
Strange Darling di JT Mollner è una di quelle sorprese che arrivano senza far rumore e ti piazzano un bel ceffone sul muso. Uno di quei film che parti senza aspettative e finisci con un mezzo applauso da solo sul divano (o al cinema, se sei uno dei tre superstiti che ancora ci va).
La storia, apparentemente semplice – un inseguimento tra un uomo e una donna – si rivela invece un puzzle ben congegnato, montato in maniera volutamente non lineare. I capitoli saltano avanti e indietro nel tempo come un pulp più sobrio, e questo gioco temporale non è solo un vezzo stilistico: ti costringe a rimettere insieme i pezzi con attenzione, mentre i ruoli di vittima e carnefice si sfumano, si scambiano, si ribaltano.
Il regista, JT Mollner, dimostra una bella mano, con uno stile asciutto ma elegante, e soprattutto un grande rispetto per l’intelligenza dello spettatore. Non ti spiega tutto, non ti prende per mano, ma ti butta nella mischia e ti dice: "Ora arrangiati". E per una volta, è bello così.
La tensione regge, l’atmosfera è curata, la fotografia è praticamente un personaggio a sé: sporca, calda, un po’ alla True Detective, ma con meno filosofia da bar e più istinto. E quando pensi di aver capito tutto, arriva il colpo di scena che – se sei onesto – ti fa dire: ok, non l’avevo vista arrivare anche se potevo sospettarlo.
Strange Darling è un film che gioca con la percezione, con il tempo e con la narrazione. Ma lo fa bene. Senza strafare, senza voler essere “troppo indie” o troppo furbo. Una piccola perla che, in mezzo alla fuffa che gira, brilla con la giusta intensità.
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