Lasciata Bergen in mattinata, salgo a bordo di un autobus diretto a Stavanger. Il viaggio dura meno di cinque ore, ma il tempo vola grazie al paesaggio che scorre fuori dal finestrino: coste frastagliate, villaggi di legno, montagne che si specchiano nei fiordi. Prendiamo anche il traghetto per due volte oltre che attraversare tunnell e ponti spettacolari. Un percorso che, pur senza lo spettacolo “scenografico” delle grandi crociere, restituisce un quadro autentico della Norvegia sud-occidentale.
Arrivato a Stavanger e sistematomi nell’appartamento, decido di affrontare la città con calma, a piedi, lasciando che siano le strade e i vicoli a dettare il ritmo della visita.
La prima tappa è Gamle Stavanger, la “vecchia città”. Una cartolina vivente: casette in legno dipinte di bianco, minuscoli giardini fioriti, vicoli silenziosi. È il più grande nucleo europeo di case in legno del XVIII secolo ancora conservate, e passeggiare qui significa immergersi in un’atmosfera sospesa tra museo e quotidianità.
Da qui, con pochi passi arrivo a Øvre Holmegate, soprannominata la “Color Street”. In netto contrasto con il bianco delle casette storiche, questa via è un’esplosione di colori: ogni edificio dipinto con tinte sgargianti, dal fucsia al turchese, secondo un progetto artistico degli anni Duemila che ha dato nuova vita al quartiere. È un luogo perfetto per una pausa fotografica e per respirare un po’ dell’anima giovane e creativa di Stavanger.
Continuo la camminata verso il mare e mi ritrovo davanti allo Stavanger Konserthus, la sala da concerto affacciata sull’acqua. La sua architettura moderna e luminosa, fatta di vetro e linee pulite, racconta una città che non è solo tradizione ma anche contemporaneità e innovazione.
Il cuore verde di Stavanger è il Breiavatnet, il piccolo lago attorno al quale si stende lo Stavanger Park. Un’oasi di quiete con cigni e anatre, perfetta per rallentare il passo prima di visitare la vicina Cattedrale di Stavanger, la più antica della Norvegia, costruita a partire dal 1100 in stile anglonormanno. Le pietre scure della facciata contrastano con la leggerezza del parco e ricordano quanto profonda sia la stratificazione storica della città.
Dopo questo tuffo nel passato, cambio registro con il Museo Norvegese del Petrolio. Costruito come una piattaforma petrolifera che sembra galleggiare sull’acqua, il museo racconta come l’oro nero abbia cambiato il destino della Norvegia a partire dagli anni ’70. Non solo esposizioni tecniche, ma anche installazioni interattive che spiegano il legame, non sempre semplice, tra energia, ambiente e sviluppo sociale.
Infine mi lascio guidare di nuovo verso il porto, il punto più vivo e conviviale della città. Qui si trova Torget, con il mercato del pesce e i ristoranti affacciati sull’acqua. Anche senza sedersi per una cena completa, la zona regala l’atmosfera giusta per concludere la giornata: luci che si riflettono nel mare, profumo di salmone affumicato e l’eco delle voci dei pescatori che da generazioni animano questo spazio.
Così si chiude la mia prima giornata a Stavanger: non una corsa tra attrazioni, ma una passeggiata lenta, in cui storia, modernità e mare si sono mescolati in modo naturale. Una città che sorprende per la sua varietà e che sa essere, al tempo stesso, antica e vivace, silenziosa e colorata.
Album fotografico Arrivo a Stavanger
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