
Oh, Paris, Texas. Una distesa di silenzio, polvere e malinconia. Un road movie che in realtà non ha nulla di avventuroso: è piuttosto un viaggio dentro un uomo scomparso da se stesso. Wim Wenders prende Harry Dean Stanton — volto scavato, occhi persi — e lo spedisce in un’America di motel, distributori di benzina e deserti infiniti. Ma non ci sono sparatorie, non c’è eroismo: solo una fuga che è una lenta resa dei conti.
Travis è un fantasma che riemerge dopo quattro anni di sparizione. All’inizio non parla, non mangia, cammina come un cane randagio. Ma piano piano ricomincia a riempire di senso le sue stesse tracce. Ritrova il fratello, prova a ricollegare i pezzi di una famiglia frantumata. E lì Wenders ci inchioda: con lo sguardo di un bambino che non sa chi sia suo padre e con la tensione costante di un uomo che forse non vuole, o non può, davvero tornare indietro.
È un film che sembra sospeso in una bolla di luce calda — merito della fotografia di Robby Müller, che regala agli orizzonti texani un’aura quasi mistica. E poi la colonna sonora di Ry Cooder, quel dobro che sfrigola nell’aria come un serpente: una musica che non accompagna, ma punge. Tutto è dolcemente straziante, anche quando non accade nulla. È cinema che si nutre di spazi vuoti, di conversazioni a metà, di sguardi riflessi in un vetro.
Il momento più devastante? Quella cabina erotica dove Travis — finalmente — parla. Racconta, guarda attraverso uno specchio, e noi capiamo che l’unico modo per riconciliarsi è sparire di nuovo. L’amore, in Paris, Texas, è un treno che passa una volta sola e lascia dietro di sé vagoni sventrati.
C’è una bellezza tremenda in questo film: la sensazione che a volte l’unico gesto di salvezza possibile sia non rovinare tutto un’altra volta. Non esiste perdono, non esiste ritorno: esiste solo la dignità di lasciare andare.
Non è un film per chi cerca risposte. È per chi accetta di restare nella polvere, senza bussola, con la speranza che almeno una parte di sé possa rinascere, da qualche parte, lontano da tutto.
Un cinema che oggi sembra quasi impensabile: lento, umile, pieno di silenzi che gridano. Eppure, proprio per questo, necessario.
- Commento audio
- Trailer
- Scene tagliate con commento (23 minuti)
- Chanel in conversation with Wim Wenders (4 minuti)
- Intervista a Wim Wenders del 2022 (49 minuti)
- Introduzione di Wim Wenders alla visione del film (3 minuti)
- Scena aggiuntiva in super8 (7 minuti)
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