente alluvione. Solo io, il bosco, qualche ramo da scansare, i miei soliti pensieri da mettere in fila e le Apuane lì, a ricordarmi che a volte le minacce di catastrofe non sono altro che un ottimo motivo per uscire lo stesso.

Oggi è andata così, e per uno come me basta e avanza per riempire un altro pezzo di Garfagnana nel mio taccuino di esplorazioni da scrivere.

Album fotografico Roggio e Monte Tontorone


sabato 5 luglio 2025

Careggine, Campocatino e Vagli Sotto

 


Ho deciso che altri due giorni di mare, sudore, granelli di sabbia che si incollano ovunque, urla di bambini, famigliole sgocciolanti crema solare e carovane di ombrelloni piantati troppo vicini… potevano essere rimandati. 
 E quindi, per non diventare definitivamente un granchio bollito, ho infilato due magliette nello zaino, le scarpe da trekking (ben due) , borracce e coltellino svizzero che non userò, e sono tornato in quella che chiamo la mia seconda, terza o quarta casa: la Garfagnana.

Chi mi conosce sa che ho un debole per questo fazzoletto di mondo stretto tra le Apuane e l’Appennino. È un rifugio, un parco giochi, un posto dove puoi ancora trovare un sentiero che finisce nel nulla, un borgo dove il tempo si è addormentato e un silenzio talmente denso che fa un po’ impressione se sei abituato ai rumori di fondo delle nostre vite. E anche avere una decina di gradi percepiti in meno. 
Ma soprattutto è un posto dove posso far finta di essere Jack London, seppur senza cani da slitta né orsi bianchi: io, la mia solitudine selettiva (ché sui social ci sono sempre, eh, mica sparisco davvero o blocco le persone) e qualche sfiga logistica che rende tutto più avventuroso.

Primo imprevisto: arrivo a Castelnuovo di Garfagnana e, ovviamente, strada chiusa.
Cartello giallo, deviazione chilometrica, giri della morte, GPS in sciopero. Una bellezza. Ma se uno parte preparato a non farsi rovinare la poesia da un po’ di asfalto sbagliato, allora va tutto bene. Al massimo, tiri fuori due smaremme creative, che aiutano a svuotare i polmoni, e vai avanti.

Secondo imprevisto: il sentiero dei Mulini di Careggine.
Era in programma. Lo avevo segnato sul quaderno dei “to do”, con tanto di asterisco motivazionale. Peccato che il sentiero sia ridotto a uno stato pietoso: frane, erba alta, rovi diabolici, alberi fortezza a ostruire, umidità, zanzare taglia elicottero. Cartello: “Sentiero interdetto”. Sì, ciao.
Ovviamente ho provato lo stesso. Dopo due curve, due tagli, sette punture e sassi spostati, ho capito che il piano B era già pronto da qualche parte nella mia testa. La regola dell’esploratore da strapazzo è questa: non attaccarti a un itinerario come un cagnolino alla ciabatta. Se un sentiero ti sputa fuori, inventane un altro e taglia o allunga. 

Ed è così che, vagabondando a casaccio, ho rimesso insieme una piccola collezione di meraviglie: vedute sulle Apuane che non stancano mai, silenzi così profondi che senti il cuore fare toc toc, Careggine che si difende bene pure senza sentieri puliti, la famosa Panchina Gigante (che non capirò mai se è geniale o una scemenza, ma ci salgo lo stesso) e poi la Via delle Api.
A proposito di api: ci fosse un insetto che non mi ronza intorno quando decido di meditare guardando la valle. Non c’è. Ma pace, è la natura, baby.

Poi l’Oasi di Campocatino: se non ci siete mai stati, vi state perdendo uno dei pezzi più spettacolari di Garfagnana. Un pianoro dolomitico buttato lì sotto il Roccandagia che ti fissa dall’alto, fiero e massiccio come un vecchio nonno di pietra.
Ho fatto il percorso fino all’Eremo di San Viviano – un camminetto breve, ma suggestivo da morire, con quel senso di “mistico rurale” che non guasta mai. Ogni tanto ci vorrebbe una voce narrante in latino che ti accompagna, ma va bene anche il fruscio degli alberi.

Già che ero in zona, ho fatto pure un salto a Vagli Sotto. È quel paese famoso per il lago che ogni tanto (mai) svuotano, svelando i resti di un borgo fantasma. Un po’ post-apocalittico, un po’ instagrammabile. Oggi niente lago svuotato, ma l’atmosfera da fine mondo resta. 


Non importa quante volte tu batta queste stradine, ci sarà sempre una curva che non hai fatto, un sentiero che non hai osato, un bosco di cui ti sei scordato. 
Finché la Garfagnana resterà così – un po’ rude, un po’ burbera, mai del tutto comoda – io ci tornerò. E magari la prossima volta mi porto dietro qualcuno di voi, lettoruncoli tipo gettons. Così, giusto per farvi vedere che tra un selfie e un altro, c’è ancora un bel pezzo di mondo da camminare.

Alla prossima, che qui si esplora sul serio.
— Jack

Album fotografico Careggine, Campocatino e Vagli Sotto