Non sono mai stato un fan del nu metal. Troppo rumoroso, troppo di moda, troppo tutto. Eppure avevo già ascoltato (e apprezzato) i Korn, quindi qualcosa dentro quel frullato di rabbia e ritornelli sapeva colpire. È stato con Toxicity però che ho deciso di andare oltre la semplice curiosità. Complice Rock TV, che a inizio anni Duemila passava a rotazione video come Chop Suey! o Toxicity, la voglia di avere quel disco tra le mani si è fatta urgente. Così l’ho comprato.
Una volta inserito il CD, la confusione apparente diventa un ordine strano, ma efficace. La voce di Serj Tankian è un esperimento continuo, isterico ma sempre a fuoco, mentre la band sembra saltare da un riff all’altro con una precisione chirurgica. È metal, è punk, è qualcosa d’altro. È System of a Down.
Anche la copertina è rimasta impressa da subito: una rivisitazione in chiave “sovversiva” della collina di Hollywood, con il nome della band scolpito nel paesaggio. Una scelta semplice ma potente, come tutto l’album.
Tra tutte le tracce, Aerials spicca come una mosca bianca: melodica, malinconica, stranamente pacata. È anche la mia preferita. Un finale che non ti saresti aspettato, ma che chiude perfettamente il cerchio.
Tracklist (estratto e commentato):
- Prison Song: inizio al vetriolo, testi politici e ritmo martellante. Il manifesto dell’album.
- Needles: velocissima, schizofrenica, con quell’urlo “Pull the tapeworm out of your ass!” che resta impresso.
- Chop Suey!: il singolo per eccellenza. Strofe melodiche, ritornello urlato, e un crescendo che non ti molla più.
- Bounce: divertente e demenziale, un inno al pogo assurdo.
- Toxicity: forse il loro pezzo più riconoscibile. Linea di basso indimenticabile e liriche ambigue, quasi poetiche.
- Aerials: lenta, riflessiva, epica nel suo incedere. Un pezzo da riascoltare sempre, anche fuori contesto.
Toxicity non è un album perfetto, ma ha una personalità così forte che te lo ricordi per forza. In un periodo in cui il nu metal era ovunque, SOAD riuscivano a distinguersi, creando un suono personale, impossibile da replicare. Non li ho mai visti dal vivo (non sono tipo da concerti), ma questo disco, da solo, basta a spiegare il fenomeno.
Uno di quei CD che non solo meritano un posto in collezione, ma che hanno anche il potere di farti esplorare generi che pensavi di non amare. E tanto basta.
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