Non sono mai stato un fan sfegatato di Tolkien. Lo rispetto, certo, e ne riconosco l’impatto gigantesco, ma non ho mai avuto il poster di Gandalf in cameretta né ho imparato il Quenya. Eppure Nightfall in Middle-Earth è uno di quegli album che riesce a farti sentire Tolkien anche senza averlo letto con devozione. È talmente ispirato, orchestrato, vivo... che la sua grandezza supera di slancio la barriera del testo originale. Questo è un disco che respira e racconta, più che semplicemente suonare.
Lo presi in CD anni fa, quando ormai avevo già ascoltato parecchio metal, ma Nightfall fece comunque il botto. A differenza di altri album dei Blind Guardian — pur sempre ottimi, ma talvolta schiacciati da una produzione troppo caotica o da una velocità esasperata — qui tutto è perfettamente equilibrato: le cavalcate, i cori, i momenti acustici, le esplosioni, le pause. È il loro capolavoro. E sì, lo dico senza timore.
Ogni pezzo è un frammento di un mondo. Gli interludi parlati che si intrecciano alla narrazione non sono semplici riempitivi, ma veri respiri drammatici, come sipari che si alzano e si abbassano a segnare il ritmo teatrale dell’epopea. È musica che racconta, che costruisce immagini, che — senza bisogno di effetti speciali — ti sbatte in faccia il dolore di personaggi leggendari, la follia della guerra, il senso di perdita, il rimorso eterno.
L’opener Into the Storm ti prende a ceffoni: sei nel mezzo di una battaglia, le chitarre galoppano, i cori esplodono. Ma poi arriva Nightfall ed è subito chiaro che qui non si scherza: una ballata epica ma piena di tensione, quasi più vicina a un requiem che a un lamento, eppure con una forza melodica da pugno nello stomaco.
Ogni brano potrebbe essere sviscerato per ore: Mirror Mirror che è diventata, a ragione, un’icona live; Blood Tears che ha una costruzione melodrammatica quasi da musical oscuro; The Curse of Feanor che è puro metallo in fiamme, un manifesto di orgoglio e dannazione. Ma forse il brano che più mi colpì al primo ascolto — e ancora oggi mi raggela — è A Dark Passage: lungo, denso, quasi visionario. È lì che i Blind Guardian mostrano fino a che punto si può spingere il power metal senza perdere in coerenza o profondità.
La produzione, affidata a Flemming Rasmussen (già al lavoro con i Metallica di Master of Puppets), è caldissima, stratificata, teatrale. Ogni suono è scolpito, mai lasciato al caso. Gli arrangiamenti vocali sono da pelle d’oca: una vera e propria architettura di voci, con Hansi Kürsch che si dimostra qui — se ce ne fosse ancora bisogno — uno dei frontman più espressivi del genere.
È un album complesso, sì. Serve tempo. Serve attenzione. Ma ripaga. Lo dico da ascoltatore non tolkieniano: Nightfall in Middle-Earth riesce a evocare un mondo e a dargli carne, sangue, fiamme e gloria. Ed è raro, rarissimo, che un disco ci riesca davvero, senza scenografie fittizie o giri di parole. Solo con la musica.
Tracklist (edizione standard CD):
- War of Wrath
- Into the Storm
- Lammoth
- Nightfall
- The Minstrel
- The Curse of Feanor
- Captured
- Blood Tears
- Mirror Mirror
- Face the Truth
- Noldor (Dead Winter Reigns)
- Battle of Sudden Flame
- Time Stands Still (At the Iron Hill)
- The Dark Elf
- Thorn
- The Eldar
- Nom the Wise
- When Sorrow Sang
- Out on the Water
- The Steadfast
- A Dark Passage
- Final Chapter (Thus Ends…)
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