Vomito Ergo Rum
Non lasciare che la morale ti impedisca di fare ciò che è giusto
mercoledì 24 dicembre 2025
Set bicchieri Topographic
Tutti sanno che amo in maniera troppo esagerata le tradizioni. Così, sebbene il regalo del gettons sia arrivato una decina di giorni fa ho fatto il possibile per non aprirlo e tenerlo chiuso fino a pochi minuti fa. D'altra parte è la Vigilia di Natale e i regali si scartano in questo giorno. Sempre come da tradizione il TOM ha voluto fortemente, esigendolo, un piccolo articolo su questo regalo. Tradizione che si è inventato lui, ma un articolo su VER è pur sempre cosa buona e giusta quindi ho deciso di accontentarlo. Mi viene da dirgli "grazie mille zio, regalo molto gradito", ma un uccellino mi spiffera che per lui non sarebbe abbastanza come ringraziamento. Potranno mai le parole essere capaci di descrivere la mia felicità a riguardo? No, quindi è inutile che le scriva. Passiamo adesso al regalo in sè: si tratta di un set di quattro bicchierini. La grandiosità però sta nel fatto sono un "tour" tra le montagne italiane più famose, come le Tre Cime di Lavaredo, il Monte Rosa, il Cervino e il Tofane. Le loro silhouette sono soffiate a bocca artigianalmente in verticale all'interno di ogni bicchiere e rimodellati in 3D. Un connubio tra tradizione e modernità. Come dicono in Francia... per uno shot vertiginoso quanto le vette alpine.
domenica 21 dicembre 2025
Montorsaio Trekking & Presepi
sabato 20 dicembre 2025
Candy Land (2022)
La Rabbia Di Pasolini (2008)
Se c’è un modo per riavvicinarsi al pensiero cinematografico e civile di Pier Paolo Pasolini con occhi contemporanei, La rabbia di Pasolini (2008) è un punto di partenza quasi obbligato. Non un semplice documentario, ma un tentativo di restituire all’opera di Pasolini il volto che avrebbe voluto avere quasi mezzo secolo prima La rabbia di Pasolini inizia con la prima parte sottotitolata Ipotesi di ricostruzione della versione originale del film: è un lavoro curato da Giuseppe Bertolucci, realizzato con la collaborazione della Cineteca di Bologna, dell’Istituto Luce e di altri archivi cinematografici. L’idea di fondo era semplice ma ambiziosa: ricomporre e restituire al pubblico la parte di film che Pasolini aveva immaginato per il suo La rabbia (1963), prima dell’intervento produttivo che ne aveva snaturato la forma originale.
Non si tratta di un remake, ma di un rimontaggio critico e filologico: materiali d’archivio, le sceneggiature originali, testi e registrazioni sono stati ripensati per offrire una versione più vicina al progetto pasoliniano che alla versione mista uscita negli anni ’60. Il film del 2008 dura quasi un'ora e mezza e alterna introduzione, materiale inedito, il montaggio originale di Pasolini e appendici critiche, con letture di versi e commenti contemporanei.
Quello che emerge è un’opera che più che documentario sembra poema visivo e polemico: riflette sui vortici del Novecento – guerra fredda, consumismo, media, rivoluzioni e contraddizioni – attraverso immagini di repertorio e una voce fuori campo che tocca corde profonde (e spesso scomode) della nostra storia culturale e sociale.
L’originale del 1963: cos’era La rabbia?
Per capire il senso di questo restauro è utile tornare all’originale La rabbia del 1963, un progetto fortemente voluto da Pasolini ma finito, all’epoca, in una forma compromessa. Il regista voleva realizzare un film fatto quasi esclusivamente di materiale di repertorio (cinegiornali, immagini di attualità, fotografie) commentato con una voce personale e poetica, capace di incarnare la sua visione critica del mondo.
Il produttore, preoccupato dall’enfasi politica delle sue idee, decise però di affiancare alla parte di Pasolini (comunista) quella di un altro intellettuale allora celebre e nettamente all’opposto: Guareschi. Ne nacque un film in due blocchi – sinistra e destra, protesta e difesa dello status quo – che diluì la forza provocatoria del progetto pasoliniano. Pasolini stesso, pur irritato, accettò di tagliare parte del suo lavoro originale pur di far uscire il film. Non ho visto l'originale ci tengo a dirlo, quindi non saprei come il connubio delle due parti possa aver combinato il materiale a disposizione. Guardare oggi la prima parte resta comunque un esercizio critico sul nostro presente. Le tematiche che attraversano il film come la manipolazione dei media, il ruolo della cultura nella società, le tensioni tra individuo e potere risuonano con vigore nel nostro tempo. È un documento storico, certo, ma anche una sfida: ci invita a pensare con la testa di un autore che non si è mai arreso alla superficialità dei discorsi dominanti.Poi che io non sia riuscito a coglierne intimità, emozioni e e logica è un altro paio di maniche.
giovedì 18 dicembre 2025
Standard Operating Procedure - La Verità Dell'Orrore (2008)
Non sono un ingenuo, né mi definisco un pacifista nel senso più idealista del termine; so bene che la guerra è una macchina brutale e che atrocità simili accadono probabilmente in ogni conflitto, rimanendo per lo più sepolte sotto il peso del segreto militare. In questo caso, però, la bolla è esplosa e tutto, o quasi, è venuto a galla grazie a quegli scatti digitali che sono diventati il simbolo del fallimento morale di un’intera spedizione. Morris analizza i fatti con una freddezza quasi chirurgica, intervistando i protagonisti diretti di quegli abusi — i soldati di basso rango che abbiamo visto sorridere accanto ai prigionieri umiliati — e il risultato è un quadro desolante di deresponsabilizzazione. È fin troppo facile puntare il dito contro l'ultimo anello della catena, ma è evidente che il pesce puzza dalla testa. I veri responsabili, coloro che hanno creato il clima di impunità e hanno teorizzato le tecniche di "interrogatorio potenziato", siedono quasi sempre ai piani alti e, come spesso accade nella storia, trovano sempre una scappatoia legale o politica per restare impuniti.
Il film mette in luce come la mancanza di controlli rigorosi abbia permesso a dei giovani soldati, spesso privi di una guida etica solida, di trasformarsi in aguzzini. Sebbene sia utopistico pensare di annullare totalmente la crudeltà in un contesto bellico — perché sappiamo tutti che la guerra non è mai una bella cosa e porta con sé il peggio dell'umanità — è imperativo pretendere meccanismi di supervisione che limitino il più possibile simili derive. Non basta però guardare verso l'alto; il documentario ci spinge a riflettere sulla necessità di una presa di coscienza che parta anche dal basso. La banalità del male di cui parlava la Arendt si manifesta qui attraverso macchine fotografiche digitali usate come trofei, in un mix di noia, sadismo e obbedienza cieca. Standard Operating Procedure non è solo un resoconto di fatti storici, ma un monito necessario sulla facilità con cui l'essere umano può smarrire la propria bussola morale quando si sente parte di un sistema che giustifica l'ingiustificabile. È una visione difficile, disturbante, ma essenziale per chiunque voglia guardare oltre la propaganda e affrontare la realtà nuda e cruda di ciò che l'uomo è capace di fare dietro le mura di una prigione, lontano da occhi indiscreti.
- Commento audio
- Trailer
- Premiere Q&A con Errol Morris (11 minuti)
- Conferenza stampa con il regista (32 minuti)
- Doplomacy in the age of terror (45 minuti)
- Scene aggiuntive (26 minuti)
- 5 interviste estese
mercoledì 17 dicembre 2025
Assassination (1987)
Bronson interpreta Jay Killion, agente dei Servizi Segreti che deve proteggere la First Lady da una serie di attentati, e sì, tutto si svolge con la prevedibilità di un manuale di cliché: lei inizialmente lo detesta, poi scopre i rischi, fuggono insieme, qualche scena d’azione e boom, fine.
I dialoghi? Molto “guarda che esplode tutto!” e pochissima profondità. La sceneggiatura è piuttosto scarna e non aiuta a far decollare niente, mentre i personaggi secondari sono talmente piatti che potresti confonderli con sagome di cartone.
Nota positiva? Se cerchi un relitto nostalgico degli anni ’80, c’è almeno da apprezzare la presenza sullo schermo della coppia Bronson–Jill Ireland (lei, in uno dei suoi ultimi ruoli), che anche se non aggiunge molto alla qualità del film regala qualche momento leggermente più umano/ironico nel loro rapporto.
E per fan hardcore di Bronson che vogliono vedere il suo stoicismo incrollabile in azione, beh… quel lato lì c’è, anche se non basta a salvare il film.
In definitiva: penoso, con una trama da manuale del “tanto per tenere in piedi 88 minuti” e dialoghi che ti fanno rimpiangere persino il doppiaggio amatoriale. Ma se vuoi un pezzo di cinema ottantiano bizzarro e involontariamente comico, qualche secondo di curiosità lo strappa.

