È Letizia a consigliarmeli, passandomi direttamente un link per l'ascolto.
Ed io mi ci dedico direttamente oggi pomeriggio, mentre cerco un modo per rallentare il tempo senza addormentarmi, mi torna in mente la sua voce: “Prova i Notturni di Chopin. Chiudi gli occhi, poi mi dici.”
Apro YouTube. Niente pubblicità – ho attivato la versione gratuita di Premium proprio per questo e faccio partire i brani che ho, una raccolta completa suppongo . Quasi due ore di musica per pianoforte. Nessuna distrazione. Nessuna voce. Nessuna storia. O forse sì?
Mi sdraio. Occhi chiusi. Non dormo. Respiro.
All’inizio provo a seguire le note come se ci fosse un racconto nascosto, un filo narrativo da svelare. Ma poi capisco che no, non è così che funziona. I Notturni non raccontano, evocano. Sono poesie senza parole, scritte per chi ha occhi chiusi e cuore aperto.
E allora lascio che accada.
Mi ritrovo in una casa che non conosco, ma che sento mia. Stanze ampie, soffitti alti. Tende bianche che svolazzano appena al soffio di un vento gentile. Le finestre sono aperte, l’aria sa di sole e di silenzio. Fuori c’è un giardino all’italiana, geometrico e quieto, con vialetti ghiaiosi e statue un po’ scolorite dal tempo. Sul tavolo bianco, vicino alla finestra, c’è una caraffa di limonata fresca. Fa condensa.
Non c’è nessuno. Solo me stesso, sospeso. Un pomeriggio assolato che potrebbe essere oggi, o due secoli fa. O solo nella mia testa.
La musica va avanti, senza mai interrompersi. A tratti è dolce come un ricordo, a tratti si fa più inquieta, come un pensiero che non riesci a mettere a fuoco. Ma non importa. Perché questo pomeriggio non ha bisogno di parole. Solo di un pianoforte, una stanza vuota e il tempo che rallenta.
Quando la musica finisce – quasi due ore dopo – resto in silenzio ancora un po’. Poi chiedo a VIKI se ho ascoltato tutto, se c’era davvero un filo conduttore che mi sono perso, o se il mio approccio vagamente allucinato era in qualche modo giusto.
Lei mi risponde che no, i Notturni di Chopin non raccontano una storia precisa. Sono nati per evocare, per sospendere, per accarezzare. Non descrivono, suggeriscono. Non insegnano, ma sanno.
Dice che sono miniature dell’anima, che contengono malinconia, amore sussurrato, solitudine che non fa male, luce dorata e ombra gentile.
E allora va bene così.
Ho seguito un racconto che non c’era, eppure mi ha portato lontano. Forse proprio dove volevo andare.
Grazie, Letizia.
E grazie Chopin.
Dal letto, per oggi, è tutto.
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