
Siamo davanti a un racconto che pare esploso dalle sinapsi di un ingegnere quantistico in overdose da Philip K. Dick, con tracce residue di Douglas Adams e una spolverata di esistenzialismo britannico. L'idea di base – senza spoiler – è che il nostro universo potrebbe essere solo una delle tante (e sbagliate) ramificazioni della realtà. Il titolo originale, Missile Gap, già suggerisce la natura distorta e provocatoria del racconto: e se il nostro mondo non fosse su un pianeta, ma… su qualcosa di molto più assurdo?
Il problema – se vogliamo chiamarlo così – è che Stross, come spesso gli capita, non ha nessuna intenzione di tenerti per mano. Ti butta nel mezzo di una mappa geopolitica alternativa, tra Guerra Fredda, missili nucleari e ipotesi cosmologiche da lasciare basiti anche i fisici del CERN, e tu lettore arranchi cercando di afferrare tutti i fili. Alcuni sfuggono, altri si annodano tra loro, altri ancora – forse – non portano da nessuna parte. E va bene così, almeno per chi ha voglia di perdersi.
Il racconto è corto, ma infarcito di concetti: dalla paranoia post-atomica alla teoria delle stringhe, passando per Lovecraft e le memorie artificiali. Il risultato è affascinante ma denso, quasi oppressivo. Talvolta sembra che Stross abbia avuto troppe buone idee e troppo poco spazio per svilupparle. C'è uno spunto ogni due pagine che meriterebbe un romanzo a sé. E forse questo è proprio il punto di forza e debolezza del racconto: la vertigine di trovarsi in un universo dove nulla è come sembra… ma senza tempo sufficiente per capire come dovrebbe essere.
Per chi ama la fantascienza cerebrale, quella che ti fa sentire ignorante ma vivo, è un piccolo gioiello. Per chi cerca una storia lineare con personaggi ben sviluppati e trama avvolgente: cambiate galassia.
Breve, visionario, denso come un buco nero. Ma ci vuole la bussola (e forse anche una laurea in fisica) per non perdersi del tutto.
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