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venerdì 18 luglio 2025

Osterman Weekend (1983)

 
 Regia: Sam Peckinpah
Anno: 1983
Titolo originale: The Osterman Weekend
Voto e recensione: 4/10
Pagina di IMDB (5.8)
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Non è certo il film che ti aspetti da un regista iconico come Sam Peckinpah, quello che ha riscritto le regole del western e dell’action con Il mucchio selvaggio e Cane di paglia. Eppure Osterman Weekend, uscito nel 1983 e tratto da un romanzo di Robert Ludlum (sì, quello di Jason Bourne), è una creatura strana, ibrida, quasi malata. Ultima opera di un autore ormai provato fisicamente e psicologicamente, è un thriller paranoico che sembra vivere in uno specchio deformante, dove la CIA fa la parte del Grande Fratello e gli amici del weekend diventano sospetti, burattini e potenziali traditori.

La trama in breve: un giornalista televisivo (Rutger Hauer, che pochi mesi prima era il replicante più figo della storia in Blade Runner) viene avvicinato da un misterioso agente (John Hurt) che gli rivela che i suoi amici più intimi sono in realtà spie sovietiche. Bastano pochi minuti e sei già nel delirio: sorveglianza, manipolazione, giochi mentali, intrighi che si accartocciano su sé stessi.

Peckinpah ci mette dentro tutto quello che può: telecamere ovunque, montaggi sincopati, flashback schizofrenici, una regia che alterna momenti di autentica tensione a sbalzi da thriller televisivo anni '70. Il problema? È tutto un po’ sopra le righe. Il romanzo di Ludlum è già un mattone incasinato, il film riesce nell'impresa di renderlo ancora più contorto, aggiungendo il malessere del regista e un'atmosfera straniante da incubo post-Watergate.

Il cast è da urlo: oltre a Hauer e Hurt, ci sono Dennis Hopper (che sembra uscito da un trip acido), Burt Lancaster (quasi in autoparodia), e Meg Foster, con quegli occhi da aliena che inquietano più di mille effetti speciali. Tutti sembrano sapere qualcosa che tu spettatore non capisci fino in fondo. E forse nemmeno loro.

Alla fine, Osterman Weekend è un film imperfetto, malato, invecchiato male ma affascinante. Un esempio di cinema che prova a dire troppo, quando forse sarebbe bastato dire meno ma meglio. Però è anche l'addio amaro di un regista che aveva fatto la guerra al sistema hollywoodiano, e che qui sembra circondato da nemici invisibili.

Insomma: un pasticcio di classe, un bignami di paranoia anni '80. Se ti piacciono i film dove non ti fidi di nessuno (nemmeno del regista), è da vedere almeno una volta.


DVD:
Versione di poco conto che comunque non presenta criticità video, sebbene la qualità non sia certo esaltante. Traccia audio in multicanale, ma con voci dialoghi sul centrale veramente troppo basse. Gli extra:
  • Trailer 

venerdì 4 luglio 2025

Una Donna Per 7 Bastardi (1974)


 
Regia: Roberto Montero
Anno: 1974
Titolo originale: Una Donna Per 7 Bastardi
Voto e recensione: 4/10
Pagina di IMDB (6.1)
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Film:
 Una donna per sette bastardi (1974) è un film che non finirà mai nei libri di storia del cinema — ma forse merita almeno una nota a margine, giusto per ricordarci com’era certa produzione di genere italiana quando si infilava nel filone pseudo-western… ma senza cavalli, senza pistole, senza neppure un duello come si deve.

Qui l’ambientazione è più polverosa di facciata che di sostanza: un gruppetto di uomini rudi, una donna contesa, due calci in faccia, dialoghi da fotoromanzo andato a male. La trama è poca roba, ridotta all’osso: si litiga, si beve, si minaccia, si ride di grana grossa — e si mena. Soprattutto si mena. Le scazzottate sono coreografate a metà, anche senza stunt improvvisati e inquadrature spesso più storte di una sedia sfondata.

Eppure, malgrado tutto, c’è quel fascino sporchissimo di cinema minore che non voleva essere altro se non un passatempo da seconda serata. Un film di cliché appiccicati con la colla: la donna perennemente in pericolo o seducente a comando, i sette maschi rissosi che sembrano usciti tutti dallo stesso bar sotto casa, un regista che probabilmente aveva una sola indicazione: «Buttatevi giù e fate casino».

Insomma, Una donna per sette bastardi è figlio di un’epoca in cui anche la serie B (o C, in questo caso) aveva il diritto di farsi vedere al cinema di provincia o in qualche retro-programmazione notturna. Oggi lo guardi con un occhio mezzo chiuso e un sorriso mezzo aperto: brutto, sì, ma onesto.
E poi, diciamolo: certi “bastardi” di celluloide, col tempo, diventano quasi simpatici.


Edizione: DVD
Ah, Oblivion Grindhouse numero #36: piacciano o piacciano meno, ci portano sempre delle chicche ormai perdute. Qui con scan a 720p da analogico. La qualità infatti non è eccelsa, ci sono sbavautre forti qua e là e si nota l'antichità della pellicola. Non male invece il comparto audio in stereo, anche se pure qui abbiamo alcuni salti e rumorini di fondo. Gli extra sono:
  •  Introduzione di Roger Fratter (4 minuti)
  •  Titoli di testa alternativi
 

mercoledì 2 luglio 2025

Magic - Magia (1978)

 
Regia: Richard Attenborough
Anno: 1978
Titolo originale: Magic 
Voto e recensione: 6/10
Pagina di IMDB (6.8)
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Film:
Non capita spesso di vedere un film che promette una discesa nell’incubo ma non molla mai la presa sul reale. Magic di Richard Attenborough è uno di quei rari casi. Nonostante la presenza di un pupazzo parlante – Fats (Forca) – e di un giovane Anthony Hopkins che già allora sapeva come far tremare lo sguardo, il film non si rifugia mai in scorciatoie soprannaturali. Qui non c’è un demone nascosto nel legno o un fantasma ventriloquo: c’è solo un uomo che perde il controllo. E questo è, a conti fatti, molto più spaventoso.

Corky è un prestigiatore di scarso successo che trova nel pupazzo la sua voce e la sua sicurezza. Ma invece di liberarlo, Forca diventa la gabbia. Hopkins è magistrale nel mostrare questa scissione: gli occhi sempre più sfuggenti, la voce che passa dal balbettio incerto alla tirannia ringhiosa di Forca.  È un doppio ruolo a tutti gli effetti, solo che la controparte è di legno e stoffa.

Quello che funziona meglio in Magic è la coerenza con cui rimane ancorato alla psiche. Nessuna virata horror a effetto, nessuna possessione. Solo la lenta deriva di un uomo che lascia entrare la follia nel proprio numero da baraccone fino a confonderla con la vita vera. La tensione nasce tutta lì: sapere che non c’è un “spirito maligno” a cui dare la colpa. Siamo soli con Corky e la sua voce interiore, truccata da pupazzo.

Il finale non tradisce questa impostazione: niente spiegoni mistici, nessun colpo di scena da brividi facili. C’è solo la logica conseguenza di una mente che non regge più i fili che muovono il burattino. E non è Fats ad animarsi, ma Corky a disfarsi. Come se fosse lui, in fondo, l’unico vero fantoccio di tutta questa messinscena.

Oggi, tra ventriloqui maledetti e bambole possedute a pacchi, Magic resta un piccolo gioiello di equilibrio psicologico, e pure un monito: a volte fa più paura non avere nessuno a cui dare la colpa, se non se stessi.

Edizione: DVD
Versione senza nessuna particolarità se non quella di essere raro nell'edizione con lingua italiana che qui è in mono con spesso voce molte bassa.

mercoledì 25 giugno 2025

Riusciranno I Nostri Eroi A Ritrovare L' Amico Misteriosamente Scomparso In Africa? (1968)

 
Regia: Ettore Scola
Anno: 1968
Titolo originale:  Riusciranno I Nostri Eroi A Ritrovare L' Amico Misteriosamente Scomparso In Africa?
Voto e recensione: 5/10
Pagina di IMDB (6.9)
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Film:

Questo film dal lunghissimo titolo è una commedia che sa di polvere, di sole che cuoce le lamiere e di un’Italia che ancora aveva voglia di perdersi per ritrovarsi. Un titolo chilometrico per un film che – guarda caso – chilometrico lo è davvero: più di due ore e mezza, un formato che oggi ti farebbe chiudere il player al minuto 40. Ma se si resiste, il viaggio merita la fatica.

Il protagonista è Alberto Sordi, qui in modalità imprenditore cinico ma in fondo umano, che parte per l’Africa alla ricerca del cognato scomparso (Nino Manfredi, in stato di grazia). Lo segue l’impiegato fedele e sfigato (Bernard Blier, francese innestato perfettamente nella commedia italiana), ed è subito safari psicologico tra capanne, missioni, indigeni veri e altri visti solo col filtro coloniale.

Il film è figlio del suo tempo, e questo è il suo pregio e il suo limite: una fotografia che gioca con la luce naturale, una sceneggiatura che prende il suo tempo (a volte troppo), e un umorismo che oggi risulterebbe quasi antropologico. Ma è anche un film che osa, che esce dai confini urbani e provinciali per andare a cercare l’avventura, quella con la A maiuscola, anche se poi la trova un po’ per caso, tra una disillusione e un tramonto.

Visto appena dopo Cuore di tenebra di Conrad, è impossibile non notare l’eco: il viaggio nel cuore dell’Africa come viaggio interiore, il personaggio scomparso che si fa leggenda, il protagonista che cambia (o almeno si incrina) durante il tragitto. Certo, qui tutto è più scanzonato, più italiano, più caciara. Ma la traccia c’è. E ti resta dentro.

Alla fine, Riusciranno i nostri eroi... è una commedia filosofica in incognito, mascherata da film di evasione. Ti fa ridere, ti fa riflettere, e a tratti ti lascia lì, nella savana dei tuoi pensieri. Un film d’altri tempi, sì. Ma anche di quelli in cui, forse, ci si perdeva con più onestà.


Edizione: DVD
Semplice edizione in DVD con traccia italiana in multicnaale ed i seguenti extra:
  • Presentazione
  • 2 schede didascaliche 
 

martedì 24 giugno 2025

La Settima Donna (1978)

 
Regia: Francesco Prosperi
Anno: 1978
Titolo originale: La Settima Donna
Voto e recensione: 5/10
Pagina di IMDB (5.6)
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Film:

Ci sono film che non hanno bisogno di mostrare tutto per essere disturbanti. La settima donna di Franco Prosperi (leggero pseudonimo di Francesco) è uno di questi. Un’opera che incide nella carne dello spettatore senza necessariamente farla vedere. E forse è proprio questo il motivo per cui, a distanza di quasi cinquant’anni, continua a far male.

Ambientato in un convento isolato, in un’Italia che sta ancora cercando di capire se crede più in Dio o nel caos post-‘68, il film racconta l’irruzione brutale di tre criminali in fuga, che sconvolgono l’equilibrio sacro di un piccolo gruppo di novizie. Lì, in quello spazio apparentemente protetto, si consuma una lenta e inesorabile discesa nell’orrore. Ma non è l’orrore a cui ci hanno abituato i torture porn americani o i remake acchiappa-click: La settima donna lavora per sottrazione. Le scene più violente ci sono, eccome, ma non vengono mai sbattute in faccia. E proprio per questo risultano ancora più inquietanti.

La violenza non è solo fisica, è psicologica, sacrilega, carica di tensione erotica e repressa. Florinda Bolkan, nel ruolo della suora protagonista, offre una performance intensa, fatta di sguardi, tremori e dignità ferita. Lo spettatore sente addosso la paura, il terrore paralizzante, l’impossibilità di reagire in un mondo dove ogni riferimento morale sembra crollato.

Ed è qui che La settima donna fa scuola. Oggi ci si affanna a imbastire horror sempre più splatter, sempre più artificiali, pieni di sangue finto e urla isteriche. Ma pochi riescono a costruire un senso di violazione così tangibile, di profanazione così potente, come fa Prosperi con pochi elementi: una location claustrofobica, tre uomini come bestie feroci, e il contrasto tra sacro e profano portato all’estremo.

Un film che mette a disagio. Non perché esagera, ma perché non ha bisogno di farlo. Un cinema violento, sì, ma intelligente, che affonda coltelli simbolici nella carne viva del senso di colpa, della paura del diverso, del trauma non detto. Guardarlo oggi fa quasi rabbia: con così pochi mezzi e nessun effetto digitale, riesce a essere più disturbante di decine di titoli recenti pieni di orpelli.

In definitiva, La settima donna è un pugno nello stomaco ancora attuale. Un promemoria su come si può essere spietati senza diventare ridicoli, e su quanto il vero orrore spesso risieda in ciò che non si vede, ma si sente.

Edizione: DVD

Non è un caso che le versioni fisiche (o digitali ) non si trovano con facilità.  Semplice DVD con audio italiano anche in multicanale ed i seguenti extra:

  •  Presentazione (3 minuti)
  • 2 schede didascaliche  

mercoledì 21 maggio 2025

Fumo Di Londra (1966)


Regia: Alberto Sordi
Anno: 1966
Titolo originale: Fumo Di Londra
Voto e recensione: 4/10
Pagina di IMDB (5.7)
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Film:

Diciamolo subito: Fumo di Londra non è un brutto film. È un film... spaesato. Come il suo protagonista. Come il suo regista. Come lo spettatore che, dopo un’ora e mezza, si chiede ancora dove si voleva andare a parare.

Alberto Sordi, nel 1966, si lancia per la prima volta dietro la macchina da presa. Fa tutto lui: scrive, dirige, interpreta. E fin qui, applausi. Il problema è che ci regala una storia che — pur con buone intenzioni — resta a metà strada tra troppe cose: commedia all’italiana, satira di costume, dramma esistenziale, e cartolina turistica con ambizioni da cinema d’autore. Il risultato? Un ibrido confuso, in cui ogni cosa sembra entrare in scena e poi uscire senza aver lasciato il segno.

La trama è quella di Dante Fontana, antiquario romano infatuato dell’Inghilterra aristocratica, che parte per Londra con l’idea di diventare uno di loro. Ovviamente non ci riuscirà, perché l’inglese, per quanto tu possa imitarlo, lo resta solo lui. Ma la parabola di Dante non è né comica né drammatica. È solo... sbilenca. Non decolla mai davvero, non graffia, non emoziona. Segue una linea narrativa che, a tratti, pare scritta giorno per giorno. Vuole essere sofisticata, ma finisce col sembrare incerta.

E poi c'è l’inglese nei dialoghi. Che dire? Un disastro. I personaggi parlano inglese, poi rispondono in italiano, poi tornano all’inglese, ma capiscono tutto come se nulla fosse. Sordi tenta una strana forma di realismo linguistico, ma l’effetto è straniante, a tratti ridicolo. Sembra che nemmeno il film sappia in che lingua dovrebbe esprimersi. Un po’ come il suo protagonista, che non è né carne né pesce: troppo italiano per gli inglesi, troppo “inglesizzato” per gli italiani. E lo stesso vale per la sceneggiatura.

C’è qualcosa di interessante nel tentativo di raccontare l’identità, lo sradicamento, l’imbarazzo di chi sogna di appartenere a un mondo che non lo accetta. Ma è un’idea buttata lì, non sviluppata davvero. Sordi dirige con onestà, ma senza vero slancio. Si percepisce un grande amore per Londra — quella vera, a tinte sbiadite come il fumo, tra pioggia e minigonne — ma manca la cattiveria della satira o la profondità del dramma.

Alla fine, Fumo di Londra è come il suo titolo: evanescente. Ti avvolge per un po’, ma poi svanisce e non lascia molto. Se non la sensazione che anche un gigante come Sordi, ogni tanto, abbia bisogno di una bussola.

Ma va visto? Sì, per curiosità, per completismo, per capire che pure i maestri inciampano. E che a volte, quando cerchi di essere un altro, finisci solo col perdere te stesso.


Edizione: DVD
Vecchia edizione e vecchio DVD, ma traccia audio italiana in multicanale, qualità video non da buttare ed i seguenti extra:
  •  Trailer
  • 2 schede testuali

domenica 13 aprile 2025

Quando I Mondi Si Scontrano (1951)


 Regia: Rudolph Matè
Anno: 1951
Titolo originale: When Worlds Collide
Voto e recensione: 5/10
Pagina di IMDB (6.6)
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Film:
 Se c’è una cosa che il cinema di fantascienza degli anni Cinquanta ha saputo fare bene, è trasformare le paure collettive in spettacolo: atomica, alieni, comunismo, Dio. Quando i mondi si scontrano (When Worlds Collide, 1951) ci aggiunge anche l’apocalisse cosmica, portandola in Technicolor direttamente nel salotto borghese dell’America postbellica. E lo fa con una grazia retrò che oggi puzza di naftalina, ma che allora era puro futuro.

La trama è semplice come una profezia biblica. Un pianeta, Zyra, e la sua stella gemella, Bellus, stanno arrivando dritti verso la Terra con l’intenzione di sfondarla come un proiettile nel burro. La scienza (rigorosamente ben pettinata) se ne accorge, cerca di avvisare l’umanità, ma ovviamente nessuno ascolta. Allora si passa al piano B, che tanto quello A sarebbe stato un casino metterlo in pratica se avessero dovuto salvare tutti: costruire un’arca spaziale per salvare pochi eletti e ripopolare un nuovo Eden su Zyra, che passerà vicino alla Terra prima che Bellus la incenerisca.

Oggi, quando si parla di disaster movie, il pensiero corre subito a titoli come Deep Impact o Armageddon, esplosioni digitali e asteroidi , effetti speciali a palate e budget fuori scala. Ma Quando i mondi si scontrano non è stato da meno, se si considera che è figlio dei primi anni Cinquanta. Gli effetti visivi, premiati con l’Oscar, sono un piccolo miracolo artigianale: modellini, matte painting e trucco ottico che riescono a trasmettere lo stesso senso di catastrofe imminente con mezzi infinitamente più modesti. E proprio per questo, forse, più affascinanti.

Il film non ha paura di mettere sul piatto il dilemma etico: chi merita di salvarsi? Chi decide chi sale sull’astronave? Chi resta a morire in una palla di fuoco? Ma non aspettatevi Sartre. Qui la riflessione è sussurrata, mai affrontata. Alla fine vincono la fede intesa come speranza, la scienza, e qualche colpo di fortuna.

Eppure, Quando i mondi si scontrano non è solo un film-catastrofe: è un racconto morale, un messaggio salvifico travestito da B-movie. L’umanità è condannata, ma può salvarsi se sa ascoltare, cooperare e costruire. E magari amare nel frattempo, perché anche mentre la Terra esplode, ci dev’essere spazio per un bacio hollywoodiano. Visione consigliata con: tazza di caffè americano, pioggia fuori dalla finestra, e voglia di fine del mondo (possibilmente vintage).

Ah, ci sta che la traccia omonima degli Iron Maiden, tolte le metafore sullo scontro tra la band ed il nuovo cantante Blaze Bayley, possa riferirsi al film. Non ho indagato a fondo, quindi non trovo riscontri.

Edizione: DVD
Versione della Paramount con traccia audio in stereo e come extra:
  • Trailer

domenica 6 aprile 2025

Camping (1957)

Camping
Regia: Franco Zeffirelli
Anno: 1957
Titolo originale: Camping
Voto e recensione: 5/10
Pagina di IMDB (6.1)
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Film:

A volte capita di pescare un titolo dal mucchio della propria collezione senza ricordarne il motivo dell’acquisto. Con Camping di Franco Zeffirelli è successo proprio così. Forse la curiosità per il debutto cinematografico di un regista poi divenuto maestro del melodramma e del teatro filmato, forse l’idea che potesse nascondere qualche scintilla anticipatrice. Spoiler: non la nascondeva.

Camping è una commedia leggera, anzi leggerissima, ambientata in un campeggio sul mare dove si intrecciano storie d’amore, gelosie da villeggiatura e caricature sociali. C’è il romano spaccone, la bella ingenua, il fidanzato sospettoso, e varie comparse che portano avanti alcune scene. Il tutto avvolto in un tono da “vacanze in bianco e nero” che oggi suona più stanco che nostalgico.

Il problema principale è che il film non ha mai davvero un’identità: né abbastanza cinico per essere satira, né abbastanza buffo per strappare risate. Però c'è da dire che serve per farsi  un'idea dello spaccato del periodo, in cui già molte cose stavano cambiando. Alcuni passaggi sembrano sketch scollegati più che una narrazione coerente, e anche il ritmo risente dell’ingenuità dell’esordio.

Ma è il finale che potrebbe lasciare l’amaro in bocca (non a me, ma in generale): gli schiaffi che si scambiano Marisa Allasio e Paolo Ferrari, in una sorta di balletto della gelosia risolto a suon di ceffoni, oggi non fanno ridere. E non dovrebbero. Sono il sintomo di un’epoca in cui la violenza domestica si camuffava da farsa sentimentale. Un momento che potrebbe mettere a disagio e che fa scattare più riflessioni che sorrisi.

Vale la visione solo per completismo o per chi ha voglia di vedere da dove è partito Zeffirelli, prima di diventare "Zeffirelli". Un pezzo d’epoca che, come certe tende da campeggio anni ’50, oggi mostra tutte le cuciture allentate.



Edizione: DVD
Versione in DVD con traccia italiana in stereo ed i seguenti extra: 
  • Locandina originale
  • Galleria fotografica
  • 3 schede testuali
 

mercoledì 2 aprile 2025

Dark Crystal (1982)


Regia: Jim Henson, Frank Oz
Anno: 1982
Titolo originale: The Dark Crystal
Voto e recensione: 6/10
Pagina di IMDb (7.1)
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Film:
"Dark Crystal" è un film del 1982 diretto da Jim Henson e Frank Oz (al suo primo lavoro come regista), un'opera pionieristica che ha ridefinito il cinema fantasy attraverso l'uso esclusivo di marionette e pupazzi animatronici (termine oggi in disuso). Ambientato nel mondo di Thra, la storia segue le avventure di Jen, l'ultimo sopravvissuto della razza dei Gelfling, incaricato di ripristinare l'equilibrio rompendo l'oscuro dominio degli spietati Skeksis. Tuttavia, il vero punto di forza del film non è tanto la trama, quanto l'incredibile lavoro di sviluppo e design che lo ha reso un capolavoro visivo e tecnico.

La concezione di "Dark Crystal" nacque dall'ossessione di Jim Henson per le fiabe oscure e le mitologie antiche. L'universo del film fu plasmato grazie alla collaborazione con Brian Froud, illustratore di talento che creò l'estetica unica delle creature e degli ambienti. Ogni dettaglio visivo, dalle architetture alle piante di Thra, fu studiato per sembrare parte di un mondo organico e antico, con un forte richiamo all'Art Nouveau e alle forme naturali.

Un aspetto rivoluzionario del film fu l'uso avanzato delle marionette. Le creature di "Dark Crystal" erano dotate di meccanismi sofisticati che permettevano un'ampia gamma di espressioni facciali e movimenti fluidi. Gli Skeksis, per esempio, richiedevano più operatori per essere manovrati: uno per la testa e la bocca, uno per le mani e altri per i movimenti corporei. La tecnologia animatronica utilizzata fu tra le più avanzate del periodo, gettando le basi per film successivi come "Labyrinth".

Curiosamente, il film inizialmente prevedeva che gli Skeksis parlassero una lingua inventata, ispirata a lingue antiche come il tedesco medievale e l'egiziano. Tuttavia, i test di proiezione rivelarono che il pubblico faceva fatica a seguire la storia, portando alla decisione di doppiarli in inglese. Anche le scene di volo dei Landstrider, le creature simili a giraffe che aiutano i Gelfling, furono una sfida tecnica: gli attori che li interpretavano camminavano su trampoli appositamente progettati, dando l'illusione di una locomozione naturale.

Rivedere "Dark Crystal" oggi significa immergersi in un mondo che non ha perso il suo fascino. Le tecnologie digitali hanno ormai soppiantato gli effetti pratici, ma il film rimane una testimonianza di quanto si potesse ottenere con maestria artigianale e creatività pura. Un'opera da riscoprire, soprattutto per chi apprezza il lato artistico e tecnico della cinematografia fantasy. Io non sono mai stato un fan del genere, ma alcuni lavori gasano.

Edizione: doppio DVD
Collector's Edition di scarso valore economico, ma contenente due dischi DVD. Nel primo il film con traccia in Dolby Digital a 4 canali, rarissima come cosa ed il secondo con esclusivamente contenuti extra. Ecco come questi sono suddivisi:
Disco 1:
  • Commento audio di Brian Froud
Disco 2: 
  • The World of The Dark Crystal (57 minuti)
  • Reflections of  The Dark Crystal (37 minuti)
  • 8 scena extra
  • 2 gallerie fotografiche
 

domenica 30 marzo 2025

La Cosa Da Un Altro Mondo (1951)

Image of 1951 theatrical poster
Regia: Christian Nyby, Howard Hawks
Anno: 1951
Titolo originale: The Thing From Another World
Voto e recensione: 5/10
Pagina di IMDB (7.1)
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Film:

Quando si parla di "La Cosa", il capolavoro di John Carpenter del 1982 viene spesso considerato il punto di riferimento assoluto. Tuttavia, il film di Carpenter ha un predecessore predecessore del 1951, La Cosa dell'altro mondo (The Thing from Another World), diretto da Christian Nyby sotto la supervisione del grande Howard Hawks (regista non accreditato)

Basato sul racconto Who Goes There? di John W. Campbell, questo film rappresenta la prima trasposizione cinematografica dell'idea di un'entità aliena ostile confinata in un avamposto isolato. Pur essendo lontano dalle atmosfere paranoiche e viscerali della versione di Carpenter, mantiene comunque un valore storico e cinematografico significativo. Si tratta quindi di un horror fantascientifico dal taglio classico

Il film segue un gruppo di scienziati e militari in una base artica che scoprono e riportano in vita una creatura aliena imprigionata nel ghiaccio. A differenza della versione di Carpenter, qui la minaccia è più concreta e meno subdola: il mostro è una creatura umanoide che si muove e attacca come un predatore implacabile. Non c'è il concetto di assimilazione o imitazione, ma piuttosto uno scontro diretto tra uomini e alieno con una struttura di tipo vegetale, ma comunque dalle sembianze umanoidi.

Uno degli elementi più interessanti del film è il ritmo incalzante dei dialoghi, tipico dello stile di Hawks, che dona realismo e dinamismo alle interazioni tra i personaggi, anche se a distanza di oltre settanta anni possano questi sembrare davvero vetusti. Anche se le tensioni tra scienza e militarismo sono presenti, il film si schiera decisamente dalla parte dell'azione e della risoluzione pragmatica del problema, a differenza del più ambiguo e angosciante approccio carpenteriano.

Dal punto di vista visivo, il film è figlio della sua epoca: gli effetti speciali sono rudimentali e la creatura, pur inquietante nel suo design, non riesce a trasmettere lo stesso senso di terrore e mistero della versione di Carpenter. Inoltre, il tema dell’invasione aliena riflette il clima della Guerra Fredda e la paura dell’ignoto, più che un vero e proprio horror psicologico.

Se confrontato con la pellicola del 1982, La Cosa dell'altro mondo risulta meno incisivo e meno spaventoso, ma rimane comunque un pezzo importante della storia del cinema di fantascienza. La sua importanza non si misura solo con gli standard attuali, ma con la sua influenza sul genere e sulla sua capacità di introdurre un concetto destinato a essere sviluppato con maggiore profondità e inquietudine nel futuro.

Pur preferendo il film di Carpenter, riconosco il merito di La Cosa dell'altro mondo come una delle prime pellicole a portare sullo schermo la paura dell’ignoto extraterrestre. È un film che va visto con la giusta contestualizzazione storica e che, nonostante i suoi limiti, rimane un classico della fantascienza anni ’50. Se si vuole comprendere l’evoluzione dell’horror e della sci-fi, è una visione obbligata.

Edizione: doppio DVD
Edizione a cofanetto con slipcover in cartoncino, purtroppo un solo artwork ripetuto anche sulla custodia, che contiene oltre che a due dischi DVD anche una cartolina rigida con la locandina originale. Nel primo disco abbiamo la versione con colori (lavoro non perfetto vista l'età, ma godibile) mentre nel secondo quella originale in bianco e nero con formato originale. In entrambe le versioni la traccia audio italiana è in stereo e gli extra sono i medesimi:
  • Trailer
  • Galleria fotografica
  • 2 schede testuali

sabato 29 marzo 2025

Artigli (1977)


Regia: Denis Heroux
 Anno: 1977
Titolo originale: The Uncanny
Voto e recensione: 3/10
Pagina di IMDB
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Film:
 Artigli (titolo originale "The Uncanny") è un film horror antologico del 1977 diretto da Denis Héroux, che esplora il lato oscuro e vendicativo dei gatti attraverso tre episodi distinti, incorniciati dalla storia di uno scrittore (Peter Cushing) deciso a dimostrare al suo editore (Ray Milland) la natura malefica dei felini.

Trama degli episodi:

  1. Londra, 1912: Una ricca anziana decide di lasciare tutta la sua eredità ai suoi gatti, scatenando l'ira della sua domestica e del nipote, che complottano per distruggere il testamento. Tuttavia, i gatti si rivelano protettivi e vendicativi nei confronti della loro padrona.

  2. Quebec, 1975: Lucy, una giovane orfana, si trasferisce a vivere con la zia e la cugina, che la maltrattano. Con l'aiuto del suo gatto Wellington e della magia nera, Lucy trova un modo per affrontare le sue oppressioni.

  3. Hollywood, 1936: Un attore (Donald Pleasence) trama l'omicidio della moglie per favorire la sua amante, ma il gatto della defunta non tarda a vendicarsi. In questo episodio, Donald Pleasence sembra divertirsi particolarmente nel suo ruolo, conferendo un tono più grottesco e ironico alla vicenda rispetto agli altri segmenti.

Come grande maestro di critica cinematografica punto il dito su una sceneggiatura banale e una regia poco ispirata, nonostante la presenza di attori di calibro come Cushing, Milland e Pleasence.

Tuttavia, il film presenta elementi di interesse per gli appassionati del genere horror antologico, soprattutto per l'atmosfera vintage e l'approccio narrativo tipico delle produzioni Amicus, nonostante questa non sia direttamente coinvolta nella produzione. La presenza di attori iconici e l'idea di esplorare la natura vendicativa dei gatti conferiscono al film un fascino particolare, anche se l'esecuzione potrebbe non soddisfare tutti gli spettatori.

"Artigli" offre uno sguardo curioso sul mondo dei felini attraverso storie che mescolano suspense, vendetta e un tocco di umorismo nero. Pur non essendo un capolavoro del cinema horror, può risultare interessante per chi apprezza le antologie e desidera riscoprire il fascino dei film di genere degli anni '70.

Edizione: DVD
Qualità un po' bassina, ma probabilmente si tratta di un film anzianotto e di serie B, quindi nessuno ha fatto salti mortali per portarlo in alta definizione. Comunque traccia audio in multicanale e come extra:
  • Galleria
  • Trailer
 

giovedì 27 marzo 2025

Archiviare film fisicamente

 

IL DECLINO DEL SUPPORTO FISICO: ANCHE I MOBILI GETTANO LA SPUGNA

C’è un problema sottovalutato nell’inarrestabile declino del supporto fisico: trovare un mobile decente per i DVD e i Blu-ray è diventata un’impresa titanica. Non parlo delle solite librerie IKEA che si adattano a tutto e a niente, ma di veri e propri espositori pensati per collezioni organizzate, magari con dimensioni studiate apposta per evitare di sprecare spazio.

Una volta, chi collezionava film aveva a disposizione interi cataloghi di soluzioni dedicate. Torri porta-DVD, scaffali modulari, persino eleganti mobili con ante a vetro. Poi è arrivato lo streaming, il digitale, il cloud. E con essi, la desertificazione del mercato dei supporti fisici. Non solo i film in formato disco sono diventati prodotti di nicchia, ma anche i mobili per contenerli sono scomparsi quasi del tutto. Se cerchi qualcosa oggi, ti ritrovi a fare i conti con quattro possibilità:

  1. L’usato vintage – Oggetti fuori produzione, spesso trovabili solo su eBay o mercatini dell’usato. Peccato che molti abbiano design discutibili o siano progettati in plastica per le collezioni non proprio da esporre 
  2. Adattare mobili generici – Le librerie BILLY e KALLAX di IKEA regnano sovrane. Ma sono soluzioni pensate per libri, non per DVD e Blu-ray, con ripiani spesso troppo profondi o altezze inutilmente abbondanti. Un’accozzaglia di dischi che scivolano indietro, di spazi vuoti e di organizzazioni raffazzonate.
  3. Soluzioni artigianali – Farsi costruire mobili su misura è possibile, ma decisamente costoso. Oppure bisogna armarsi di pazienza e spirito di adattamento, modificando mobili esistenti con divisori e staffe improvvisate.
  4. Sborsare soldi o perdere tempo – Esistono ancora prodotti specifici, ma spesso hanno prezzi ingiustificatamente alti o si trovano solo in negozi di nicchia. L’alternativa è passare ore su vari store online, confrontando modelli che sembrano perfetti in foto ma che poi, nei dettagli, hanno sempre qualche difetto o limite frustrante.

Nel corso degli ho trovato comunque diverse soluzioni, anche se purtroppo con disponibilità limitata. Non me ne vogliate, ma a sto giro non metto link per paura che possiate finirmi ogni scorta. 

Questa situazione è lo specchio di una realtà ormai evidente: il mercato non crede più nei supporti fisici, e di conseguenza non investe più nei complementi d’arredo per chi vuole conservarli. Chi colleziona film oggi è costretto a muoversi come un archeologo nel proprio tempo, cercando di preservare con dignità qualcosa che il mondo ha deciso di abbandonare.

Eppure, il paradosso è che il supporto fisico, per gli appassionati, ha ancora un valore insostituibile. Qualità video e audio superiore, edizioni limitate, contenuti speciali, il piacere di possedere qualcosa di tangibile. Ma per il mercato, se non puoi chiuderlo in un hard disk o in un server, semplicemente non esiste più.

Mi chiedo fino a quando si troveranno ancora mobili adatti prima che anche gli ultimi esemplari diventino reliquie di un’epoca passata. Magari, tra qualche anno, il mobile porta-DVD diventerà un pezzo d’antiquariato, un oggetto di culto per collezionisti nostalgici. Ma fino ad allora, chi non vuole rinunciare a esporre la propria collezione dovrà accontentarsi di soluzioni di fortuna. O costruirsele da solo.

Libri e vinili resistono, i CD arrancano

C’è però una curiosa eccezione a questo declino generalizzato: i libri. Fortunatamente, per loro esistono ancora librerie di ogni forma e dimensione, pensate per ospitare collezioni di qualsiasi genere. Anche il vinile, dato per morto decenni fa, è riuscito a risorgere con una forza inaspettata, e infatti non è raro trovare mobili specifici per raccogliere e organizzare LP in modo ordinato e funzionale.

I CD, invece, seguono la triste sorte dei DVD. Anche loro sembrano ormai confinati alla categoria degli ingombri inutili, tanto che trovare un mobile decente per esporli è quasi altrettanto difficile. Sembra che il mondo abbia deciso che la musica debba esistere solo in digitale, senza più bisogno di spazio fisico.

Alla fine, sembra che la selezione naturale dell’arredamento abbia decretato che solo alcuni supporti meritano di sopravvivere. Per il resto, ci tocca arrangiarci.


mercoledì 26 marzo 2025

Il Magnifico West (1972)

Il magnifico west (Oblivion Grindhouse)
Regia: Gianni Crea
Anno: 1972
Titolo originale: Il Magnifico West 
Voto e recensione: 2/10
Pagina di IMDB (4.1)
Pagina di I Check Movies
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Film:

Negli anni ‘70, con il declino dello spaghetti western classico, il genere si è frammentato in vari sottogeneri, tra cui la parodia e il western avventuroso a basso costo. Il Magnifico West, diretto da Gianni Crea, appartiene proprio a questa seconda categoria, un film che cerca di mescolare azione, ironia e scenari tipici del western all’italiana, ma con risultati altalenanti.

La trama è piuttosto convenzionale: duelli, banditi, sceriffi e un protagonista che incarna il cliché del cowboy scaltro e abile con la pistola. Tuttavia, il film soffre di una produzione povera, con scenografie poco credibili e un montaggio spesso approssimativo. La regia di Crea è funzionale, ma manca del tocco distintivo che ha reso celebri i grandi registi del genere, come Sergio Leone o Sergio Corbucci.

Dal punto di vista della recitazione, gli attori fanno quello che possono con i dialoghi a disposizione, ma i personaggi risultano spesso macchiettistici. A tratti, il film assume involontariamente toni comici, soprattutto per la scarsa cura nella messa in scena di alcune sequenze d’azione.

Un aspetto curioso del film è la presenza di Fiorella Mannoia nel cast: Il Magnifico West segna infatti il suo primo accredito ufficiale al cinema. Prima di diventare una delle voci più celebri della musica italiana, la Mannoia ha avuto una breve carriera come stuntwoman e attrice in alcuni film di genere, e questo western rappresenta una delle sue prime apparizioni sul grande schermo.

Nel complesso, Il Magnifico West è un prodotto di serie B che può incuriosire gli appassionati di western italiani minori, ma difficilmente lascerà il segno in chi cerca un film davvero avvincente o memorabile. Un titolo da riscoprire più per curiosità storica che per reale valore cinematografico.


Edizione: DVD
 
Uscita #31 della collana Oblivion Grindhouse che ha riportato in auge una serie di lavori senza tempo. Traccia italiana in stereo e nessun extra, ma una buona resa fatta eccezione per alcune scene scure che sgranano un po'

sabato 22 marzo 2025

La Vittima Designata (1971)


Regia: Maurizio Lucidi
Anno: 1971
Titolo originale: La Vittima Designata
Voto e recensione: 5/10
Pagina di IMDB (6.6)
Pagina di I Check Movies
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Film:

Il thriller italiano degli anni ’70 ha spesso cercato di mescolare tensione psicologica e atmosfere noir, e La Vittima Designata di Maurizio Lucidi ne è un perfetto esempio. Uscito nel 1971, il film si inserisce nel filone del giallo all’italiana, ma con forti influenze hitchcockiane, in particolare dal classico Delitto Per Delitto – L’altro Uomo (1951), di cui riprende lo spunto narrativo dello scambio di omicidi.

La storia ruota attorno a Stefano Augenti (Tomas Milian), un pubblicitario milanese con una vita frustrante. Intrappolato in un matrimonio infelice con la ricca moglie Luisa (Marisa Bartoli), Stefano ha una relazione con una giovane amante e sogna di fuggire con lei. Durante un viaggio a Venezia, incontra il misterioso Conte Matteo Tiepolo (Pierre Clémenti), un aristocratico eccentrico e manipolatore che gli propone uno scambio di delitti: il Conte ucciderà la moglie di Stefano, mentre lui dovrà eliminare il fratello di Tiepolo, con cui ha un rapporto di odio profondo. Stefano, inizialmente scettico, si ritroverà presto coinvolto in un gioco mortale.

Uno degli elementi più riusciti del film è la sua ambientazione. Venezia, con i suoi canali e palazzi decadenti, diventa il palcoscenico perfetto per una storia di inganni e ossessioni. La fotografia di Aldo Tonti sfrutta al meglio la città lagunare, creando un’atmosfera sospesa tra il gotico e il surreale. Il contrasto tra Milano e Venezia è netto: la prima è rappresentata come una metropoli grigia e opprimente, mentre la seconda è quasi un labirinto onirico in cui il protagonista si perde, non solo fisicamente ma anche psicologicamente.

Tomas Milian offre una performance misurata, lontana dai suoi ruoli più iconici nel cinema poliziottesco. Il suo Stefano è un uomo debole e tormentato, prigioniero delle proprie scelte. Pierre Clémenti, invece, è perfetto nel ruolo del Conte Tiepolo: elegante, ambiguo, quasi diabolico. Il suo personaggio è il vero motore della vicenda, un burattinaio che sembra muoversi con sicurezza in un mondo di inganni e illusioni.

Rispetto ai classici gialli italiani del periodo, La Vittima Designata si distingue per un ritmo più lento e un approccio più psicologico. Non ci sono efferati omicidi o gesta spettacolari, ma una tensione sottile che cresce scena dopo scena. Il film gioca molto sulla suggestione e sulla paranoia del protagonista, portandolo verso un finale beffardo e quasi inevitabile.

Un aspetto curioso per chi è abituato alla filmografia italiana di Tomas Milian è il fatto che qui reciti con la propria voce, senza il classico doppiaggio di Ferruccio Amendola. Questo crea una sensazione particolare per lo spettatore, rendendo il personaggio di Stefano Augenti ancora più distante dai ruoli successivi di Milian. Un dettaglio interessante emerge in una battuta in cui il protagonista dice "tocca legno" invece di "tocca ferro", un'espressione che probabilmente riflette le sue origini cubane e che suona inconsueta in italiano. Questo piccolo slittamento linguistico aggiunge ulteriore fascino alla performance, rendendo Stefano un personaggio ancora più fuori posto nel mondo in cui si muove.

La vittima designata è un thriller raffinato e affascinante, che merita di essere riscoperto. Pur ispirandosi chiaramente a Hitchcock, riesce a costruire una propria identità, grazie alla regia di Lucidi e alle ottime interpretazioni di Milian e Clémenti. Un film elegante e inquietante, che lascia lo spettatore con un senso di ineluttabilità tipico dei migliori noir.


Edizione: DVD
Edizione italiana abbastanza rara con traccia originale in stereo Dolby Digital ed i seguenti extra:
  • Trailer
  • locandina originale
  • Galleria fotografica
  • 2 schede con immagini e testuali
 

sabato 15 marzo 2025

5 Bambole Per La Luna D'Agosto (1970)

5 Bambole Per La Luna D'Agosto
 Regia: Mario Bava
Anno: 1970
Titolo originale: 5 Bambole Per La Luna D'Agosto
Voto e recensione: 4/10
Pagina di IMDB (5.7)
Pagina di I Check Movies
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Film:

Mario Bava è un maestro del cinema di genere, un regista che ha lasciato il segno nel giallo e nell’horror con il suo stile visivo inconfondibile. Ma anche i migliori, a volte, inciampano. 5 Bambole Per La Luna D'Agosto è un giallo/thriller che cerca di cavalcare l’onda del whodunit alla Agatha Christie (Dieci Piccoli Indiani) e del cinema pop anni ‘70, ma finisce per essere un pasticcio che si ricorda più per le atmosfere e le scenografie che per la trama o la tensione.

La storia è un classico del genere: un gruppo di persone ricche e viziate si ritrova isolato su un’isola privata. C’è un industriale con un brevetto segreto, amici falsi, tradimenti vari e ovviamente un assassino che inizia a fare fuori gli ospiti uno per uno. Fin qui, tutto bene. Peccato che il film si dimentichi di creare tensione e costruire un vero mistero, preferendo una serie di omicidi piuttosto casuali e un intreccio che spesso sembra improvvisato.

Ma se la trama zoppica, l’estetica salva il film. 5 Bambole Per La Luna D'Agosto è un tripudio di colori sgargianti, vestiti improbabili e ambientazioni moderniste da rivista di design. L’isola sembra un set di Diabolik, con architetture eleganti, lampade psichedeliche e letti girevoli che probabilmente oggi si trovano nei mercatini vintage a prezzi assurdi. La colonna sonora di Piero Umiliani è un altro punto forte: jazz lounge e groove anni ’70 che rendono il tutto ancora più surreale.

E poi ci sono le "bambole" del titolo: i cadaveri delle vittime vengono messi in cellophane e ammassati in una cella frigorifera come fossero surgelati del discount. L’effetto è inquietante, ma anche un po’ ridicolo, perché a un certo punto sembra che il killer stia facendo scorte per l’inverno.

Il problema principale è che Bava stesso non amava particolarmente il film: lo girò velocemente su commissione e si vede. La tensione latita, i personaggi sono poco caratterizzati e il finale arriva più per sfinimento che per una costruzione logica. Insomma, è un giallo che si guarda più per il fascino estetico che per la suspense.

Verdetto finale? Abbiamo un thriller kitsch, elegante e stiloso, ma anche confuso e poco coinvolgente. Più che un capolavoro, è una curiosità da vedere con lo spirito giusto: magari sorseggiando un Negroni, con una lampada a lava accesa e una playlist lounge anni ’70 in sottofondo.


Edizione: DVD
Edizione molto scarna con qualche difettuccio video dovuto all'età della pellicola, traccia in stereo ed i seguenti extra:
  • 3 schede testuali

giovedì 13 marzo 2025

Tutti A Casa (1960)


Regia: luigi Comencini
Anno: 1960
Titolo originale: Tutti A Casa
Voto e recensione: 7/10
Pagina di IMDB (7.7)
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Film:

«Tutti a casa» di Luigi Comencini è uno di quei film che restano impressi nella memoria collettiva, non solo per il talento del protagonista Alberto Sordi, ma anche per la sua capacità di raccontare con amara lucidità uno dei momenti più tragici della storia italiana: l’8 settembre 1943. Una commedia che si fa dramma, un racconto di formazione che si trasforma in una fuga disperata, una storia di guerra senza eroi, ma con uomini comuni, spaesati, smarriti, costretti a diventare adulti in un’Italia che si sgretola sotto i loro piedi: dall’ordine al caos

Alberto Sordi è il tenente Innocenzi, un ufficiale ligio al dovere, fedele al Re e alle gerarchie militari, convinto fino all’ultimo di fare il proprio dovere. Ma l’8 settembre arriva come un colpo di scure: l’annuncio dell’armistizio lascia l’esercito allo sbando, senza ordini, senza riferimenti. I soldati italiani si trovano da un momento all’altro senza patria e senza nemici dichiarati, in balia degli eventi. Innocenzi, assieme ad alcuni compagni, intraprende un viaggio rocambolesco per tornare a casa, ma il percorso si trasforma in un'odissea tragica, in cui la guerra si mostra in tutta la sua brutalità.

L’interpretazione di Sordi è magistrale. Il suo Innocenzi è un personaggio che parte con la convinzione di poter riportare l’ordine, ma che progressivamente si rende conto dell’assurdità della situazione. Lo vediamo trasformarsi: da ufficiale inflessibile a uomo vulnerabile, spogliato di certezze, costretto a prendere decisioni da cui dipende la vita sua e dei suoi compagni. È un Sordi meno caricaturale del solito, che riesce a dosare ironia e drammaticità con una naturalezza straordinaria.

Il film riesce a dipingere con grande efficacia il caos dell’8 settembre: un esercito senza ordini, soldati che da un momento all’altro passano da vincitori a fuggitivi, la paura di essere catturati dai tedeschi, l’incertezza su chi sia veramente il nemico. Non ci sono grandi battaglie o scene epiche se non nel finale, ma solo l’angoscia di uomini normali catapultati in una tragedia più grande di loro. Comencini utilizza un realismo quasi neorealistico, con scene che alternano momenti di amara comicità a passaggi di una durezza inaspettata. Un capolavoro senza tempo

Tutti a casa è un film che, a oltre sessant’anni dalla sua uscita, non ha perso un briciolo della sua potenza. È una pellicola che racconta la Storia con la "s" maiuscola attraverso lo sguardo dei piccoli uomini che la subiscono, costretti a scegliere tra sopravvivenza e dignità. Un film che mescola magistralmente commedia e tragedia, ironia e disillusione, portandoci per mano in uno dei momenti più bui della nostra nazione. Da vedere, rivedere e far vedere.

Edizione: DVD
Versione restaurata sia nel video che nell'audio (traccia mono, ma già separata su due canali) con i seguenti extra:
  • Filmati Archivio Luce (4 minuti)
  • Digital restoration (1 minuto)
 

mercoledì 27 novembre 2024

Terrifier 2 Box Set

 
 Terrifier 2
Per quanto riguarda il cofanetto contenente Terrifier 2 e Terrifier - L'Inizio ho optato per la versione contenente i dischi in DVD: aveva uno sconto colossale ed era impensabile prendere altro formato soltanto per una "moda". Rischiare di spendere il doppio o più per un qualcosa che a naso mi convinceva il giusto non era nelle mie corde. Peccato, col senno di poi, anche se la Midnight Factory cura molto pure le versioni DVD. Il box set si presenta come un piccolo cofanetto, non più grande delle versioni singole, con slipcover orizzontale. Abbiamo ben tre artwork distinti, il primo appunto sul cartoncino rigido in cui il numero 2 su sfondo nero non è molto ben visibile e potrebbe trarre in inganno (il primo Terrifier è molto raro). Il secondo ed il terzo invece sono ognuno su di un lato della custodia. Al suo interno abbiamo anche il classico booklet a colori della Midnight Factory, da 10 pagine ed i due dischi alloggiati ognuno su di un lato. Qualitativamente parlando, si tratta di prodotto girati come horror B Movie, quindi non necessitano chissà di quale alta fedeltà, ma anche il formato DVD ha parecchio da dire. Scene scure e fruscio da finta VHS di Terrifier - L'Inizio sono ben godibili. Entrambi hanno a scelta per la traccia audio italiana sia il multicanale DTS che Dolby Digital. Per quanto riguarda la suddivisione degli extra:
 
DVD Terrifier 2:
  • Commento audio
  • Intervista a Leone ed a Thornton (9 minuti)
  • Backstage (34 minuti)
  • Trailer
     
DVD Terrifier - L'Inizio
  • Trailer


Terrifier - L'Inizio (2013)

 

Regia: Damien Leone
Anno: 2013
Titolo originale: All Hallows' Eve
Voto e recensione: 4/10
Pagina di IMDB (5.2)
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Film:
Prima del successo di Terrifier 2 questo film portava il titolo originale ovvero All Hallows' Eve: successivamente in Italia almeno, si è pensato bene di ricollegarlo alla saga del clown Art. Questa volta non a torto devo dire, visto che è composto da tre cortometraggi, uniti da una storia che fa da filo conduttore, con lo spietato assassino protagonista in due di essi. Come negli altri capitoli già visti resta evidente, qui in maniera ancor più marcata, la tendenza a creare un buon prodotto con pochissimi mezzi. Si tratta infatti quasi di un esercizio stilistico per mostrarci la sue predilezione al mondo horror di un certo tipo: quello violento in cui non si fanno sconti a nessuno. Anche anche in questo caso le vittime preferite (non solo comunque) sono di genere femminile, le quali però non si limitano ad essere carne da macello pronte per essere mostrate squartate ed insanguinate. La loro partecipazione è infatti importante all'interno della trama. Si potrebbe dire che è un film evitabile, invece se visto all'interno del franchise è un qualcosa di fondamentale a mio avviso.


Edizione: cofanetto DVD
Caratteristiche tecniche nell'apposito articolo

martedì 26 novembre 2024

Terrifier 2 (2022)

A black and white clown with a tiny top hat holds a spiked hammer. Below is a scene of fire and bodies, and standing among them is a young woman dressed as a warrior angel.
Regia: Damien Leone
Anno: 2022
Titolo originale: Terrifier 2
Voto e recensione: 6/10
Pagina di IMDB (6.1)
Pagina di I Check Movies
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Film:
Il grande successo di questo franchise è partito più da qui che dal prodotto iniziale.  Sicuramente apprezzato dagli addetti ai lavori o appassionati di nicchia, ma probabilmente ancora troppo acerbo per colpire selvaggiamente il pubblico. Ci pensa però il secondo capitolo, con una inusuale durata che supera le due ore, a mettere (quasi) tutti d'accordo: storia molto più elaborata e presenza di scene violente che si susseguono. Art il Clown infatti non le manda certo a dire, pur non proferendo parola, ed infierisce in maniera cruenta sui corpi della proprie vittime. Anche in maniera talmente esagerata a colorita da spazzar via quel poco senso di realismo che si poteva creare. Visto il budget ristretto anche in questa occasione (250k dollari presi con raccolta fondi) Leone cerca di tamponare determinate mancanze strutturali da effetti speciali non elemosinando squarci in ogni parte del corpo. Funziona perchè è facile venire assorbiti da questo tornado di violenza gratuita ed insensata. Già, parecchio insensata, nonostante la trama molto elaborata con diversi personaggi, e un filo a tratti thriller e fantasy che però non viene per niente spiegato. E' senza dubbio un'opera originale, molto ambiziosa che si muove anche e soprattutto grazie all'essere indipendente ed al passaparola. Oggi, chi è che non vuole vedere questo mimo pagliaccesco che devasta i corpi delle sue vittime? Nessuno, io compreso, vuole rimanere indietro. Colpo di culo o meno, Leone ha creato un personaggio strambo, sballato, sadico, crudele ed incredibile che attira l'attenzione. E se la trama, di lunghezza spropositata, continua a lasciare lo spettatore con tanti interrogativi, possiamo dire che questa è soltanto la scusa per poter permettere al killer muto di procedere con le proprie mattanze. Se vogliamo è un film con numerosi difetti, ma non scordiamo che si tratta di un horror di serie B, davvero molto atipico ed a mio avviso di successo meritato.

Edizione: cofanetto DVD
Caratteristiche tecniche nell'apposito articolo

mercoledì 20 novembre 2024

Terrore A Beverly Hills (1989)

Terror in Beverly Hills (Oblivion Grindhouse)
 Regia: John Myhers
Anno: 1989
Titolo originale: Terror In Beverly Hills
Voto e recensione: 3/10
Pagina di IMDB (3.3)
Pagina di I Check Movies
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Film:
Quando non hanno neanche la pagina su Wikipedia in inglese significa proprio che siamo sotto la serie B dei film. Degna di nota è però la presenza di Frank Stallone, fratello minore del celeberrimo Sylvester, che qui è il protagonista. Presente in numerose altre pellicole con particine piccole piccole qui ha un grande spazio, ma il talento ed il carisma, nonostante una certa somiglianza mascellare con il fratello maggiore, non sono per niente paragonabili. La trama di questo thriller d'azione è davvero terra terra, anche se sovrasta i dialoghi che stanno ancora più in profondità. Alcuni terroristi mediorientali rapiscono la figlia del presidente USA e l'ex marine Stallone, adesso in panni civili, viene chiamato per liberarla. Ci riesce a colpi casuali di mitra e qualche schiaffo durante lo scontro finale con il cattivo. Una roba del genere avrebbe potuta scriverla chiunque alle scuole elementari. E qui mi fermo, mi sembra già abbastanza.

Edizione: DVD
Fa parte della collana di Grindhouse della Oblivion distribuito dagli amici di Home Video con il numero #34 sulla costina. Riescono a scovare lavori perduti e sconosciuti. In copertina il titolo originale in inglese. Questa è una versione integrale con master 720p da analogico. Traccia audio italiana in stereo e come extra:
  • Trailer